Illusioni verdi, di Toni Iero (n°247)
Il maggiore problema che l’umanità si trova ad affrontare nel momento attuale è, a parer mio, la questione del cambiamento climatico. La sua pervasività e la profondità delle conseguenze che comporta, lo rendono la principale minaccia incombente sul genere umano (e non solo).
Nel numero di ottobre di Cenerentola, Luciano Nicolini osservava, con riferimento a varie questioni, che occorre “cambiare modello di sviluppo, ispirandosi alla semplicità, alla libertà, all’uguaglianza, alla solidarietà”.
Difficile non concordare con tale riflessione, che appare tanto più convincente se applicata al contesto ambientale. Invece, da più parti vengono proposte “soluzioni” che, lungi dal voler cambiare modello di sviluppo, vorrebbero farci credere che si possa salvaguardare l’ambiente continuando a comportarci come adesso.
Ho il sospetto che tra queste soluzioni fittizie vi sia l’attuale ipotesi di sostituzione delle auto a motore a scoppio con quelle elettriche. L’industria automobilistica (soprattutto cinese) non sta perdendo tempo per convertirsi alla produzione di veicoli a trazione elettrica. Con l’appoggio dei governi che stanno facendo la loro parte, predisponendo l’indispensabile rete di punti di ricarica e lanciando incentivi a favore dell’acquisto di auto ibride o elettriche. Stiamo assistendo ad uno sforzo destinato ad accelerare la sostituzione delle auto esistenti (anche prima dello scadere delle loro vita utile) con modelli caratterizzati da un sistema di trazione diverso.
Una prima considerazione: il parco auto mondiale è stimato in oltre 1,4 miliardi di veicoli1. Sostituire progressivamente tutti questi veicoli vuol dire costruire 1,4 miliardi di nuove automobili. Per fare ciò occorrono materie prime (plastica, ferro, rame, terre rare, cobalto, etc.), energia (per estrarre le materie prime, per assemblare i veicoli, per portarli dal produttore all’acquirente), riconfigurare le linee di produzione… insomma uno sforzo industriale che, da solo, comporterà un imponente incremento delle emissioni di anidride carbonica.
Ma le perplessità non finiscono qui. Il grafico sotto riporta la produzione di energia elettrica nell’Unione Europea per fonte di generazione (fonte Eurostat). Come si vede, oggi nell’Unione Europea oltre il 43% dell’energia elettrica è ricavata da combustibili fossili (a livello mondiale è il 60%), con il carbone (il peggior combustibile in termini di produzione di gas serra) che copre una quota non marginale. Le fonti rinnovabili (idroelettrico, vento e sole) contribuiscono per il 29,7% alla generazione di energia elettrica. La diffusione di veicoli elettrici richiederà un aumento della generazione di tale tipo di energia. Però, poiché la capacità di realizzare ulteriori impianti idroelettrici è ormai limitata, solo le altre due fonti (vento e sole) sono suscettibili di significativa espansione. Ora, è ben noto che, per completare una transizione energetica, occorrono decenni. Nel frattempo le nuove auto elettriche si muoveranno utilizzando elettricità prodotta bruciando non solo derivati del petrolio, ma anche carbone! È ben noto che, nella drammatica situazione odierna, di tutto avremmo bisogno, tranne che incrementare l’uso del carbone. Una soluzione alternativa sarebbe aumentare la produzione di elettricità da centrali nucleari, idea forse non del tutto peregrina, ma difficile da percorrere poiché, al momento, la costruzione di nuove centrai atomiche risulterebbe ben poco accettabile da buona parte dell’opinione pubblica.
Vogliamo aggiungere a tutto ciò il problema dello smaltimento di milioni di batterie esauste ogni anno? Studi della società di consulenza Arthur D. Little rilevano che, ragionando su un ciclo di vita del veicolo di venti anni, la produzione di un’auto elettrica comporta l’immissione nell’ambiente di prodotti con un livello di tossicità tre volte superiore a quello di un’auto tradizionale, a causa del maggior utilizzo di metalli pesanti2.
Vi sono, inoltre, anche altri aspetti che andrebbero considerati nel momento di una scelta con riflessi così importanti e alla luce della sua modesta valenza ambientale. Per esempio, la concentrazione dei fornitori. Oggi il petrolio e il gas viene prodotto da numerosi Paesi. Mentre le batterie elettriche sono praticamente un’esclusiva dei produttori cinesi i quali, peraltro, sono anche i monopolisti delle cosiddette “terre rare” (compreso il cobalto estratto dai bambini in Congo), indispensabili per costruire batterie efficienti. Insomma, vi è il rischio che il mondo si trovi a dipendere dalla Cina (e dal suo regime autoritario) per la mobilità dei propri veicoli. Occorrerebbe poi riflettere anche sul rischio di chiusura di molte aziende che producono componenti per le auto tradizionali: che fine faranno le migliaia di lavoratori in esse impiegati?
Insomma, nelle condizioni attuali, il passaggio alle auto elettriche non sembra essere quel toccasana per l’ambiente che molti gruppi di pressione e i mezzi di informazione vogliono farci credere. Questo non significa che non si debba far nulla. Certo, per limitare i danni del cambiamento climatico di origine antropica, ormai in atto, è necessario modificare i nostri comportamenti (anche se sarebbe bene essere consapevoli dell’irrecuperabile ritardo con cui ci stiamo muovendo). Ma questo cambiamento deve essere guidato da valutazioni realistiche e non da illusioni o, peggio, dagli interessi di chi non vede l’ora di vendere milioni di nuove auto con la scusa della loro presunta ecologicità.
Note
1 Fonte Hedge & Company. Il dato include anche i mezzi pesanti.
2 Vaclav Smil, I numeri non mentono, Einaudi, 2021.