Cinema
Berlinale 65, di Luca Baroncini (n°177)
Il festival di Berlino si colloca tra lo snobismo di Cannes e la decadenza di Venezia e si caratterizza per la sua estrema vivacità. Per dieci giorni la città tedesca è meta di addetti ai lavori da ogni latitudine ma, soprattutto, di appassionati di cinema, desiderosi di immergersi in un percorso cinematografico a 360°, dove l’acchiappa-pubblico hollywoodiano convive amabilmente con l’opera di nicchia. Da una parte, quindi, la prima mondiale di Cinquanta sfumature di grigio, dall’altra Ixcanul, il primo film guatemalteco a calcare la passerella di un festival internazionale. In mezzo di tutto un po’, attraverso 400 film disseminati in cinque sezioni.
Le nuove tendenze del cinema hollywoodiano, di Luca Baroncini (n°176)
L’arte è da sempre in grado di rivelare chi siamo e in che direzione stiamo andando. Dietro a una pennellata, tra le note, in mezzo a un racconto, nei fotogrammi, riusciamo spesso a captare, meglio di qualunque proclama, inchiesta o indagine, un sentire contemporaneo. Il cinema è quindi una cartina di tornasole quanto mai efficace per capire e anticipare le tendenze. E il cinema americano, volente o nolente faro per tutte le altre cinematografie, dice chiaramente parole poco rassicuranti. Alcuni titoli, di registi e con attori importanti, da poco nelle sale o di imminente uscita, cancellano in un colpo solo tutte le opere pacifiste prodotte e amate in passato e gridano un’unica cosa: guerra! Il pubblico, dal canto suo, non si oppone a questa propaganda trasversale, non si sa quanto consapevole o quanto figlia dei tempi, e accorre in massa.
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Storie pazzesche recensione di Luca Baroncini (n°175)
di Damián Szifrón
con Ricardo Darín, Oscar Martínez, Leonardo Sbaraglia, Erica Rivas, Rita Cortese
Esiste una linea sottile oltre la quale la ragionevolezza cede il passo alla follia. Può sembrare impossibile pensandoci razionalmente, ma alla prova dei fatti basta un attimo per varcare il confine dell’insensatezza e cedere contro ogni previsione al lato oscuro e alle sue imprevedibili conseguenze. È proprio questa zona d’ombra che il brillante film dell’argentino Damián Szifrón indaga con ironia corrosiva.
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Hungry Hearts recensione di Luca Baroncini (n°175)
di Saverio Costanzo
con Adam Driver, Alba Rohrwacher, Roberta Maxwell
Saverio Costanzo è regista sensibile, capace di dare voce e immagini al disagio interiore. I “cuori affamati” del titolo sono quelli di Mina e Jude, lei italiana, lui americano, che si conoscono restando bloccati nei bagni di un ristorante cinese. Quella che sembra un’unione come tante si evolve, proprio come tante, nella convivenza e nella creazione di una famiglia.
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Schermi di Natale di Luca Baroncini (n°174)
Il Natale di quest’anno rappresenta per il cinema un momento fondamentale. Dopo una stagione particolarmente debole, con pochi film in grado di catturare l’attenzione degli spettatori, è infatti l’ultima occasione per far quadrare i conti. Siamo in un periodo di transizione, in cui i film godono ottima salute ma il modo di fruirli sta cambiando, e la sala è il punto di partenza, un luogo privilegiato in cui gustare un’opera cinematografica al meglio, ma non per forza l’unico: computer, schermi televisivi, cellulari, tablet, ormai la concorrenza è davvero grandissima. Inutile chiudere gli occhi davanti alle innovazioni tecnologiche, scaricare film sta diventando sempre più semplice. Se ciò venisse regolamentato si potrebbe pensare a nuove forme di distribuzione mentre, se nulla accade, sempre meno gente continuerà ad andare al cinema e vedrà i film piratandoli.
Tre cuori recensione di Luca Baroncini (n°174)
di Benoît Jacquot
con Benoît Poelvoorde, Charlotte Gainsbourg, Chiara Mastroianni, Catherine Deneuve
Sono tante le sollecitazioni fornite dall’opera di Benoît Jacquot. Si parla di passione, solitudine, legami familiari, predestinazione, ma soprattutto di amour fou, quell’amore “folle” perché irragionevole, quindi contrario a qualsiasi razionalità e in grado di superare tutte le barriere del buon senso. Il regista racconta in modo atipico una situazione classica, il triangolo, dove al centro c’è un uomo condiviso da due donne. Il fatto è che le due donne sono sorelle, non sanno l’una del rapporto dell’altra, e lui di una diventa il marito.
Il giovane favoloso recensione di Luca Baroncini
(n°173)
di Mario Martone
con Elio Germano, Michele Riondino, Massimo Popolizio, Anna Mouglalis, Valerio Binasco, Iaia Forte, Isabella Ragonese e Paolo Graziosi
Durante la visione del film di Mario Martone un interrogativo non dà tregua: cosa aggiunge “Il giovane favoloso” agli scritti di Giacomo Leopardi? Riesce in qualche modo ad andare all’essenza dell’uomo, a permearne l’anima, a dare voce ai non detti, a ritrarlo al di fuori (o all’interno) di ciò che le sue opere hanno di lui tramandato, a dare voce, volto e cuore alle parole? Purtroppo la risposta è negativa.
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Ritorno a L’Avana recensione di Luca Baroncini (n°173)
di Laurent Cantet
con Isabel Santos, Jorge Perugorría, Fernando Hechevarria, Néstor Jiménez, Pedro Julio Díaz Ferran
Cinque amici si ritrovano dopo tanto tempo e fanno il bilancio delle loro vite. Lo schermo cinematografico, da sempre luogo prediletto per i “grandi freddi”, ben si adatta all’uopo, qui più che mai in grado di accendere l’interesse anche a causa dell’ambientazione. Il ritrovo è infatti su un terrazzo circondato da case a pochi passi dal Malecòn, il celebre lungomare di L’Avana. L’occasione offre quindi spunti per indagare dinamiche universali (i segni del tempo, l’evoluzione delle aspettative, i vecchi rancori e le rinnovate simpatie), ma anche per sondare i segni indelebili che la Storia ha lasciato sulle storie. Tra l’altro di film ambientati a Cuba ne abbiamo visti pochi (“Fragola e cioccolato” e “Guantanamera”, di Tomás Gutiérrez Alea e Juan Carlos Tabio, i più distribuiti), assaporandone più che altro il folclore.
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Pasolini recensione di Luca Baroncini (n°172)
di Abel Ferrara
con Willem Dafoe, Maria de Medeiros, Riccardo Scamarcio, Giada Colagrande, Roberto Zibetti
Quando si decide di raccontare la storia di un personaggio pubblico sono due le possibilità: ripercorrere le tappe della sua vita cercando di dare spessore agli avvenimenti salienti che hanno contribuito a creare il personaggio che si cela dietro all’uomo, oppure seguire un’ispirazione personale che non cerca cronologia, linearità, coerenza, veridicità, ma prova a trasmettere l’indefinibile, l’essenza, l’anima, senza fare dell’oggettività dei fatti un punto fermo imprescindibile. Ovviamente inquesto caso i rischi sono inevitabilmente alti.
Anime nere recensione di Luca Baroncini (n°172)
di Francesco Munzi
con Marco Leonardi, Peppino Mazzotta, Fabrizio Ferracane, Barbora Bobulova, Anna Ferruzzo, Giuseppe Fumo, Pasquale Romeo
Il primo pensiero è stato “un altro film sulla criminalità organizzata? Basta!!!”. Sembra infatti che in Italia, complice anche il successo di alcune serie televisive (“Gomorra” in primis), si producano solo o commedie o film sulla mafia. Al di là delle lecite rimostranze, però, l’aspetto da non sottovalutare è che “Anime nere” è anche un film solido e ben fatto, in cui la mafia è centrale ma si parla anche d’altro.
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Jersey Boys recensione di Irene Carrubba e Eugen Galasso(n°171)
di Clint Eastwood con John Lloyd Young (Frankie Valli), Erich Bergen (Bob Gaudio), Vincent Piazza (Tommy De Vito), Michael Lomenda (Nick Massi), Christopher Walken (Decano)
Traendo spunto da un musical pluripremiato e apprezzato da tutti gli spettatori di Broadway, firmato da Marshall Brickman, Rick Elice e John Logan, Clint Eastwood, per anni bistrattato dalla critica di sinistra italiana (ma non in Francia, dove sia Positif sia Cahiers du Cinéma, riviste di critica molto diverse, lo apprezzano da sempre), racconta la storia di quattro boys del Jersey di origini italiane che fanno del pre-rock (melodico ritmato, dovremmo dire) inizialmente con molte difficoltà, poi con grande successo, passando attraverso tragedie personali (come la morte della figlia di Valli, Francine), con un gioco particolare tra la voce da “crooner” (cantante melodico impostato) di Valli e le voci in falsetto degli altri membri della band.
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Under the Skin recensione di Luca Baroncini (n°171)
di Jonathan Glazer con Scarlett Johansson, Antonia Campbell-Hughes, Paul Brannigan
Il mondo visto da fuori non è un granché. A ricordarcelo è un’aliena, arrivata sulla terra per scoprire le abitudini di un universo a lei ignoto. Ha le fattezze burrose di Scarlett Johansson, non è né buona né cattiva e non ha alcuna intenzione particolare, se non provare a capire. Ha però anche delle esigenze. Gli umani, infatti, sono il suo cibo.
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Colpa delle stelle recensione di Luca Baroncini (n°171)
di Josh Boone con Shailene Woodley, Ansel Elgort, Willem Dafoe, Nat Wolff, Laura Dern
In principio fu “Love Story”, vero e proprio manifesto del cinema con malattia annessa, in cui una zuccherosa storia d’amore è funestata dal male terribile che colpisce uno dei due protagonisti. Il successo fu travolgente e dal 1970 ogni generazione ha avuto il suo film strappalacrime con cui dolersi. Un genere che ha creato una vera e propria tendenza, tanto che ogni star, per confermarsi tale, nel suo curriculum deve vantare almeno un film “malato”: da Debra Winger nell’acclamato “Voglia di tenerezza”, a Julia Roberts in “Scelta d’amore” (grande successo in Italia e fiasco invece negli Stati Uniti, a causa anche di un titolo particolarmente menagramo come “Dying Young”, cioè “morendo giovani”), passando per Charlize Theron in “Sweet November” e Winona Ryder in “Autumn in New York”.
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Schermi d’estate di Luca Baroncini (n°170)
Sarà un’estate al cinema come quella delle passate stagioni o qualcosa, al di là delle promesse di esercenti e distributori, quest’anno si muoverà? Dando un’occhiata ai listini e ai siti specializzati sembra proprio che il copione si ripeterà: pochi titoli di sicuro successo, qualche fondo di magazzino, niente cinema italiano, la scomparsa del cinema d’essai, la riproposizione anche in prima visione, oltre che nelle arene, dei successi della stagione, e il ritorno delle uscite massicce solo a partire da Ferragosto. Del resto, mettendosi nei panni di chi rischia di tasca propria, non è una situazione così semplice da gestire e i tentativi di cambiamento comportano rischi spesso superiori ai possibili ritorni economici.