Una prospettiva evolutiva sulle emozioni, di Luciano Nicolini (n°114)
Si è svolto a Roma, nei giorni 27, 28 e 29 aprile 2009, promosso dall’Istituto Italiano di Antropologia, un convegno sull’origine delle emozioni (e dei comportamenti sociali) alla luce della teoria dell’evoluzione. Un argomento di grande interesse, e non solo da un punto di vista scientifico. Dopo una breve introduzione di Giovanni Destro Bisol, che ha illustrato le attività dell’Istituto, Bernardino Fantini ha parlato del contesto storico e filosofico del libro “The Expression of Emotions in Animals and Man” (L’espressione delle emozioni negli animali e nell’uomo). «Durante la preparazione del volume “L’origine dell’uomo” (pubblicato nel 1871) – ha spiegato – Charles Darwin aveva accumulato una grande quantità di materiali sulle emozioni e la loro espressione, che diverrà la base di un altro libro “L’espressione delle emozioni negli animali e nell’uomo”, pubblicato a sua volta nel 1872, con un grande successo immediato, tanto da vendere più di cinquemila copie in poco tempo. Il punto di partenza del libro era che molte delle espressioni emozionali sono universali, in quanto “i giovani e gli anziani di razze molto differenti, sia nell’uomo che negli animali, esprimono lo stesso stato mentale con gli stessi movimenti”.
Telmo Pievani è poi entrato nel merito dell’evoluzione dell’altruismo. «In alcuni articoli recenti – ha affermato – si è avuta la conferma che le due soluzioni classiche per l’apparente paradosso dell’evoluzione dell’altruismo e dei comportamenti prosociali in natura (la “selezione di parentela e la “selezione di gruppo”) sono compatibili l’una con l’altra. Il risultato della loro integrazione è una possibile spiegazione dell’ambiguità tra la profonda attitudine alla cooperazione all’interno dei gruppi e la capacità di organizzare azioni ostili fra i gruppi, che ritroviamo nella specie umana e non solo».
Sempre sul tema della cooperazione, Antonello La Vergata ha sottolineato come «dalla teoria darwiniana della selezione naturale furono tratte molte e diverse applicazioni alla morale e alla società: non soltanto a giustificazione dell’individualismo e della concorrenza, ma anche in difesa della cooperazione e dell’altruismo». Tra coloro che maggiormente svilupparono queste ultime applicazioni: Pietro Kropotkin e, più in generale, la maggior parte dei pensatori e dei naturalisti russi.
Ha concluso le relazioni della prima giornata Giuseppe Testa portando avanti un’interessante confronto tra i metodi della psicologia e quelli dell’etologia (lo studio del comportamento animale) ed evidenziando come siano diversi, nelle due discipline, i concetti di “scientificità”.
La giornata successiva è stata aperta da Elisabetta Visalberghi e Arianna De Marco, che hanno esposto i risultati dei loro studi sulle espressioni facciali del Cebo dai cornetti e del Cebo cappuccino, espressioni facciali che sono state anche messe in relazione con le diverse organizzazioni sociali delle due specie di scimmie.
Marco Celentano ha poi spiegato come l’etologia comparata e l’etologia culturale abbiano «ormai ampiamente dimostrato l’inadeguatezza delle rappresentazioni tradizionali dello “specifico umano” e del suo alter ego, l’“animale”: l’immagine classica dell’ “animale”, ameba, lombrico o scimpanzé che fosse, come mero contraltare dell’umano, elenco di tutto ciò che secondo la tradizione antropologica è presente in noi e mancante nelle altre creature». Secondo il relatore «l’antropologia filosofica appare, invece, almeno in Italia, in grave ritardo rispetto a questi sviluppi». Occorre, quindi «ripensare e rivoluzionare l’antropologia filosofica, liberandola da antichi presupposti idealistici e antropocentrici» e, nel contempo, portare avanti «una rifondazione critica dell’etologia umana: un emanciparsi di questa disciplina dall’impostazione programmaticamente riduzionista e determinista che caratterizzò i suoi esordi»
Elliot Sober è ritornato a Darwin, evidenziando come «nell’ “Origine delle specie”, egli discusse dell’esistenza delle caste sterili negli insetti sociali e dei pungiglioni dentellati delle api come esempi di tratti evolutisi per il fatto di essere benefici per il gruppo. Nel suo ultimo libro, “L’origine dell’uomo”, disse la stessa cosa a proposito della moralità umana. Darwin non distinse chiaramente fra selezione di famiglia, di parentela e di gruppo, ma gli esempi che discusse sono utili per capire come questi concetti moderni siano collegati gli uni con gli altri».
Simone Macrì, soffermandosi sul contributo darwiniano alla moderna psicologia comparata, ha osservato che «ogni nuova scoperta, in ambito di malattie psichiatriche, che preveda l’utilizzo di specie animali da laboratorio (roditori e scimmie in particolare), presuppone che queste ultime siano in grado di percepire e di esibire emozioni che, un tempo, erano ritenute prerogativa dell’uomo. L’assunto di partenza è che, così come specie diverse mantengono analogia e omologia funzionale per alcuni tratti morfologici, al tempo stesso, un elevato isomorfismo (descritto come somiglianza tra due o più specie diverse per un dato tratto) possa essere osservato anche in ambito emotivo».
Stefano Canali ha parlato della dipendenza, con particolare riferimento alla tossicodipendenza. «La questione se la dipendenza sia compresa meglio come malattia o in quanto condizione morale – a suo parere – resta aperta, e conseguentemente rimane controverso il grado di responsabilità delle azioni di un soggetto dipendente». Si tratta però, secondo Canali, di un falso dilemma: «la dipendenza può essere intesa allo stesso tempo come patologia del cervello (una condizione biologica) e come fatto morale».
Apertamente polemico con Elliot Sober è stato l’intervento di Michael Ruse, secondo cui la selezione, per Darwin, agirebbe solo sul singolo individuo. Diversamente, Emanuele Coco, parlando dei contributi scientifici forniti dal grande naturalista Hamilton (1936-2000),
ha concluso affermando che «se il dilemma dell’altruismo è stato sciolto, un’altra questione resta aperta: come possono esistere individui malvagi?».
Ultimi interventi della seconda, intensissima, giornata, quello di Klaus Scherrer, che ha descritto la natura e le funzioni delle emozioni (con particolare attenzione alla natura dinamica degli episodi emotivi e alla sincronizzazione dei canali di risposta), e quello di Alfonso Troisi, esponente della “psichiatria darwiniana”, che ne ha spiegato i fondamenti.
Secondo tale scuola, «ogni specifica situazione che abbia una qualche rilevanza per l’adattamento biologico suscita una risposta emotiva. Attraverso l’emozione l’individuo è in grado di valutare la “qualità” della situazione stessa. Nelle situazioni positive l’individuo risponde con emozioni piacevoli, in quelle negative con emozioni spiacevoli. La capacità di provare emozioni piacevoli non si è evoluta come fine in sé ma piuttosto come segnale interno per informare l’individuo della qualità biologicamente positiva della propria condotta e delle circostanze ambientali. Analogamente, il dolore mentale si è evoluto per salvaguardare la sicurezza biologica e in determinate circostanze il suo ruolo adattativo è essenziale, anche se questo si traduce in un livello di sofferenza individuale particolarmente gravoso».
Mercoledì 29 è stata la volta di Randolph Nesse, il cui intervento si è incentrato su come la selezione sociale nascosta modelli la capacità umana verso l’altruismo.
«La scoperta del fatto che la selezione opera a livello dei geni – ha sostenuto – ha portato a una crisi dell’identità morale degli uomini. Tale crisi persiste nonostante il riconoscimento dell’importanza della selezione di parentela, della reciprocità e degli effetti della reputazione fra individui. L’altruismo genuino sembra inesplicabile, se non come errore o come capacità imposta dalle organizzazioni sociali umane. Nonostante ciò, è facile osservare azioni altruistiche condotte senza probabilità di ricompensa». Come possono essere spiegate? «La selezione sociale nascosta può modellare tratti sociali estremi legati ai benefici dell’essere scelti come partner sociali (soci, confidenti o amici), così come tratti morfologici estremi possono essere modellati dalla selezione sessuale per i vantaggi legati all’essere scelti come partner. La selezione sociale nascosta può spiegare le emozioni che rendono possibili amore e amicizia» .
Al suo intervento ha fatto seguito quello di Fabio Zampieri che ha parlato, innanzitutto, delle teorie che prima di Darwin erano comunemente accettate per spiegare le emozioni (anche se con particolare riferimento alla collera). «La teoria più complessa delle emozioni fu elaborata all’interno del sistema dei quattro Temperamenti, a sua volta basato sull’umoralismo, nel quale si trova il Temperamento Collerico strettamente legato alle emozioni della collera e della rabbia. Tale sistema è resistito quasi inalterato nella scienza medica da Ippocrate (400 a. C.) fino al XVIII secolo. Nel corso di quest’ultimo secolo non potè resistere allo sviluppo dell’anatomia patologica che causò l’eclissi dell’umoralismo, ma fu rielaborato nel sistema anatomico dei Temperamenti. Qui troviamo il Temperamento Bilioso caratterizzato dalle emozioni della collera e della rabbia. In seguito alla nascita del darwinismo, in medicina si ripropose un nuovo sistema di Temperamenti focalizzato sul concetto di Costituzione Biologica (1880-1940)».
Concetto ora pressoché abbandonato che il relatore tende, sia pure molto prudentemente, a rivalutare.
Matteo Borri si è poi soffermato sull’etica come capacità cognitiva. «L’attuale prospettiva delle neuroscienze cognitive, incentrata su un alto grado di integrazione di domini disciplinari offre - secondo lo studioso - contributi specifici per approfondire quanto proposto da Darwin».
Alexander Rosenberg, infine, ha tentato di dimostrare «quanto sia difficile per una visione darwiniana della moralità adottare una qualche prospettiva che non sia nichilista». In tale contesto ha esaminato «i diversi tentativi di evitare questa prospettiva» e proposto «l’idea che questo carattere indesiderato possa essere mitigato da alcune scoperte importanti di Darwin e altri circa la natura dei vincoli morali umani».
Un convegno di eccellente livello scientifico, come, purtroppo, se ne vedono pochi in Italia.