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Categoria: Cinema
Creato Lunedì, 01 Novembre 2010

La pecora nera, recensione di Luca Baroncini  (n°129)

di A. Celestini

con A. Celestini, G. Tirabassi, M. Sansa, L. De Santis, B. Valmorin

In tempi dove la tv e il cinema faticano a procedere su binari nettamente riconoscibili, colpisce l’opera prima di finzione di Ascanio Celestini (il precedente “Parole sante” era un documentario) per la capacità di affrontare un tema già ampiamente dibattuto (la malattia mentale) attraverso uno stile personale e molto originale. Il suo progetto è cominciato con approfondite ricerche sul campo (tre anni di interviste) che si sono tradotte in uno spettacolo teatrale di successo, pubblicato anche in dvd, anticamera del lungometraggio. Nella sua visione passato e presente si compenetrano, assumendo toni fiabeschi che raccontano senza linearità il destino segnato di Nicola, prima ragazzino problematico in una famiglia problematica, poi adulto in manicomio senza altre opportunità. Non tutto è sempre efficace nei passaggi tra la commedia più scanzonata (si ride parecchio) e il lato drammatico della vicenda, con virate che stridono, o rischiano il ricattatorio, e una voce fuori campo un po’ invadente. L’opera di Celestini, però, si fa apprezzare per il coraggio con cui sceglie un soggetto controcorrente ed esprime un punto di vista forte, non per forza condivisibile ma argomentato, contro tutte le istituzioni totali. Una pazzia che sorge inevitabilmente in chi non ha più nulla da sperare. Il manicomio, quindi, come metafora di tutto ciò che tende ad annullare l’individuo. Non a caso il film è ambientato per buona parte in un supermercato, moderna forma di alienazione collettiva. L’allegoria scorre con i toni cantilenanti della filastrocca (tanti i tormentoni, dalle pasticche marziane ai favolosi anni ’60) e spazia nel tempo per dare vita e corpo a una solitudine imposta dalla società che volge in sofferenza. Il regista è anche protagonista disincantato attento a non strafare (solo nel finale eccede) e tra i comprimari si distingue Maya Sansa, luminosa e spontanea come sempre.