Ancora sui “sollevamenti della terra”, in marcia dalla pianura alla montagna (n°260)
«La marcia si è conclusa a settembre – scrivono i promotori – ma il nostro percorso continua. Come avrai capito, il modo migliore per conoscerci è venire alle nostre assemblee o alle altre iniziative che organizzeremo. Altrimenti puoi scriverci a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.
La risaia: il potere di agire collettivamente
Grazie all’azione diretta e alla pressione mediatica, la risaia di Ponticelli (Altedo) e i terreni circostanti sono salvi, per ora. Quei 73 ettari di campagna avrebbero dovuto lasciare spazio alla costruzione dell’ennesimo polo logistico – solo uno dei diversi hub approvati dalla Città Metropolitana di Bologna. Questo avrebbe significato non solo continuare a cementificare una zona già compromessa da questo punto di vista, ma anche la perdita delle ultime risaie storiche della pianura bolognese.
Di fronte ai cementificatori la risposta si è moltiplicata: una petizione di migliaia di firme, una serie di manifestazioni e una marcia contro il terricidio dall’Appenino ad Altedo hanno dato voce alla contrarietà verso il progetto. Finché il consiglio comunale di Budrio nel settembre 2021 l’ha fatto decadere. Se fosse andata diversamente, la distruzione dei campi avrebbe anticipato lo sfruttamento estremo e la precarietà che caratterizzano la logistica, come ci insegnano le lotte del settore nell’ultimo decennio. A ricordarci che la violenza sulle persone e quella sul mondo circostante sono una cosa sola.
Il Passante di mezzo
Ci opponiamo all’allargamento dell’autostrada di Bologna fino a 18 corsie perché costituisce a tutti gli effetti un incentivo suicida al traffico privato su gomma che causerà impermeabilizzazione di suolo vergine e alberato, aumento di emissioni inquinanti e gravi danni alla salute delle persone. Noi non vogliamo nessun Passante: né a nord, né in città, né a sud. Rivendichiamo invece il diritto ad un trasporto pubblico locale, collettivo, affidabile e poco inquinante. Una priorità deve essere il completamento del Sistema Ferroviario Metropolitano che, questo sì, permetterebbe di unire in modo sostenibile montagna, città e pianura di Bologna. Lo sperpero di denaro - parliamo di circa 2-2,5 miliardi di euro – diversi anni di lavori e conseguenti disagi al traffico, infatti, non faranno che aggravare i problemi già esistenti: ormai è risaputo che costruire più strade spinge le persone a comprare più auto e quindi a creare più traffico. Lo sanno anche i promotori dell’opera (Comune, Città Metropolitana e Autostrade) ma evidentemente gli interessi sono altri.
NO alla nuova seggiovia al Corno alle Scale
La nostra ostinata opposizione al progetto di un nuovo impianto di risalita al Corno alle Scale muove non solo dal nostro amore per la montagna, ma anche dalle non più sopportabili menzogne che ci vengono imposte dalle voci dei nostri governanti. Illudere le popolazioni locali che la costruzione di una nuova seggiovia sia l’unica possibilità per ridare sviluppo economico all’Appennino è l’ennesima falsità necessaria solo ad arricchire il comparto del cemento e degli speculatori. Nel contesto della nuova normalità climatica fatta di carenza idrica, costi energetici altissimi e assenza/bassa precipitazione nevosa equivale a tapparsi gli occhi e il cervello di fronte alla catastrofe che stiamo già vivendo. In un Appennino dove non si finanziano i servizi davvero necessari alla popolazione (ospedali e trasporto pubblico smantellati o depotenziati, ad esempio) e dove non si favorisce uno sviluppo sostenibile del lavoro, regna ancora l’inganno di un benessere per il quale è necessario sperperare milioni e distruggere la montagna, assicurando al massimo un turismo mordi e fuggi che non lascia nulla di durevole sul territorio.
Agricoltura e modello di sviluppo
Sappiamo però che opporsi alle loro opere distruttive non basta. Abbiamo bisogno di ribaltare il paradigma con cui la nostra società ha impostato il rapporto con la natura e le relazioni tra gli esseri umani. Per farlo occorre ripartire dall’inizio: dall’agricoltura e dal cibo, innanzitutto, insieme a un sistema economico emancipato dall’ossessione della crescita.
Sosteniamo con convinzione i principi dell’agro-economia e le buone pratiche dell’agricoltura contadina. Ci opponiamo al sistema agricolo industriale dominante, che ha come presupposti le monoculture e l’uso massiccio di diserbanti e fertilizzanti artificiali. Si tratta del principale responsabile delle catastrofi che incombono, dal cambiamento climatico all’inquinamento di suolo ed acqua, dalla deforestazione alla scomparsa della biodiversità.
Un approccio alternativo, possibile e necessario, è quello legato ai sistemi alimentari territoriali dove le attività agricole difendono la terra e ne custodiscono la biodiversità, fondati sulla difesa della sovranità alimentare e dei diritti dei lavoratori: cibo, lavoro dignitoso, costruzione di reti di solidarietà e mutualismo tra produttori e consumatori, tra città e campagna.
Da Ponticelli al Corno, in marcia!
Per dare forma a tutto questo abbiamo deciso di trovarci, parlare, organizzarci. È nata così la marcia che dal 2 all’11 settembre 2022 ha legato idealmente e faticosamente quei luoghi a noi così cari, la risaia di Ponticelli e la cima del Corno alle Scale. Un percorso orizzontale al quale hanno partecipato persone diverse per età, provenienza, idee, accomunate dall’amore per i luoghi che vivono e dalla rabbia per la loro quotidiana distruzione. La marcia è stata soprattutto lunghe e serene giornate di cammino. Per la fine di ogni tappa, tuttavia, abbiamo organizzato dei momenti di confronto e discussione su temi per noi importanti – le cui trascrizioni abbiamo raccolto in un opuscolo.
Questo impegno è culminato venerdì 9 settembre in un’assemblea partecipata da diverse persone, comitati e movimenti che si battono per simili ragioni nell’Appennino bolognese così come in altre parti d’Italia. Ma la marcia non si è fermata: ci aspettavano forse i due giorni più belli, lungo i sentieri che ci hanno portato prima alla Sboccata dei Bagnadori e poi al Lago Scaffaiolo, dove infine si è sciolta (come la neve…).
Perché abbiamo scelto di fare la marcia
Ciò che desideriamo sarà ormai abbastanza chiaro: rendere più difficile la loro distruzione del mondo, che per noi comincia - ma non finisce! - dalla montagna e la pianura bolognesi. E vogliamo farlo a partire da noi, dalle nostre reti di amicizia e dalla nostra conoscenza dei luoghi. La nostra convinzione è che, ancora una volta, stia a noi riprendere in mano il nostro destino e organizzarci per passare all’azione. Dai governanti che hanno accelerato il disastro non ci aspettiamo più nulla, se non ulteriori promesse da tradire. Abbiamo pensato che la marcia fosse il modo più appropriato per cominciare tutto questo perché ci permetteva di farlo insieme e con i nostri tempi. Volevamo sentire la terra ad ogni passo (e l’asfalto delle strade), attraversare i paesi, conoscerci meglio tra noi e incontrare nuove persone lungo le tappe. Volevamo, infine, imparare cose nuove in quel tempo sospeso che solo il camminare ci concede, consapevoli che per noi la conoscenza non può essere scissa dalla sua dimensione emotiva.
Lente relazioni
Un filo rosso ha legato fin qui i nostri passi così come le nostre idee: un bisogno e un desiderio di darsi più tempo per conoscersi, prendere le decisioni, organizzarsi. Lo sguardo dolce di chi cammina o pedala in sella a una bicicletta mentre attraversavamo i territori osservandoli lentamente mutare. Solo al giusto passo si possono cogliere i dettagli, fermarsi a chiacchierare un po’ di più e scoprire l’altro oltre noi. Riconosciamo il privilegio di questa condizione ma pensiamo possa essere anche un buon esercizio nella corsa quotidiana di questa vita troppo spesso soffocante. Respirare a pieni polmoni e prendere fiato lo si può fare solo con i piedi ben piantati a terra. È una tensione che nasce da dentro, dal rifiuto di un mondo dominato dall’imperativo dell’accelerazione e della iperconnessione, disposto a uccidere tutto ciò che vive pur di fare il profitto di pochi. Ad esso opponiamo cura e lentezza, senza le quali non è possibile costruire delle vere relazioni tra noi e il mondo che ci circonda. Proprio i rapporti creatisi col passare dei giorni sono andati a intrecciarsi in una rete che vogliamo sempre più fitta, per continuare a resistere e camminare insieme. Così abbiamo fatto finora, così continueremo a fare in futuro».