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Categoria: Dibattiti e opinioni
Creato Sabato, 01 Maggio 2010

Samuel E.Konkin e il copyleft, di Domenico Letizia (n°124)

Lo scorso intervento sul libertarismo scritto da Nicolini si è soffermato anche sulla questione dei diritti d’autore; qui vorrei incentrare la discussione, soprattutto, data l’importanza della tematica nelle società contemporanee. E comunque il mondo dell’informazione in Internet, grazie a blog e siti, resta un esempio, speriamo a lungo, di democrazia libertaria e libera.

Chi si è soffermato e battuto a lungo sulla tematica è stato Samuel E. Konkin, fondatore del pensiero agorista, precursore della contro-economia e del libero scambio deceduto il 24 Febbraio 2004. Samuel E. Konkin è sempre stato un amante della fantascienza e delle tecnologie applicate a questo settore, famosa era la sua abitazione che, date le frequentazioni, prese il nome di  Anarcho-Village.

Dati i sui interessi, Samuel E. Konkin ha trattato a lungo di copyright e copyleft, ritiene che la questione giri intorno alla particolare natura del publishing: ci sono grandi case o piccoli editori, e veramente pochi di dimensioni medie. Per le grandi compagnie i diritti di autore sono una percentuale modesta di edizioni multimilionarie: perdono molti più soldi per ritardi burocratici e per errori di stampa. I piccoli editori fanno solitamente parte della counter-economic e sopravvivono con materiale donato, lasciando che siano i nuovi scrittori a preoccuparsi del copyright e della rivendita.

La pubblicazione di un libro è solo una piccola parte dell’attività editoriale, raramente tutti vengono ristampati e il copyright non ha nulla a che fare con la prima stampa, economicamente parlando. I grandi autori rastrellano vendite, ma avanzano richieste continuamente crescenti per i loro contratti successivi. Se aboliamo il copyright, i grandi autori potrebbero morire di fame? No. Se faccio una copia di una scarpa o di un tavolo o di un ceppo per il camino (con la mia ascia copiata), forse il calzolaio, o il falegname, o il boscaiolo ricevono dei diritti d’autore?

Per Samuel E. Konkin in questo caso il concetto di proprietà privata è falsificato e non si rifà alle regole del libero scambio, in poche parole è fasullo. Come si è evoluto il  copyright? Come tutti i privilegi (e sottolineo “privilegi”), è stato garantito dal re (Stato).

Il copyright è il metodo con cui, dietro la copertura della protezione degli artisti, il grande editore porta restrizioni nel commercio, parliamo quindi di monopolio e censura.

L’analisi di Konkin va approfondita perché molto è il materiale sulla tematica ma tratta spunti interessantissimi e motivazioni ragionevoli per l’abolizione del copyright. Personalmente guardando alla libertà in internet e al copyleft (che è la gestione dei diritti d’autore basato su un sistema di licenze attraverso le quali l’autore, in quanto detentore originario dei diritti sull’opera, indica ai fruitori dell’opera che essa può essere utilizzata, diffusa e spesso anche modificata liberamente, pur nel rispetto di alcune condizioni essenziali) trovo molto interessante la nascita di un’associazione che appartiene alla galassia del Movimento Radicale cioè Agorà Digitale, invito a guardare gli obiettivi e i metodi di questa associazione, sembrano davvero libertari e lodevoli.

Domenico Letizia

 
                                                                                                                                         
Non mi sembra convincente, di Luciano Nicolini (n°124)

Innanzitutto ringrazio Domenico Letizia per aver risposto al mio invito al dibattito, contenuto nell’articolo “Polverini, polveroni, libertarismo e regole”, pubblicato sul n. 123 di Cenerentola e riferito a una serie di questioni tra le quali, appunto, quella del diritto d’autore.

A quanto sembra di capire, Letizia ritiene che quest’ultimo sia da abolire completamente.

Appoggiandosi al parere (autorevole?) di Samuel E. Konkin, si domanda: «se faccio una copia di una scarpa o di un tavolo o di un ceppo per il camino (con la mia ascia copiata), forse il calzolaio, o il falegname, o il boscaiolo ricevono dei diritti d’autore?»

Il parallelismo non mi sembra molto calzante. Innanzitutto su di un tavolo in quanto tale non esistono persone che possano vantare diritti d’autore (il suo “inventore” è certamente defunto da un pezzo); il problema potrebbe porsi se si trattasse di un particolare tipo di tavolo, magari brevettato recentemente da un falegname particolarmente intraprendente. Nella fattispecie si potrebbero dare due casi diversi: quello in cui l’oggetto viene riprodotto per uso personale (ed, effettivamente, nessuno, credo, si sognerebbe di esigere “diritti d’autore” per il tavolo copiato) e quello in cui l’oggetto viene riprodotto, in serie, per venderlo a terzi (nel qual caso penso che il falegname avrebbe da ridire).

In altre parole, l’esempio, a mio parere poco felice, potrebbe servire a dimostrare l’inconsistenza della pretesa di esigere diritti d’autore nel caso di uso personale. Non certo a  dimostrarne l’inconsistenza nel caso di uso commerciale!

Una possibile soluzione del problema, da molti auspicata, è appunto quella di distinguere i casi di uso personale da quelli di uso commerciale. Ma, dove finiscono gli uni e dove cominciano gli altri? Non sempre separare le due cose è facile come sembra…

Quanto all’associazione Agorà Digitale, che non conoscevo, ho dato un’occhiata al suo sito web. Esprime posizioni interessanti, ma eviterei di dire che ha obiettivi “libertari”: il termine viene già usato troppo spesso a sproposito, e non mi sembra il caso di alimentare la confusione.

 Luciano Nicolini