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Categoria: Ambiente
Creato Domenica, 01 Dicembre 2024


Ultimo pescePagano, come sempre, i lavoratori, redazionale

Chi paga? (n°287)

Questa la domanda scritta sul cartello tenuto in mano dalla manifestante ritratta in copertina.

Semplice la risposta: pagano, come sempre, i lavoratori.

La ricchezza di una regione nasce, che piaccia o meno, dal lavoro di chi contribuisce, in un modo o nell’altro, a trasformare le risorse in prodotti e a distribuirli alla popolazione. Una regione può disporre di molto terreno fertile, ma se non c’è chi lo lavora non sarà mai ricca. Alcuni sostengono che, all’interno di un territorio ospitale, si possa vivere bene di caccia e di raccolta. Non ne siamo convinti, ma una cosa è certa: sarebbe comunque necessaria la presenza di qualcuno che cacci e di qualcuno che raccolga.

Le macchine consentono di produrre una grande quantità di oggetti di ogni genere, ma un lavoratore le deve far funzionare. C’è chi sostiene che possano funzionare da sole (tutta la produzione all’automazione!), ma è evidente che qualcuno dovrebbe provvedere alla loro invenzione, alla loro manutenzione, al loro smaltimento nonchè alla distribuzione dei loro prodotti.

Insomma, senza farla troppo lunga, la ricchezza di una regione è creata dai lavoratori (manuali e intellettuali), e quando viene distrutta sono sempre questi a pagare, attraverso il loro lavoro, i danni.

Valencia 

Denaro

Il mese di ottobre si è chiuso con le notizie provenienti da Valencia, dove una catastrofe di notevoli proporzioni ha devastato la regione, oltre che uccidere circa trecento persone: molti lavoratori hanno perso tutto, tutti dovranno ricostruire il molto che è andato perduto.

Di fronte a ciò c’è chi continua a sostenere che il cambiamento climatico non esiste o, quantomeno, che non è conseguenza dell’inquinamento causato dalla nostra specie: che esista, sulla base dei dati disponibili, sembra innegabile; che sia interamente dovuto all’inquinamento (e al conseguente “effetto serra”) è molto probabile ma, in ogni caso, è certo che continuare a inquinare non aiuta a contrastarlo.   Come  non aiuta, ovviamente, il folle aumento della popolazione mondiale.

«La disastrosa alluvione che ha colpito Valencia e il suo entroterra nel pomeriggio-sera di martedì 29 ottobre – scriveva il giorno successivo la Società Meteorologica Italiana - è stata innescata da una serie di nubifragi autorigeneranti sviluppatisi all’interno della medesima depressione che nello scorso weekend aveva interessato il Nord-Ovest italiano con eventi alluvionali tra Savona e Genova, in Valle Bormida e in Toscana, e che poi, ormai isolata dal flusso perturbato principale delle medie latitudini (cut-off) è andata a localizzarsi intorno a Gibilterra. (…) Secondo AEMET, l’agenzia statale di meteorologia della Spagna, la precipitazione più intensa è stata registrata a Chiva, 35 chilometri a Ovest della costa di Valencia, con ben 491,2 mm in otto ore, di cui 160 in un’ora. Si tratta di un valore tra i più elevati noti in Europa e nel bacino del Mediterraneo, all’incirca del medesimo ordine di grandezza dei 472 mm caduti in un tempo tuttavia ancora più breve (sei ore) il 25 ottobre 2011 a Brugnato (La Spezia), record italiano, e responsabili dell’alluvione delle Cinque Terre e della Val di Vara. Sono quantità che nessun territorio, anche il più correttamente manutenuto, può sopportare senza gravi conseguenze.


D’altra parte la Comunità Valenzana non è nuova a questo tipo di episodi, essendo anzi tra le zone maggiormente propense allo sviluppo di nubifragi di tale entità in Europa e in tutto il bacino del Mediterraneo, insieme alla Catalogna, al Midi francese (dove si parla di épisodes cévenols o méditerranéens) e alla Liguria, trovandosi alle spalle di un mare caldo che dispensa enormi quantità di energia e vapore acqueo per lo sviluppo dei sistemi temporaleschi, con la complicità di fattori orografici e dinamici locali. Un altro evento drammatico avvenne proprio a Valencia il 14 ottobre  1957 causando almeno 81 vittime per il violento straripamento del fiume Turia che attraversava la città, e di cui – a seguito dell’episodio – venne deciso lo spostamento dell’alveo di 3 chilometri, a sud dell’area metropolitana, dove si trova attualmente.

Oggi, dalla fisica dell’atmosfera e dagli studi di attribuzione del ruolo dei cambiamenti climatici negli eventi estremi, sappiamo che mare e atmosfera più caldi rendono più intense e probabili precipitazioni violente come queste (e il Mediterraneo in superficie in questi giorni è 1,0 °C sopra la media 1982 -2015, dati Socib), e ciò va a peggiorarne ulteriormente gli impatti, di per sé spesso già amplificati e complicati dall’interferenza con il territorio antropizzato». 

In poche parole: è ben vero che fenomeni del genere non sono nuovi da quelle parti (così come in tutta l’Italia), ma è altrettanto vero che il notevole riscaldamento del Mediterraneo, connesso al cambiamento climatico in corso, li rende più frequenti e disastrosi.

E non c’è solo questo all’orizzonte: l’altra faccia della stessa medaglia è costituita dalla siccità estiva. Inoltre non si escludono problematici mutamenti nel regime delle correnti marine.

Clima e lavoro

Ciò nonostante c’è chi ancora mette in contrapposizione la difesa dell’ambiente e la difesa dei lavoratori, per il bene dei quali dovrebbero proseguire produzioni altamente inquinanti. Non erano forse lavoratori la gran parte delle persone decedute a Valencia? Non è in gran parte costituita da lavoratori la popolazione che ha perso tutto? Non sono forse lavoratori quelli che, come sempre, pagheranno il conto?

 

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