Canzoni d’amore o canzoni da amare?, di Alessio Lega (n°156)
...ma dico io
possibile che si possano cantare solo canzoni d’amore?
Intendo dire di quelle canzoni che vanno per radio, quelle dei cantanti che appaiono in TV, quelli accreditati a rappresentare “la canzone italiana”: gli “erosramazzotti”, “biaggiontonacci”, e compagnia cantante... Questi qui insomma, non hanno altro da dire ché declinare le centomila sfumature del loro grigio sentimento? No, perché fossi l’Amore mi verrebbe l’angoscia. Possibile che non ci sia alcun altro argomento, alcun fantasma, alcuna ossessione degna di essere cantata?
Ma non dico mica di fare le canzoni di protesta, impegnate e rivoluzionarie. Ma anche solo avere il proprio punto di vista sull’acqua che esce o non esce dalle tubature, sul traffico cittadino, sul ritardo del treno. Possibile che la vita per radio si riduca a un solo aspetto, per quanto importante?
Mi fa ridere quando mi definiscono “cantante impegnato”, “cantautore politico”, “cantore anarchico”, come se fossi io che tratto solo quell’argomento. Ma io le ho fatte, le faccio, le registro e le canto le mie canzoni d’amore. Solo che non faccio solo quelle, perché non è quella l’unica cosa di cui parlo. Sono loro i cantori monotematici!
Che forse poi questo girare attorno ad un unico tema non è cantare l’amore. Forse è solo un esercizio retorico, e nulla di ciò che viene detto in queste canzoni è veramente passato dal cuore di chi le scrive. Forse le vere canzoni d’amore sono quelle che escono dalla bocca di chi non le scrive mai.
Caro Diario libertario,
a me le canzoni d’amore fatte così - un tanto al chilo – m’hanno sempre dato l’orticaria. Mi pare che queste canzoni d’amore contengano pochissimo amore per chi queste canzoni dovrebbe poi ascoltarle, pochissimo amore per la canzone stessa, ridotta a vuota passione, a esercizio enigmistico con le stesse eterne domande e le stesse scontate risposte. Petali di un fiore finto, sfogliati e riincollati a uso e consumo del conto in banca di autori/editori.
Perciò un bel giorno mi sono detto: basta con le “canzoni d’amore”, vogliamo “canzoni da amare”.
La canzone dovrebbe diventare oggetto di un po’ più di rispetto, come un attrezzo utile a qualcosa, come un’onesta sedia messa assieme da un onesto artigiano. “Essere utile a qualcosa” ecco un sogno modesto e folle che carezzo quando canto una canzone.
Ho scritto allora una canzone/manifesto. Non è un genere molto frequentato, ma penso che questa canzone sia una sorta di “prefazione”, di vademecum, di “ars poetica”. Le canzoni da amare sono quelle che parlano della vita intera, mica solo di un suo pezzettino…