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Categoria: Lavoro e sindacato
Creato Lunedì, 21 Ottobre 2002

Riuscito lo sciopero del 18 ottobre redazionale, redazionale (n°2)

Milioni di lavoratori hanno partecipato alla mobilitazione

E' andata benissimo. Il 18 ottobre hanno scioperato milioni di lavoratori, molti dei quali hanno dato vita a più di 120 manifestazioni in altrettante città d’Italia. Mentre scriviamo non sono ancora disponibili dati certi sulle adesioni, pare tuttavia che un lavoratore su due abbia scioperato. Non è poco in un paese in cui un numero enorme di persone lavora presso piccole aziende. A dire il vero, non è poco in ogni caso: scioperi generali più riusciti sono possibili solo in presenza di una diversa struttura produttiva, di emergenze politiche o di pesanti condizionamenti da parte dei promotori.

Le proclamazioni erano state due: da un lato la CGIL, il più grande sindacato italiano, ha chiamato alla mobilitazione sostanzialmente per la difesa dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, dall’altro il sindacalismo di base (Conf.Cobas, CUB, S.In.Cobas, SLAICobas e USI-AIT) ha invitato a mobilitarsi innanzitutto per l’immediata uscita dell’Italia dalla guerra, oltre che per l’estensione alle piccole aziende delle tutele previste dall’articolo 18.

Nella piattaforma del sindacalismo di base figuravano poi altri obiettivi: l’abolizione della legge antimmigrazione Bossi-Fini, la revisione della legge finanziaria, l’abolizione del precariato, forti aumenti salariali, la reintroduzione della scala mobile, un reddito minimo garantito, la difesa della scuola pubblica, del servizio sanitario nazionale e della previdenza sociale, la sicurezza sui posti di lavoro, l’estensione delle libertà sindacali.

Alle manifestazioni organizzate in tutte le regioni su questi obiettivi si valuta che abbiano partecipato più di centomila persone (qualcuno parla addirittura di trecentomila). Imponenti sono stati i cortei di Milano (aperto dai lavoratori della Fiat auto di Arese, in lotta per la difesa del posto di lavoro), Roma, Firenze, Bari, Palermo, Napoli, Torino e Genova. Molto partecipate anche le manifestazioni di Bologna, Trieste, Pescara, Cagliari, Venezia, Vicenza, Potenza, Perugia, Ancona , Cosenza e Campobasso.

Berlusconi fa finta di niente e tace. Il ministro del lavoro Maroni, non potendo tacere, minimizza. I politici, tranne Bertinotti (segretario di Rifondazione Comunista), hanno fretta di chiudere la faccenda. Cofferati, fino a pochi giorni fa segretario nazionale della CGIL, ha sfilato a Milano, dietro lo striscione della Pirelli, da "semplice" impiegato (ma con la scorta). Sembrava imbarazzato. Noi, invece, a sfilare scortati (dalla polizia) siamo ormai abituati, e non ci facciamo più caso.

E adesso? Adesso le strade si dividono.

La CGIL, probabilmente, cercherà di convincere il governo a lasciar perdere la prevista abolizione dell’ articolo 18. Se non ci riuscirà, forse, cercherà un compromesso per evitare che si svolga il referendum sull’ argomento, voluto da Rifondazione Comunista. Il referendum, del resto, non lo vuole nessuno: non lo vogliono i padroni (che hanno paura di perderlo), non lo vuole la CGIL (che ha paura di vincerlo), non lo vuole neppure buona parte del sindacalismo di base (temendo che un’eventuale vittoria, come già è successo in passato, non serva a fermare l’arroganza padronale).

Quanto al cartello di sigle che il 18 ottobre ha proclamato lo sciopero innanzitutto contro la guerra, la prossima tappa è già stabilita: la partecipazione alla manifestazione europea che si terrà a Firenze il 9 novembre. Non per amore dei Social Forum, sulla cui strategia siamo in molti a nutrire forti dubbi, ma per cercare di mostrare in modo chiaro e inequivocabile ciò che i governanti fingono di non vedere: l’opposizione di gran parte del popolo europeo ad ogni coinvolgimento nella guerra attualmente in corso in Asia. Occorre poi esser pronti ad effettuare a livello europeo, se sarà necessario, un ulteriore sciopero generale antimilitarista.