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Categoria: Cinema
Creato Sabato, 13 Novembre 2021

Locandina del film La persona peggiore del mondoLa persona peggiore del mondo, recensione di Luca Baroncini (n°247)

di Joachim Trier 

con Renate Reinsve, Anders Danielsen Lie, Herbert Nordrum, Maria Grazia Di Meo

Julie ha quasi trent’anni, vive a Oslo e ha una grande fame di vita. Vuole cercare ciò che fa per lei sperimentandosi sia nel lavoro che negli affetti, ma la corsa si traduce in una costante irrequietezza. Non sembra infatti mai trovare un approdo sicuro. La paralisi delle opzioni le si pone sempre davanti e nonostante la razionale convinzione di avere fatto ogni volta la scelta giusta, ogni volta qualcosa la spinge a continuare la ricerca: nuovi partner, nuovi lavori e nuovi interessi si appropriano di lei, più che lei di loro. Le cose sembrano stabilizzarsi quando incontra quella che sembra essere la persona giusta, ma sarà davvero così? 

Il danese Joachim Trier racconta la sua protagonista attraverso dodici capitoli, aperti da un prologo e chiusi da un epilogo, che ne seguono il fermento e riesce nel non facile compito di fotografare la contemporaneità.

Assistiamo all’evoluzione di un personaggio femminile attraverso le relazioni che instaura, ma nella progressione narrativa il film racconta anche molto altro: il lavoro, la maternità, l’intimità, il femminismo, la precarietà, il diventare adulti, le aspettative sociali, i rapporti familiari. Tanti spunti che consentono di entrare in contatto con un punto di vista prezioso, in linea con i tempi e lo smarrimento delle giovani generazioni. Un insieme che diverte, commuove e scorre. Come la vita, appunto. La sua forza è nel non ergersi a manifesto per tutte le donne. Ne racconta una soltanto e così facendo trova quella verità che riguarda solo lei ma finisce per riflettersi in tutti noi. Altro punto a favore, la sequenza della “non seduzione” a una festa che è quanto di più brillante e romantico si sia visto ultimamente al cinema. Punto a sfavore, invece, la svolta della malattia che un po’ banalizza cedendo al greve. Plauso, poi, alla protagonista, la brava Renate Reinsve, premiata per la sua interpretazione a Cannes, dove il film era in concorso. 

Qualche dubbio sulla scelta del titolo che fa una cosa che il film, per fortuna, evita accuratamente: giudica il personaggio. Nelle intenzioni del regista, come ha dichiarato in più interviste, il titolo si riferisce allo stato di inadeguatezza in cui tutti e tre i personaggi principali si ritrovano nel corso del film, ma finisce comunque per stridere perché sintetizza in modo fuorviante. Sarà l’umorismo nordico?

 

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