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Categoria: Cinema
Creato Sabato, 01 Gennaio 2011

Parto col folle, recensione di Luca Baroncini (n° 131)

di T. Phillips

con R. Downey Jr., Z. Galifianakis, J. Lewis, M. Monaghan, J. Foxx

 
Dopo il successo colossale di “Una notte da leoni” (467 milioni di dollari raccolti in tutto il mondo), in attesa del seguito previsto per il 2011, era inevitabile che l’industria americana cercasse di sfruttare il prima possibile le potenzialità a disposizione. Ecco quindi tornare sia il regista Todd Phillips che il buffo interprete Zach Galifianakis con una commedia sulla carta, e prevalentemente su quella, scoppiettante. Il piatto, come da rodatissimo copione, prevede una “strana coppia” (un architetto preciso e rigoroso e un aspirante attore decisamente sciroccato) formarsi per caso in seguito a un equivoco e costretta a condividere la stessa auto per un lungo viaggio attraverso gli Stati Uniti. Uno deve tornare dalla moglie in procinto di partorire, l’altro vuole sfondare a Hollywood. Neanche a dirlo, i dissidi iniziali daranno vita a scontri molto accesi, ma riusciranno a evolvere in un’amicizia profonda. Se il soggetto non suona originale è perché non lo è affatto, con un film del 1987 davvero molto simile (“Un biglietto in due” di John Hughes, con l’accoppiata Steve Martin e John Candy). Ma sono innumerevoli i lungometraggi che abbinano personaggi agli antipodi costretti a condividere lo stesso spazio angusto per un tempo limitato, sufficiente però per ribaltare i preconcetti iniziali. Nel film di Phillips c’è, in aggiunta, la corsa contro il tempo, anche questo tassello immancabile per dare mordente al racconto. Il problema, comunque, non è tanto l’usura del soggetto, in fondo, come spesso ripetiamo, tutte le storie sono già state narrate, quanto la scarsa vivacità degli esiti. Da una commedia riuscita ci si aspetta di ridere, o perlomeno di sorridere, mentre “Parto col folle” si arena presto nella noia delle convenzioni del genere da cui, solo in apparenza, tenta di distaccarsi. Non bastano qualche affondo scorretto (un pugno a un bambino, uno sputo a un cane, delle botte a un reduce di guerra invalido), l’ironia verso le paure del momento (i controlli negli aeroporti, gli immigrati clandestini), alcune cadute di gusto (la masturbazione in auto, emulata anche dal mostruoso cagnolino), ed equivoci piuttosto telefonati a ripetizione, per colmare i buchi di una sceneggiatura priva di solide fondamenta, che vacilla proprio nell’assunto di base: rendere necessaria la convivenza dei due protagonisti. Senza adeguate motivazioni si faticano ad apprezzare anche gli sforzi dei due protagonisti: Galifianakis  ripropone il personaggio di folle disadattato che gli ha aperto le porte della celebrità, l’effetto fotocopia potrebbe però nuocergli, e  R.. Downey Jr. ha un indubbio carisma, ma lo spreca in un filmetto dalle mere esigenze commerciali. Chiara dimostrazione di come al cinema, perlomeno sul piano della qualità, le formule matematiche non sempre funzionino.