Che cosa accade nel Medio Oriente? redazionale
«Tutti i profeti armati vinsero, e i profeti disarmati rovinarono». Questo sosteneva, diversi secoli fa, Niccolò Machiavelli.
Si tratta di un’affermazione difficile da accettare da parte di chi ha scelto, coerentemente, la strada della nonviolenza, riconoscendola come la sola che può portare a un mondo di libertà ed uguaglianza.
Ma è ciò che sembra verificarsi nel Medio Oriente.
La Turchia
È certamente il più armato tra i paesi dell’area. E lo fa pesare. Recentemente si è praticamente impossessata di gran parte della Siria, da dove minaccia le comunità indipendenti del Rojava.
Gode dell’appoggio del presidente degli USA che, il 14 maggio, avrebbe incontrato il nuovo dittatore siriano, al-Shara’, in presenza del principe ereditario saudita Mohammed bin Salman e in collegamento con il presidente turco Erdogan, descrivendolo poi come «un ragazzo giovane e attraente. Un tipo tosto. Con un passato molto forte. Un combattente» (sì, ma di Al-Qaeda).
E, dopo l’incontro, avrebbe anche aggiunto: «Ho parlato con Erdogan, che è un suo grande amico. Pensa che possa fare un buon lavoro».
Chissà che cosa ne pensano invece i familiari delle vittime dell’attentato alle Torri Gemelle…
La Siria
Sta attraversando un periodo burrascoso.
Recentemente in alcune regioni del paese si è assistito a violenze contro i drusi (considerati eretici dai musulmani). Dopo giorni di caos, un accordo tra il nuovo dittatore e le fazioni locali druse ha aperto uno spiraglio di speranza, ma la paura serpeggia ancora tra la popolazione.
In questo quadro si inserisce l’azione del governo di Israele che, nel difendere le comunità druse, tenta di sfruttare la situazione per espandere la propria influenza regionale e legittimare la presenza israeliana in Siria e nel Golan.
Vi è poi grande preoccupazione circa il destino delle comunità indipendenti che autogestiscono il Rojava. Forse per questo, il 9 maggio, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) ha annunciato di aver tenuto il suo congresso straordinario e di aver accolto l’appello dello storico leader Abdullah Öcalan a deporre le armi e dissolvere l’organizzazione. (Appello pubblicato sul numero 282 di Cenerentola). È chiaro infatti che non vi potevano essere, nel quadro di una Siria dominata dal governo turco, comunità alleate a un partito che per decenni ha praticato la lotta armata all’interno della Turchia stessa.
Basterà a salvare il salvabile?
L’Iran
Un po’ meno armata della Turchia, ma non meno temibile, è la Persia.
Deciso a distruggere Israele, il governo iraniano appoggia tutti coloro che, per un motivo o per l’altro, condividono tale obiettivo.
Tra essi gli ormai famosi Houthi dello Yemen, autori di attacchi missilistici contro Israele, che a detta di Trump, fiaccati da due mesi di raid aerei statunitensi, si sarebbero finalmente arresi.
Questa, almeno, è la versione di Trump. Il New York Times sostiene invece che in realtà lo stop alle ostilità sia arrivato per i costi sempre più elevati dell’operazione militare. E, a tale proposito, fa notare che gli Houthi, foraggiati dal governo iraniano, continuavano a resistere, evitando inoltre che l’arsenale missilistico, ben nascosto in gallerie, venisse intaccato dai caccia statunitensi (due dei quali, nel frattempo, sono andati perduti a causa di singolari “incidenti”).
La Giordania
Intanto, in Giordania, sono state arrestate sedici persone con l’accusa di aver pianificato attacchi all’interno del paese.
Secondo le autorità sarebbero membri del movimento islamista dei Fratelli musulmani. E con tale motivazione il governo ha vietato ogni forma di esistenza del gruppo, la cui attività, fino a pochi giorni fa, era sostanzialmente tollerata.
Probabilmente, re Abdallah II teme che il governo iraniano tenti di organizzare un’opposizione al suo regime, approfittando del fatto che nel regno vive una larga parte di popolazione palestinese.
È da segnalare che anche Hamas fa parte della Fratellanza musulmana e il fatto che sia sunnita (mentre l’Iran è sciita) non sembra ostacolare i rapporti con il governo persiano.
Israele e Gaza
Prosegue infine la guerra tra lo stato di Israele e quello di Gaza, iniziata il 7 ottobre 2023 con l’attacco operato da Hamas. E nessuno dei due governi sembra intenzionato a fermarla. Netanyahu, sempre più inferocito, non si arresta davanti a niente; Hamas, incurante delle sofferenze degli abitanti di Gaza, continua a dettare le sue condizioni per un (ipotetico) rilascio degli ostaggi.
Parte della popolazione israeliana chiede la cessazione delle ostilità, e altrettanto fa parte della popolazione di Gaza. Ma, per ora, i profeti armati vincono.