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Categoria: Cinema
Creato Sabato, 02 Aprile 2022

filo invisibileIl filo invisibile, recensione di Luca Baroncini (n°252)

di Marco Simon Puccioni 

con Francesco Gheghi, Filippo Timi, Francesco Scianna e Valentina Cervi

Il pregio maggiore del lavoro di Marco Simon Puccioni, da sempre attento ai diritti umani e civili delle minoranze e alle tematiche di impegno sociale (tra le sue regie gli apprezzati “Quello che cerchi”, “Riparo” e “Come il vento”), è trattare il tema dell’omo-genitorialità cercando di combinare le (gravi) mancanze istituzionali con un racconto di formazione attento all’intrattenimento. 

Il punto di vista è quello del sedicenne Leone, nato in America da una madre surrogata e figlio di due uomini ora sposati. Il film evita saggiamente di riproporci tutte le tappe del loro amore, quello è un dato di fatto rapidamente riassunto nel prologo attraverso un breve video fatto dal giovane protagonista per una ricerca scolastica, e arriva diretto al vero nucleo che è mostrare una famiglia in cui i genitori sono due uomini ma che funziona esattamente come tutte le altre, tra gioie, quotidiano che avanza e zone d’ombra.

Gli intenti sono lodevoli, anche un po’ schiaccianti, perché richiedono caratterizzazioni tarate con il bilancino (coppia omosessuale che si ama, figlio eterosessuale risolto, madre surrogata allegra e complice, compagna di classe carina e disponibile, amico del cuore simpatico e fluido), ma se il lato più inesplorato dal cinema, quello della sensibilità del giovane Leone alle prese con due papà e il primo grande amore, è affrontato con delicatezza, trovando quelle sfumature che forse solo le giovani generazioni sono in grado di captare, il rapporto tra i genitori inciampa invece nel luogo comune. Sono infatti ancora una volta le corna, come da tradizione della commedia all’italiana, il motore dell’azione, ciò che fa scoppiare la coppia creando equivoci, ripicche, scenate e tutto il corollario di botta e risposta che ci possiamo immaginare. 

Lo scopo è chiaro, far capire che si tratta di una famiglia come le altre, quindi non immune al calo del desiderio o al mancato allineamento delle pulsioni, però l’insieme arriva un po’ troppo insistito e stereotipato. Il rischio, non sempre superato, è quello di ridurre la portata del percorso di crescita del protagonista.

L’insieme, in bilico tra superficialità e leggerezza, riesce comunque a essere piacevole e comunicativo grazie a un approccio pacato che sostiene la tesi che porta avanti senza sfociare nel dibattito. Merito anche di un cast affiatato e misurato, in particolare il giovane Francesco Gheghi. Il risultato, pur con qualche inciampo, diventa quindi specchio di vite che non seguono regole sociali ma un imprescindibile sentire. 

Di questi tempi, in cui le istituzioni fanno passi indietro anziché dare voce al presente, non è poco.

L’opera è uscita fugacemente in sala ed è ora disponibile su Netflix. 

 

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