Nuove e vecchie povertà, redazionale (n°124)
Gli anni ’70, nei quali, in Italia, tutto sembrava possibile, sono lontani. Nel corso di quella stagione quasi tutti avevano conquistato un salario decente ed erano riusciti a mandare a scuola i propri figli; gli studenti bisognosi (sia pure molto faticosamente) riuscivano a mantenersi con il presalario, un discreto numero di operai arrivava addirittura a permettersi la seconda casa, gli anziani avevano finalmente ottenuto una pensione accettabile. Da allora non sono più stati fatti significativi passi avanti. E, non a caso, quegli anni vengono descritti (dai potenti) come negativi. Oggi si assiste al sorgere di nuove povertà e, accanto ad esso, al risorgere delle vecchie, mai del tutto scomparse. Tra le nuove, quella degli immigrati, della quale ci parla Eugen Galasso a pagina 3, e quella dei giovani e, più in generale, dei precari. E’ questa una categoria che, in Italia, è sempre stata molto numerosa, ma ora sta gonfiandosi ulteriormente, di pari passo con il decremento dei suoi salari reali: ce ne parla Elena Nicolini a pagina 4.
Per nulla nuova, invece, è la “vecchia” povertà degli anziani, riapparsa insieme al calo del potere d’acquisto delle pensioni e, a quanto pare, all’aumento dei furti nei supermercati. Su questo fenomeno ha cercato di indagare Annalisa Righi (articolo a pagina 5). Toni Iero invece, scherzosamente, ci parla, a pagina 6, di un “nuovo povero” assai particolare: il governo dello stato più potente del mondo. Se i deboli piangono, come narra l’articolo riportato a pagina 16, i potenti non ridono. Almeno i “vecchi potenti”…