Syntess di Bollate, di Ilaria Leccardi (n°95)
Un esperimento di gestione operaia
Sessantadue operai che guidano una fabbrica tessile. Un sistema di gestione che non viene calato dall’alto ma sorge all’interno del luogo di lavoro, tra le macchine, grazie ad assemblee e riunioni di settore. Non siamo in Argentina, ma a Bollate, periferia nord ovest di Milano, dove il 6 marzo 2006 la ex Timavo & Tivene si è trasformata in Syntess, fabbrica autogestita.
«La decisione di tentare la strada dell’autogestione è nata in poche ore – spiega Paolo Castellano, responsabile del personale -. Dopo un weekend di fuoco in cui i vecchi proprietari ci hanno abbandonato, le alternative di fronte a cui ci siamo trovati erano accettare la cassa integrazione, oppure provarci. E noi abbiamo scelto la seconda». La Syntess non è una cooperativa, ma una società di capitali, nata grazie alla Provincia di Milano, che ha dato 200 mila euro destinati inizialmente ad un eventuale ricollocamento dei lavoratori, e al contributo degli stessi operai che hanno versato le loro quattordicesime, in tutto 30 mila euro.
La fabbrica nasce nel 1958 su un’area di 25 mila metri quadri, 15 mila dei quali coperti, proprio nel centro di Bollate. E’ impegnata nella cosiddetta "nobilitazione tessile", il momento della lavorazione dei tessuti che precede il confezionamento dei capi. Lo stabile, comprende una parte di laboratorio chimico, e due di lavorazione: l’area tintoria e l’area finissaggio. Grandi macchine, alcune simili a lavatrici, altre a giganti ferri da stiro, che lavorano senza sosta. Si producono tessuti in cotone, materiale tessile per la biancheria intima, ma anche pail e tessuti felpati.
A partire dagli anni Ottanta, quando a Bollate i dipendenti sono circa 250, la Timavo & Tivene, proprietaria anche di uno stabilimento in provincia di Treviso e uno in provincia di Bologna, è coinvolta nelle ripetute crisi del settore tessile. Dopo quella pesante del 2002, nel novembre 2004 la situazione precipita. I proprietari decidono di chiudere gli stabilimenti di Bologna e Bollate. Ma gli operai lombardi non ci stanno e iniziano a battersi per mantenere il posto di lavoro.
Nel marzo 2005, grazie all’impegno di un vecchio socio, nasce la Tintoria di Bollate. I lavoratori, che dopo le ondate di diminuzione del personale negli anni sono rimasti una novantina, vengono assunti con contratti a termine di un anno e per alcuni mesi la nuova fabbrica mantiene un bilancio in attivo. Ma a novembre il nuovo crollo. Il vecchio socio, anziano e incerto sulle prospettive future, decide di abbandonare.
A inizio marzo 2006, in concomitanza con la scadenza dell’anno di contratto a termine, sembra che la vecchia ditta Timavo & Tivene possa riprendere l’attività, ma all’ultimo straccia l’accordo. E così i lavoratori decidono di prendere la fabbrica in mano. Il tutto si sviluppa anche grazie al sostegno fondamentale della Filtea-Cgil (Federazione Italiana Lavoratori Tessili) e del suo segretario generale di Milano, Giuseppe Augurusa, impegnato fin dall’inizio nelle trattative con la vecchia azienda e guida per gli operai nel momento della scelta.
In un anno e mezzo di attività la Syntess ha ridotto il personale, per alleggerire i costi di gestione. Ma senza licenziamenti. Alcuni lavoratori sono stati ricollocati in altre fabbriche della zona, i più anziani hanno usufruito della possibilità del prepensionamento. Ora sono rimasti in sessantadue, la metà donne. «Non è stato semplice e non è semplice tuttora – continua Castellano -. Abbiamo dovuto riaccendere i macchinari dopo alcuni mesi di inattività e ritrovare la fiducia dei vecchi clienti, che in parte si erano già rivolti ad altre aziende». Il consiglio di amministrazione è composto da un amministratore esterno e da due lavoratori. Ma è tutto l’insieme degli operai-soci a partecipare alla gestione dell’azienda, tramite riunioni di settore a diverso livello. I primi mesi di attività i conti sono andati in positivo. Oggi la situazione è un po’ più critica, ma le difficoltà dipendono soprattutto dai brutti momenti che il settore tessile attraversa periodicamente. «Produciamo 5 mila chili di merce al giorno, a fronte di una potenzialità di 15 mila», dice un po’ preoccupato Castellano.
Ma gli operai della Syntess hanno un progetto ben chiaro in mente, che comprende anche l’abbattimento dei costi energetici. E’ per questo che hanno cercato un partner che li potesse aiutare, sia dal punto di vista della capitalizzazione che da quello del risparmio di energia. E lo hanno trovato in TeSI, società di servizi energetici che è entrata nel capitale sociale della Syntess e ha costruito una nuova centrale energetica funzionante con il sistema di cogenerazione del vapore. Questo permetterà un risparmio notevole alla fabbrica, ma soprattutto la possibilità di vendere energia alla città di Bollate.
«L’ostacolo più grande ora è far comprendere a tutti l’importanza di partecipare. Molti operai si sono responsabilizzati e lavorano bene. Ma ogni tanto capita che la produzione non sia fatta al meglio. E noi questo non ce lo possiamo permettere. A volte ci è toccato anche prendere dei provvedimenti disciplinari». Una visione che rende questi lavoratori, forse anche un po’ inconsapevolmente, esempi di un discorso sociale avanzato, fatto di responsabilità e partecipazione collettiva.
«Oltre a un po’ di follia e a molto coraggio – prosegue Castellano – è necessario un gruppo di persone che sappia trascinare la lotta. Un gruppo che sia credibile all’interno della fabbrica ma anche nelle relazioni con l’esterno. Abbiamo avuto una certa visibilità mediatica, ora però l’importante è che venga dato un quadro legislativo alla nostra situazione, che per ora in Italia è unica, ma non è detto che lo rimarrà».