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Categoria: Cinema
Creato Martedì, 01 Dicembre 2015

Dio esisteDio esiste e vive a Bruxelles, recensione di Luca Baroncini (n°185)

di Jaco Van Dormael

con Pili Groyne, Benoît Poelvoorde, Catherine Deneuve, François Damiens

Cosa succederebbe se le persone conoscessero la propria data di morte? È quello che capita nel nuovo film di Jaco Van Dormael, regista belga di culto noto per la sua irrefrenabile, ma non prolifica, vena creativa. In trent’anni di carriera appena cinque film, di cui solo due distribuiti in Italia: il folgorante “Toto le héros - Un eroe di fine millennio”, del 1991, storia di Thomas che crede di essere stato scambiato alla nascita con un altro bambino (ma anche molto altro) e “L’ottavo giorno”, del 1996, incentrato sulla amicizia tra un ragazzo Down e un manager stressato, che valse a Daniel Auteuil e Pascal Duquenne il premio come Migliori Attori al Festival di Cannes.

Nella nuova dissacrante opera si suppone che Dio esista per davvero, non sia per niente ispirato da buoni sentimenti, abbia una moglie frustrata e sottomessa e, oltre a Gesù, abbia anche una figlioletta ribelle. Sarà proprio lei, per dispetto e mancato riconoscimento dell’autorità paterna, a manomettere il computer del padre inviando un sms a tutta l’umanità con l’indicazione del proprio destino. Ma questa è solo una delle trovate di un film irriverente, spassosissimo, spiazzante, ricco di trovate irresistibili.

Rispetto al precedente “Mr. Nobody”, presentato con successo al Festival di Venezia nel 2009, dove viene raccontata la vita dell’ultimo uomo mortale dopo che l’immortalità è diventata un dato di fatto, “Dio esiste e vive a Bruxelles” presenta maggiore compattezza, con una linea narrativa che nonostante le tante divagazioni, imprescindibili nella visione stratificata e surreale del regista, resta un punto fermo decisivo per dare organicità al film. Poi, come spesso accade in opere così complesse, qualche cedimento c’è, alcune battute funzionano meno di altre, ma sono talmente tanti gli spunti che si finisce per non farci caso. Il merito è di una regia potente dove sogni, religione, attualità, dinamiche sociali e filosofia si rincorrono e compenetrano, mentre suoni, parole, colori e musiche, sono amalgamati con estro, ironia e consapevolezza.

Nessuna morale da appioppare allo spettatore, ma un inno alla vita e alle sue opportunità da cogliere come un regalo. Da correre a vedere, quindi, fosse anche solo per ammirare la classe e l’imperturbabilità con cui la “grande dame” del cinema francese Catherine Deneuve, a 72 anni suonati, considerando il tempo che le resta da vivere, non ci pensa un attimo a mollare il noioso marito per gettarsi tra le braccione pelose di un gorilla.