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Categoria: Cinema
Creato Sabato, 01 Febbraio 2020

Hotel degli amori smarritiL’hotel degli amori smarriti, recensione di Luca Baroncini (n°230)

di Christophe Honoré 

con Chiara Mastroianni, Vincent Lacoste, Benjamin Biolay, Carole Bouquet  

Christophe Honoré ha un grandissimo dono, quello di prendere una delle storie più raccontate di sempre, il “tradimento”, un vero e proprio cliché, e  trasformarlo in una divertente, leggera, ma non per questo superficiale, riflessione sulla vita e sul suo incessante e problematico scorrere.

Richard scopre che la moglie Maria, a cui è legato da più di vent’anni, ha una relazione con uno studente universitario. Il rapporto coniugale entra in crisi, più per sgomento e stupore di lui che per bisogno di chiarimenti di lei. Per superare l’empasse lei decide di andarsene, ma si limita ad attraversare la strada e a occupare la stanza 212 (la “Chambre 212” del titolo originale), in un albergo proprio di fronte al condominio in cui abita. Da quella posizione privilegiata avrà modo di osservare suo marito e di vederlo in una luce nuova. Non sarà sola in questo percorso, i suoi pensieri assumeranno infatti la concretezza di tutte le persone che hanno attraversato, e condizionato, fino ad allora la sua esistenza. A partire proprio da suo marito, ma non quello che vede struggersi nel suo appartamento incapace di prendere sonno, bensì quello giovane, che l’ha fatta innamorare. 

È una delle divertenti trovate di un film tanto cerebrale quanto ricco di svolte imprevedibili e colpi di scena. Saranno molti, infatti, gli ospiti che si succederanno, dal primo amore di lui alla mamma di lei, in un andirivieni brillante, ritmato e ben orchestrato. Una sorta di rielaborazione di un amore in cui a essere messi in scena sono vent’anni di vita, con i suoi tormenti e i suoi slanci, che in una magica notte cercheranno più che risposte o assoluti, nuove consapevolezze. 

Finalmente un film che sonda il rapporto di coppia, il bisogno di conferme, la paura di invecchiare, l’assillo dei ricordi, la paura dell’avvenire, senza ipocrisie e scontate grevità ma con grande leggerezza, lontano da ogni regola, psicologismo e gabbia morale. Il regista filtra le dinamiche attraverso uno sguardo ironico e giocoso, dove il cinema diventa ideale strumento di rappresentazione di un mondo interiore, un palco su cui recitare la vita per metterne a nudo, senza giudicare mai, fragilità e punti di forza, ma anche quelle mezzetinte spesso snobbate a favore delle iperboli.

Chiara Mastroianni è il medium perfetto per tutto ciò, è infatti lei il perno del film, colei intorno a cui tutto ruota e che finisce per incarnare la gioia di una vita piena e imperfetta. Presentato a Cannes, nella sezione “Un Certain Regard”, ha permesso all’attrice di vincere il primo premio della sua carriera.

 

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