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Categoria: Cinema
Creato Domenica, 01 Dicembre 2013

Philomena recensione di Luca Baroncini (n°163)

di Stephen Frears con Judi Dench, Steve Coogan, Sophie Kennedy Clark

Locandina del film "Philomena"L’uscita del film di Stephen Frears era stata pianificata per febbraio, a ridosso degli Oscar, ma il grande successo di critica e pubblico ottenuto al Festival di Venezia, dove è stato presentato in concorso, ha fatto optare la Lucky Red per una programmazione strategica nel periodo natalizio. In effetti potrebbe essere la vera sorpresa delle feste, il film in grado di intercettare il pubblico in fuga da colossi americani, animazioni disneyane, risate nazional popolari, ma soprattutto in cerca del film che ti fa uscire dalla sala appagato. Un cinema classico, nel suo alternare sorrisi e lacrime, capace di soddisfare chi cerca un racconto avvincente narrato con passione, furbizia e grande mestiere.

 

L’origine è il romanzo “The Lost Child of Philomena Lee”, di Martin Sixsmith, storia vera di una donna irlandese che negli anni ’50 è affidata forzatamente a un gruppo di suore a causa di una gravidanza indesiderata e viene obbligata a dare il figlio in adozione a una famiglia americana. Dopo cinquant’anni di silenzio la donna decide di cercare ciò che le è stato sottratto. La complicità con un giornalista in crisi sarà determinante per raggiungere il suo scopo.

La vicenda melodrammatica gode di una sceneggiatura perfettamente calibrata, cosciente dell’alto potenziale emotivo a disposizione, che riesce a fermarsi sempre in tempo, prima che il dramma sfori nel romanzo d’appendice ed evitando che l’approccio leggero evolva in superficialità. Senza eccessi, quindi, ma con una scansione degli eventi avvincente e ricca di colpi di scena. Il forte coinvolgimento deriva anche da un gioco di contrasti che raggiunge un equilibrio miracoloso grazie alla direzione di Stephen Frears. Il regista inglese, a cui dobbiamo gioielli come “Piccoli affari sporchi” e “The Queen”, si conferma caustico e brillante, portatore di un punto di vista laico e non ideologico, tramite ideale dei conflitti che animano il racconto. Poi, le ragioni stanno tutte da una parte, alcuni passaggi sono astutamente semplificati e non si può non empatizzare immediatamente con il candore della protagonista (e qui sta la furbizia), ma l’equilibrio tra enfasi e asciuttezza non viene mai meno, prendendo la forma di un’efficace misura.

Il risultato, però, non sarebbe così piacevole e struggente senza il contributo di un’attrice strepitosa come Judi Dench, perfetta nell’incarnare il dolore e la dignità di un personaggio indimenticabile. Per molti vincitrice morale a Venezia, dove la giuria, presieduta da Bernardo Bertolucci, le ha preferito Elena Cotta per “Via Castellana Bandiera”. Ne risentiremo sicuramente parlare nella notte degli Oscar. Di lei, come del film.