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Categoria: Cinema
Creato Domenica, 01 Marzo 2020

I miserabiliI miserabili, recensione di Luca Baroncini (n°231)

di Ladj Ly 

con Damien Bonnard, Alexis Manenti,  Djibril Zonga, Issa Perica, Al-Hassan Ly, Steve Tientcheu

Siamo abituati a opere cinematografiche che per sviscerare la complessità prendono una posizione netta e si sostituiscono allo spettatore nell’interpretazione dei fatti. La realtà, invece, è problematica, ha molte facce, richiede più di un compromesso, non offre soluzioni facili. Se pensiamo alle banlieue parigine, il nostro immaginario va a ciò che i media ci trasmettono e pensiamo subito a un ambiente multietnico pericoloso dove imperversano rap e hip-hop e domina lo spacci

Ladj Ly, che quei posti li conosce perché ci è nato e ha cominciato la sua attività come documentarista proprio per trasmetterli al di là degli stereotipi, non nega questa rappresentazione, ma la arricchisce di sfumature. Il film ruota intorno a un poliziotto che, fresco di trasferimento, deve lavorare con due colleghi affiatati e dai modi discutibili. Alle difficoltà di inserimento nel nuovo lavoro si sommano quelle di capire il territorio. Montfermeil, a un’ora dal centro di Parigi, dove Victor Hugo ha ambientato il suo celebre romanzo (da qui il titolo del film), è una sorta di polveriera pronta a esplodere e i tre si troveranno in mezzo a una guerra tra bande rivali, ragazzini in rivolta, droni che filmano la verità dei fatti, abusi di potere, gitani proprietari di un circo in cerca di un leoncino, membri di un ordine religioso. Nella prima parte Lady Lj immerge lo spettatore nei luoghi, lo fa entrare in contatto con le contraddizioni dei personaggi, cercando non solo l’empatia ma prediligendo la complessità. La tensione, che da subito aleggia, cresce progressivamente fino a esplodere con potenza nella parte finale. 

Attraverso il racconto di genere, una sorta di “Training Day” delle banlieue, il regista non si abbandona a facili giudizi ma resta sempre sospeso. Mostra il degenerare dei fatti senza attribuire colpe ai soli protagonisti degli scontri, ma puntando il dito anche verso una politica incapace di dare risposte concrete. Il tutto senza proclami o didascalie, ma facendo vivere i conflitti direttamente ai personaggi e, di riflesso, a noi spettatori. Non ci sono quindi buoni o cattivi, che siano poliziotti o giovani del quartiere, e bianchi, neri e magrebini sono sia tra i poliziotti che tra i ragazzi in rivolta. È tutto mescolato nella visione del regista, perché questa è la realtà e lui la conosce bene. Il thriller urbano è quindi solo un veicolo per toccare la nostra sensibilità e l’obiettivo è perfettamente raggiunto.

Un’opera prima folgorante che ha colpito il festival di Cannes, dove ha vinto il Premio della Giuria, e ha superato un’agguerrita concorrenza rientrando nella cinquina finale dei candidati all’Oscar come Migliore Film Internazionale. Da non perdere.

 

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