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Categoria: Teatro
Creato Mercoledì, 01 Aprile 2009

Campo Inferno: Requiem laico per non dimenticare, recensione di Eugen Galasso (n°112)

Azione scenica su frammenti di memoria.

Libero adattamento e regia di Sergio Ciulli

con G. Allaria, B. Bardi, M. Currò, M. Giovannini, D. Iaccino, E. Isu, D. Oculisti, R. Orlandini, S. Pannacci, L. Parissi, M. Petracchi, S. Piomboni, M. Principe, R. Ristori, S. Urzì                      

Questo spettacolo è straordinario. Nato come ulteriore input per rinnovellare la memoria dei lager e della giornata che la ricorda (27 gennaio), si apre con gli spettatori “imprigionati” nel “vestibolo” (non a caso...), costretti manu militari, e comunque con la violenza verbale dell’urlo, a passare nel luogo scenico

; dipanandosi poi come testimonianza  straordinaria di una memoria orribile, riportata appaiata ai versi di Dante recitati non in modo “benignesco” - sarebbe stato assolutamente fuori luogo – ma “autentico”; dove la forza ossessiva del Requiem verdiano si accompagna alle proiezioni delle disposizioni carcerarie naziste, ma anche dei Lager stessi.

Attrici e attori straordinari, memori della lezione del regista-drammaturgo Ciulli, ma in genere della migliore lezione del teatro di ricerca fiorentino, a partire soprattutto dalla compianta Barbara Nativi, coordinamento scenico più che  efficace, contaminazione formidabile di stili e modi d’espressione: tutti motivi per riproposizioni continue, appunto, di questo spettacolo.

Preminenza al testo, anche quello delle parole dei detenuti, che raccontano delle violenze subite, orribili (e tutte documentate), delle parole degli aguzzini, che si giustificano, dando conto delle cure date alle vittime (quasi nulla, ovviamente), del cibo propinato.

Il tutto con una seconda parte che vede un processo immaginario - potrebbe essere quello di Norimberga, ma non importa tanto - entro cui la dinamica, lungi dall’implodere, s’amplifica nell’orrore.

Spettacolo che, come si evince da quanto scritto, parte dalla realtà dei lager, ovviamente estendibile a ogni lager, dai gulag sovietici, alle realtà concentrazionarie cinesi, nord-vietnamite, polpottiane, altre. Ma il nazismo, stolido e comunque privo di ogni riferimento ideologico anche perversamente egualitario e libertario, di queste realtà rimane la quintessenza. Né si trova in “Campo Inferno” apologetica filo-ebraica.

Da proporre dovunque, ad ogni modo e in ogni condizione (certo, spazi scenici permettendo).