In Afghanistan invece…, redazionale (n°101)
In Afghanistan, invece, stando a ciò che dicono i politici italiani, che continuano a spendere i nostri soldi in missioni “umanitarie”, la guerra è finita da un pezzo: nel 2007, infatti, sono morte, a causa degli attacchi dei “terroristi”, “solo” ottomila persone.
E, per i vivi, le condizioni non sembrano essere migliorate in modo significativo. Secondo John Ryan, autore di un lungo articolo recentemente pubblicato su Global Research, «Ci sono pochi segnali di reale cambiamento e sotto molti aspetti la situazione è peggiorata. Oltre a qualche miglioramento a Kabul, poco è stato fatto per ricostruire le infrastrutture del paese, che sono state quasi completamente distrutte nei vent’anni di guerra. Circa la metà della popolazione è disoccupata. Quasi tutti i contadini lottano per la sopravivenza e qualcuno ricorre alla coltivazione del papavero da oppio e per la produzione dell’eroina, che vengono lavorati ed esportati all’estero dai signori della guerra e dai loro agenti – con poche interferenze da parte delle forze USA, dell’esercito o della polizia afghana che invece, di tanto in tanto, minacciano i contadini.
L’Afghanistan produce attualmente circa il 90 per cento dell’oppio di tutto il mondo. Parte di esso viene distribuito da Albanesi del Kosovo – un altro Stato “liberato” dagli Americani. (…).
Appena il regime talebano è stato rimosso, molte donne afghane hanno festeggiato buttando via i loro burqa – ora solo qualche anima coraggiosa a Kabul osa farsi vedere senza burqa.
La sharia, con solo qualche lieve cambiamento, è ancora in vigore. Sotto i temuti talebani, almeno alcune strade e villaggi erano sicuri, sia per gli Afghani che per gli stranieri, mentre ora l’assenza della legge, la paura e il caos della metà degli anni ‘90 sono tornati. Che cosa sta succedendo qui?
In realtà le condizioni attuali non rappresentano affatto una sorpresa, giacché il nuovo governo e i suoi funzionari, benché presumibilmente eletti, è formato nella stragrande maggioranza da vecchi mujahidin, molti dei quali accusati di aver orchestrato massacri, torture, stupri di massa e altri crimini di guerra».