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Categoria: Dibattiti e opinioni
Creato Martedì, 01 Settembre 2009

Se la gioia è rivoluzionaria, di Davide Milanesi (n°116)

È inoppugnabile che noi rivoluzionari, noi anarchici in particolare, ci ritroviamo in ricorrenze che celebrano solamente eventi tristi per non dire atroci; è il caso di ricordarne brevemente i principali. Il 1° maggio è dedicato ai “martiri di Chicago”, sette lavoratori anarchici condannati a morte ed un ottavo a quindici anni di prigione in quanto considerati dall’accusa “incitatori” dello sconosciuto che, il 4 maggio del 1886,  lanciò una bomba contro la polizia uccidendo un agente; essi erano tutti impegnati nella lotta per le otto ore. L’8 marzo 1917, a San Pietroburgo, ci fu un’imponente manifestazione, in cui protagoniste furono le donne, che chiedeva la fine della guerra; c’è però chi in questa data vuole ricordare l’incendio della Triangle Shirtwaist Company avvenuto il 25 Marzo 1911: le vittime furono 146, quasi tutte donne, che non poterono salvarsi perché i locali in cui lavoravano erano chiusi a chiave dall’esterno. 12 dicembre 1969: la strage di Piazza Fontana è il primo atto della strategia della tensione ed offre il destro per teorizzare la pista anarchica, rivelatasi presto ridicola se non fosse per la morte di Giuseppe Pinelli, e la carcerazione di Pietro Valpreda. Abbiamo l’eccezione agrodolce del 25 aprile: fine del regime fascista ma non inizio della libertà.

Sembra proprio che non ci sia motivo di gioia per gli anarchici, sempre in bilico tra rabbia e speranza. Quand’ecco che sul numero di Maggio (113) di Cenerentola il fumetto di Marco De Luca rievoca la lotta dell’Unione Sindacale Italiana a fianco dei minatori del Valdarno per le sei ore e mezza di lavoro. Poco tempo dopo Umanità Nova, sul numero 22 del 7 giugno pubblica un brano, sempre su questa lotta, tratto dal libro “Ligniti per la Patria”, Roma, Ediesse 2002 di Giorgio Sacchetti, brano da cui vale la pena di attingere a piene mani per renderne il crescendo: « (…) fallisce il tentativo di dividere il fronte con alcune concessioni agli operai della Centrale. (…) gli impiegati, i sorveglianti e i caporali, iscritti alla Confederazione dell’Impiego privato, aderiscono all’agitazione creando grande imbarazzo nella direzione». «Già dopo le prime settimane [di serrata, iniziata il 17 Maggio N. d. R.] il comitato di agitazione degli scioperanti, presieduto da Sassi, lancia schede di sottoscrizione e si appella all’intero movimento operaio italiano. La Camera confederale del lavoro di Arezzo, prima fra tutte – e nonostante le polemiche in corso con i sindacalisti anarchici – aderisce all’iniziativa proclamando uno sciopero di solidarietà, (…)». «A fine giugno l’USI, mentre anche gli zolfatari della Sicilia aderiscono, lancia la campagna nazionale per la riduzione a sei ore della giornata di lavoro con la parola d’ordine: “Le miniere ai minatori”». «In Valdarno, nell’estate 1919, il movimento generale si salda con quello sindacale. Nei vari paesi della zona si formano commissioni locali tra anarchici e socialisti per far fronte alle problematiche di approvvigionamento e gestione dei generi di prima necessità». «La lunga guerra di posizione si conclude l’8 agosto a Roma, dopo due giornate di trattative intense, alla presenza del ministro Roberto De Vito con un “armistizio” ed un comunicato congiunto delle parti. È la vittoria, incontestabile, dei minatori che ottengono persino il rimborso per la serrata». «La lotta aveva procurato sofferenze indicibili ai minatori e alle loro famiglie. Ma il risultato che si consegue rappresenta un primato assoluto nel mondo del lavoro, in Valdarno con Sassi e contestualmente nelle cave di marmo delle Apuane con Meschi».

Non era la prima volta che si assisteva a tanta compattezza tra i lavoratori e tanto diffusa solidarietà: si pensi allo sciopero parmense del 1908 che, però, fu stroncato dall’esercito; né fu l’unica vittoria dell’USI, ma certamente fu e resta la più clamorosa nella storia dell’anarcosindacalismo internazionale. Inoltre, vale tuttora come esempio di alleanza strategica tra organizzazioni diverse non di rado contrapposte; anche e forse soprattutto in questo risiede il suo insegnamento per l’attualità.

Lanciamo quindi un appello perché, già dall’anno prossimo, tutti coloro che si battono per la giustizia sociale, anarchici e non anarchici, ogni 8 Agosto alzino i calici ai cavatori, alle loro mogli ed ai loro bambini, a coloro che li sostennero da vicino e da lontano, a Sassi e a Meschi partecipando alla loro gioia; ma soprattutto ci auguriamo di festeggiare tutti uniti.

 

 

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