La Diva de l’Empire (Vecchia Europa sotto la luna n. 3), recensione di Eugen Galasso (n°97)
ideato, diretto e interpretato da Violetta Chiarini, collaborazione musicale di Antonello Vannucchi
Violetta Chiarini, attrice e cantante vera (non canta da attrice, canta veramente; per usare uno slogan), da anni lavora sulla musica della prima metà dello scorso secolo; da persona colta e intelligente, prima concepisce-scrive uno spettacolo, poi lo mette in scena con grande efficacia mimica, gestuale, vocale (in ogni senso, quindi anche e soprattutto musicale), senza risparmiarsi mai in scena.
Ogni canzone, ma anche ogni testo recitato (qui ci sono, tra gli altri, Lorca, Proust, Palazzeschi, Wilde, Trilussa) è una scena a parte.
Siparietti divertentissimi, come sempre peraltro, con il maestro pianista Vannucchi, serio sempre, salvo appunto nei siparietti, con i suoi “messaggi dall’aldilà” con i “billets doux” dei citati grandi poeti e scrittori.
Violetta nella sua prestanza anche fisica (le sue scollature, le allusioni erotiche) e ginnica, marca la distanza tra i due tempi: il primo atto, quello “europeo”, dal punto di vista degli abiti di scena è in rosso, il secondo, quello made in Italy, vede la prevalenza del nero.
Comunque, rispetto al precedente “Telefoni bianchi e giubbe grigioverdi”, che era più storico-politico, qui prevale l’interiorità, il sentimento, in tutto lo spettro che il sentimento consente, dalla derisione (in specie autoderisione) alla tragedia, ovviamente passando per le sfumature intermedie. I brani proposti, che appunto vanno da fine 1800 al 1930 (più o meno) sono comunque fortemente espressivi, rappresentativi di un’epoca, di uno spirito del tempo
A novembre la Chiarini è stata al Ghione di Roma con una nuova versione di “Telefoni bianchi e giubbe grigioverdi” (ne abbiamo parlato su Cenerentola n. 87), ma presto incombono (positivamente, certo) “Ci ho da fare” e “Cerco casa”, testo tragicomico il primo, comico il secondo.