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Categoria: Libri
Creato Lunedì, 06 Ottobre 2003

Laura De Marco, Il soldato che disse no alla guerra. Storia dell’anarchico Augusto Masetti (1888 – 1966), recensione di Roberto Zani (n°22)

Le vicende umane e politiche di Augusto Masetti costituiscono l’argomento della monografia di Laura De Marco "Il soldato che disse no alla guerra. Storia dell’anarchico Augusto Masetti (1888 – 1966)".

 Come sottolinea Fiorenza Tarozzi nella sua prefazione, merito indiscusso del libro (Edizioni Spartaco, settembre 2003, pp. 147, Euro 12) è quello di far riemergere il suo protagonista dall’oblio in cui, dopo aver infiammato la scena politica nazionale nel periodo 1911 – 1914, era ingiustamente finito.

Nato nel 1888 a Sala Bolognese, Augusto risiede e lavora come muratore a San Giovanni in Persiceto. E’ iscritto alla locale Camera del Lavoro ed Armando Borghi lo ricorda come un attivista valido ma estremamente schivo, tanto che non saprebbe precisarne gli orientamenti ideologici. Occorre dire che Masetti, di famiglia numerosa e povera, è uomo di scarsa cultura e probabilmente le distinzioni teoriche tra anarchici e socialisti non lo appassionano. In occasione della guerra di Libia, il giovane viene richiamato per la seconda volta alle armi nell’ottobre del 1911. La sera del 29 ottobre è l’ultimo ad essere sorteggiato per la partenza in terra libica, in programma il giorno seguente. Alle sei di mattina, nel cortile della caserma Cialdini di Bologna, si stanno radunando le truppe in attesa del discorso di saluto del colonnello: improvvisamente un colpo parte dal fucile di Masetti e ferisce ad una spalla il tenente colonnello Stroppa. L’autore del gesto grida: "Viva l’anarchia, abbasso l’esercito!"; mentre viene bloccato incita alla ribellione i camerati. Gli viene trovato in una tasca un volantino antimilitarista (forse consegnatogli dall’anarchico Clodoveo Bonazzi) che invita i soldati a sparare verso bersagli diversi da quelli indicati dai superiori. Durante gli interrogatori si dichiara anarchico rivoluzionario. Il reato è quello di "insubordinazione con vie di fatto verso superiore ufficiale", punibile con la fucilazione alla schiena.

L’avvenimento divide l’opinione pubblica: da una parte si tengono manifestazioni a sostegno dell’esercito e della guerra, dall’altra si creano le condizioni per una crescita improvvisa della propaganda antimilitarista tramite la fondazione del Comitato Nazionale "Pro Masetti" ad opera di anarchici, socialisti, repubblicani e varie personalità non appartenenti alle organizzazioni "sovversive". Lo slogan "viva Masetti, abbasso l’ esercito" si diffonde per tutta l’Italia centrale e settentrionale, nascono numerosi comitati locali, ovunque si tengono manifestazioni e comizi costantemente osteggiati dalle forze dell’ordine. Masetti diventa il simbolo dell’opposizione ad una guerra che non aveva trovato consensi negli strati meno abbienti della popolazione, impermeabili alla robusta campagna di stampa colonialista e guerrafondaia. L’ antimilitarismo non è infatti solo una presa di posizione politica o di principio delle organizzazioni di estrema sinistra, ma soprattutto rappresenta un sentimento largamente diffuso tra le classi popolari, che conoscono l’esercito come strumento di repressione interna di uno Stato ben lontano dal rappresentare gli interessi dei lavoratori. La coscrizione viene vissuta come un’ imposizione odiosa.

In questo clima, lo Stato giolittiano manovra abilmente per evitare che Masetti diventi un martire e, tramite la perizia di due psichiatri nominati dal Tribunale di Venezia, l’ imputato viene dichiarato un ‘soggetto degenerato’, che ha agito in stato di "morboso furore" a causa di un "acuto stimolo passionale"; il tutto suffragato dalle pittoresche teorie di antropologia criminale prese a prestito da Cesare Lombroso.

L’11 marzo 1912 la sentenza: il fatto non costituisce reato e Masetti viene trasferito dal manicomio giudiziario di Reggio Emilia, dove si trovava in osservazione, a quello di Mon-telupo Fiorentino. L’ agitazione per la liberazione di Masetti pare inarrestabile e si ottiene che venga trasferito nel manicomio civile di Imola (gennaio 1914). Sia il direttore del manicomio che gli infermieri (la cui lega aderisce al comitato Pro Masetti), non credono alla pazzia del degente. Il comitato chiede una nuova perizia che affermi la "ritrovata" sanità mentale del Masetti, il Tribunale di Venezia accoglie l’istanza ma fa trasferire il degente presso il manicomio di Brusegana (Padova), nominando due periti che tergiversano affinché diminuisca l’attenzione nei confronti della vicenda.

Nel 1914 scoppia anche il caso di Antonio Moroni, giovane socialista rivoluzionario che a causa della sua militanza politica è inviato, subito dopo l’arruolamento, ad una compagnia di disciplina. La vicenda dà nuovo slancio alla propaganda antimilitarista: il 7 giugno 1914, festa nazionale dello Statuto, si tiene una manifestazione non autorizzata ad Ancona pro Masetti e Moroni, duramente repressa dalle forze dell’ordine che uccidono tre partecipanti. Lo sciopero generale si estende rapidamente, in Romagna e nelle Marche assume un carattere insurrezionale: è la "Settimana Rossa". Lo slogan è ora "Viva Masetti, abbasso il re". Ma la fine dell’agitazione, la successiva partecipazione dell’Italia al conflitto mondiale, la rottura del fronte antimilitarista che aveva costituito i comitati (con molti personaggi di primo piano che passano improvvisamente nelle file dell’ interventismo), fanno dimenticare in fretta il caso Masetti. Approfittando della situazione, viene emessa la seconda perizia psichiatrica che lo considera un soggetto socialmente pericoloso in quanto "mentalmente anormale". Tuttavia Masetti resta un simbolo per tanti giovani che scelgono di disertare la chiamata alle armi in occasione della I° guerra mondiale.

Tornato nel manicomio di Imola, il degente può uscire abbastanza liberamente dalla struttura, fino a frequentare le riunioni serali degli anarchici organizzati nell’Unione Sindacale Imolese: a quel punto interviene il sottoprefetto che chiede al direttore del manicomio un trattamento più adatto ad un malato mentale. Ciononostante nel 1919 Masetti viene dato in affidamento ad una famiglia imolese, riprende l’attività di muratore e nel 1932 viene definitivamente revocato l’ordine di ricovero. Nel frattempo si era creato una famiglia con l’imolese Concetta Pironi, dalla quale aveva avuto tre figli.

Masetti resta però fedele ai suoi principi: Nel settembre 1935 chiede di poter disertare le adunate del regime per la guerra d’Etiopia, viene subito incarcerato e quindi confinato per 5 anni a Thiesi (Sassari). Durante il trasferimento "dà prova di squilibrio mentale" e giunto a destinazione viene rinchiuso nel locale manicomio, dove resta circa tre mesi. Nel maggio 1940 può ritornare a Imola. E’ nuovamente incarcerato il 13 settembre 1943, durante la retata operata dalle truppe naziste che prendono possesso della città. L’11 settembre 1944 viene ucciso in combattimento il figlio Cesare, partigiano della 36° Brigata Garibaldi. Nel dopoguerra prosegue l’attività antimilitarista in vari modi, ad esempio correggendo in modo originale i manifesti di chiamata alle armi. Continua a frequentare gli ambienti anarchici fino alla morte, che avviene nel marzo 1966 quando è investito da una motocicletta di un vigile urbano.

Entrando nel merito del libro, risulta indubbiamente accurato il lavoro di ricerca, svolto dalla De Marco in buona parte a Imola presso l’Archivio Storico della Federazione Anarchica Italiana. L’opera, rielaborazione della tesi di laurea dell’autrice, avrebbe potuto approfondire maggiormente il contesto e le vicende che ruotando intorno al protagonista; si è invece preferito privilegiare la scorrevolezza e l’agilità del testo, che in effetti si legge d’un fiato. Risulta particolarmente efficace la ricostruzione del gesto di Masetti e del suo stato d’animo in quelle ore fatidiche (supportata da numerose testimonianze di commilitoni, ufficiali, nonché degli amici più intimi visitati in libera uscita la sera prima); ed il lettore si appassionerà nel seguire le tormentate vicende giudiziarie e manicomiali di un uomo che, per aver commesso un clamoroso atto di rifiuto nei confronti della guerra, il Potere ha preferito dichiarare pazzo piuttosto che ribelle.

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