Stampa
Categoria: Economia e finanza
Creato Lunedì, 01 Giugno 2009

Il grande gioco intorno alla Fiat, di Toni Iero (n°114)

Dopo l’accordo con Chrysler è la volta di Opel (controllata europea dell’americana General Motors). Ma, in realtà, vi sono progetti che riguardano le attività sudamericane ancora di General Motors e la svedese Saab. Non si esclude neanche un interesse per Jaguar, Vauxhall e Land Rover.

Il gruppo torinese sembra lanciato alla conquista del mondo. Un miracolo, se si pensa che solo cinque anni fa Fiat era data per spacciata. Adesso, invece, il suo amministratore delegato (Marchionne) vola in giro per il mondo, novello Super Pippo, a caccia di concorrenti da acquistare.

Quando uscirà questo numero di Cenerentola, con tutta probabilità, si saprà già come è andata a finire la campagna acquisti in Germania. Adesso possiamo fare solo alcune considerazioni a proposito di questo attivismo della principale industria automobilistica italiana.

Negli ultimi anni, Fiat si è impegnata in una strategia di rinnovo dei propri modelli, concentrandosi su quello che sa fare meglio, ossia le vetture di cilindrata media e piccola. Grazie a questa scelta, e al miliardo e mezzo di dollari incassati nel 2005 dopo la rottura del fidanzamento con General Motors, il gruppo italiano è riuscito a riprendersi. Ha conquistato quote di mercato in Europa e ha consolidato il ruolo di leader in America Latina.

Questi successi sono sufficienti per spiegare la nuova veste di predatore assunta da Fiat? Solo in parte.

Intanto, occorre tenere conto del fatto che il gruppo torinese non solo non sborserà un euro per Chrysler, ma addirittura godrà dei contributi che il governo degli Stati Uniti ha deciso di stanziare a favore della società americana (circa 6 miliardi di dollari). In questo affare Fiat porterà in dote la sua capacità di produrre automobili piccole e, soprattutto, motori caratterizzati da ridotti consumi. Questo ultimo aspetto è, probabilmente, uno dei motivi per cui l’amministrazione Usa ha favorito l’entrata di Fiat nella compagine societaria del costruttore di Detroit. È ben nota l’intenzione del presidente Obama di ridurre la dipendenza degli Stati Uniti dal petrolio importato. A riprova della serietà delle sue intenzioni, il 20 maggio scorso sono stati annunciati i nuovi standard nazionali Usa per le autovetture. Tali misure prevedono che, entro il 2016, le auto vendute in America dovranno percorrere in media 15 chilometri con un litro di benzina. Si calcola che tale provvedimento comporterà il risparmio di 1,8 miliardi di barili di petrolio!

Anche per Opel la proposta di Fiat, secondo quanto è finora emerso, non prevede un significativo esborso di denaro. Ancora una volta Marchionne afferma che gli asset offerti dal gruppo torinese sono “come o addirittura meglio che offrire contanti. I soldi finiscono, mentre le attività che producono soldi non finiscono”. In compenso si parla di un primo intervento del governo federale tedesco che garantirebbe un miliardo e mezzo di euro per tenere in piedi il produttore automobilistico.

Insomma, sembrerebbe che la conquista, da parte di Fiat, di importanti concorrenti possa avvenire con poca spesa, in virtù di una presunta superiorità tecnologica e organizzativa. Se Opel fosse accorpata a Fiat e Chrysler nascerebbe il secondo costruttore mondiale del settore, forte di una capacità produttiva di 6 milioni di auto e con un giro di affari di 80 miliardi di euro. A quel punto solo la mitica Toyota sarebbe davanti al gruppo italiano.

Italiano? Chi sarebbe il padrone di questo enorme conglomerato? Oggi la famiglia Agnelli controlla poco più del 30% di Fiat Holding, cui fanno capo società specializzate nella produzione di auto, di veicoli commerciali, di macchine agricole, di robot, etc. Il 30% è sufficiente, data la frammentazione dell’azionariato, a guidare le sorti del gruppo. Il 5 maggio scorso, il Consiglio di Amministrazione di Fiat ha autorizzato lo scorporo del settore auto nel caso di successo delle trattative in corso. Si creerebbe, quindi, una nuova società dedita solo alla produzione di autovetture. Secondo alcune stime, alla fine del processo di fusione con Chrysler e Opel, la famiglia Agnelli deterrebbe solo il 10% di tale nuova entità. Beh, in realtà, queste operazioni configurano un disimpegno dal settore auto. D’altra parte tale comparto non evidenzia grandi prospettive a livello mondiale. Pensare che Cina e India possano seguire la strada della motorizzazione di massa percorsa dall’occidente è folle, come ben sanno i dirigenti di quei paesi. Anche senza considerare gli impatti ambientali, la costruzione di strade per far circolare le auto dei Cinesi sottrarrebbe una quantità di terreno all’agricoltura da mettere in crisi la già precaria produzione alimentare del Celeste Impero. Con tali premesse, ridurre il proprio impegno nel settore auto pare un’azione assennata. Oggi, grazie alla crisi economica, abbiamo l’opportunità di lasciare a qualcun altro l’onere di portare avanti tale attività, peraltro poco redditizia, deve aver pensato la famiglia Agnelli quando, per bocca di John Elkan, ha detto “meglio essere azionisti più piccoli di un gruppo più grande”…

Infatti, tra gli azionisti della eventuale “nuova Fiat” troveremmo una sorpresa: il governo degli Stati Uniti! Infatti i contributi governativi all’industria automobilistica americana riguardano proprio le due società Usa con cui sta trattando Fiat: Chrysler e General Motors. Ecco che le partecipazioni che l’amministrazione Obama sta progettando di prendere per sostenere tali entità si troverebbero riunite all’interno del nuovo gruppo nato dalla fusione di Fiat, Chrysler e Opel. In questo modo gli Stati Uniti potrebbero continuare ad avere voce in capitolo in un settore che, pur in declino e poco remunerativo, rappresenta pur sempre una delle maggior industrie mondiali.

Aggiungi commento


Codice di sicurezza
Aggiorna

Il grande gioco intorno alla Fiat, di Toni Iero (n°114) - Cenerentola Info
Joomla theme by hostgator coupons