Dove stiamo andando? di Luciano Nicolini (n°249)
Le manovre del governo Draghi lasciano assai perplessi…
Il cambiamento climatico
Da diversi anni a questa parte qualcuno mi invia, con cadenza quasi settimanale, le esternazioni di Alfiero Grandi (tratte dal suo sito internet).
Non sempre le leggo, forse per un’antica diffidenza nei confronti di chi ha militato a lungo prima nel vecchio Partito Comunista Italiano e poi nella CGIL (organizzazioni che considero per larga parte responsabili del disastro della sinistra italiana), ma l’esternazione del 29 novembre, intitolata “PN RR. Gli interessi esistenti puntano ai soldi, il clima è a rischio”, mi è sembrata subito interessante.
«La recente riunione del G20 a Roma, e a ruota la Cop 26 a Glasgow, - scrive Grandi - hanno condiviso sia l’allarme degli scienziati ONU che hanno redatto una valutazione drammatica della crisi climatica del nostro pianeta, se non viene fermata in tempo», sia l’obiettivo di mantenere l’aumento della temperatura entro livelli accettabili.
«Certo, gli appuntamenti internazionali hanno dimostrato una debolezza preoccupante nel definire con chiarezza tempi e obiettivi indispensabili per mantenere entro 1,5 gradi l’aumento della temperatura. Obiettivo che non riguarda qualcuno di noi ma l’esistenza stessa del genere umano sul pianeta (…)». Inoltre, «concluse le conferenze in cui vengono lanciati gli allarmi e si discute su cosa fare e quando, riemergono le resistenze, i non detti, i tentativi di bloccare le innovazioni, quasi fossero scelte che si possono fare o non fare. È una classica miopia, di solito attribuita alla politica ma oggi attribuibile ancora di più ad interessi precisi, a settori dell’economia, a manager e amministratori delegati che puntano ad usare le risorse straordinarie del PNRR senza prendere impegni per realizzare i cambiamenti necessari nel tempo più rapido possibile».
Le affermazioni sopra riportate a proposito del rischio di estinzione del genere umano sono forse un po’ esagerate, ma è piuttosto probabile che, se non si cambia rotta, si vada davvero verso danni incalcolabili, mentre è chiaro che le recenti manovre del governo Draghi sono più rivolte al sostegno degli industriali che alla difesa dell’ambiente (che è poi la difesa dell’umanità, perché l’ambiente si difende benissimo da solo…).
«Questa sorda resistenza – prosegue Grandi - è forte e sostanzialmente conservatrice, e si ammanta di motivazioni come la preoccupazione per quanto potrebbe accadere ai più deboli, ai lavoratori, all’occupazione. È evidente che una transizione ecologica seria pone problemi, che vanno risolti, pretende risposte per le aree più deboli ed esposte, ma questo deve obbligare tutti ad adottare i provvedimenti necessari nella consapevolezza che, se la temperatura andasse oltre, i costi economici ed occupazionali sarebbero molto più alti, quelli ambientali e umani insopportabili». (…)
Secondo quanto riportato nel suo scritto: «Una delle grandi agenzie di rating (…) Deloitte ha presentato uno studio (Italy’s turning point) che individua nel 2043 l’anno in cui i benefici della transizione ecologica in Italia supereranno i costi, a condizione che il riscaldamento climatico globale non superi 1,5 gradi. (…) Lo studio di Deloitte prosegue affermando che se l’Italia rafforzasse ulteriormente il proprio impegno sul fronte della decarbonizzazione, con adeguati investimenti e ricerca nel prossimo decennio, sarebbe uno dei primi paesi europei a raccogliere i benefici della transizione ecologica». E conclude che «raggiungere la neutralità climatica è un imperativo economico, mentre una crescita della temperatura oltre 1,5 gradi avrebbe conseguenze non solo ambientali ma economiche catastrofiche. Quindi non abbiamo scelta».
Il nucleare
In tale contesto, come se non bastasse quanto accaduto in Giappone, rispunta, ancora una volta, la richiesta di energia nucleare: «la Francia, – scrive Grandi - alla testa di una pattuglia di paesi europei, sta spingendo per ottenere il riconoscimento del nucleare come energia rinnovabile, quindi finanziabile dal Next Generation Eu. (…) Bisogna evitare che in questa transizione tedesca, tra vecchio e nuovo governo, arrivino forzature sul nucleare» che «non è né può essere spacciato per una energia rinnovabile come il fotovoltaico, l’idroelettrico, l’eolico, ecc. (…).
Ormai è noto che le rinnovabili sono oggi una parte importante della produzione di energia e il loro costo è ormai inferiore alle altre fonti. (…)
Il problema torna tutto politico e riguarda il governo. (…) Quali sono gli interventi straordinari del governo, quale il suo piano? Quanti gli investimenti e quando? Il PNRR gestito per bandi senza una visione politica di insieme, per obiettivi, non funziona».
Informatica e telematica
In verità ho l’impressione che una visione politica di insieme, nelle manovre di Draghi, sia presente.
Dietro gran parte dei progetti che s’intendono finanziare con il pretesto della transizione ecologica vi è infatti la spinta a una sempre maggiore informatizzazione e telematizzazione di ogni aspetto delle attività umane. Molti ritengono che informatizzazione e telematizzazione possano ridurre i consumi e la mobilità contribuendo a quella “difesa dell’ambiente” della quale ho sin qui parlato: è chiaro infatti che se dieci persone partecipano a una riunione a distanza, anziché trasferirsi tutti in aereo nel luogo della riunione, si realizza un risparmio energetico e una conseguente riduzione dell’inquinamento.
Ma è sempre vero che informatica e telematica sono “amiche dell’ambiente”?
A me risulta che l’uso dei computer abbia spesso aumentato, e non diminuito, l’impiego della carta; e mi domando a quale variazione dei consumi energetici porterà, ad esempio, l’implementazione della robotica telecomandata.
Lascio volentieri questi calcoli agli esperti. Ciò che posso constatare personalmente è che l’introduzione di tali tecnologie ci porta a vivere in un mondo che è sempre meno a misura d’uomo e in cui il potere, con i suoi tentacoli, ci minaccia sempre più da vicino. Sa tutto di noi: dove siamo, quanti soldi abbiamo, che cosa compriamo, che malattie abbiamo, che farmaci usiamo, che cosa diciamo, di cosa ci interessiamo.
È grave tutto ciò? Non tanto, per chi, come me, crede nella trasparenza. Ma certamente è molto pericoloso.
Ritengo assai preferibile che la riduzione dell’inquinamento venga ottenuta attraverso la diminuzione (ovviamente volontaria) della fecondità e, conseguentemente, della popolazione (otto miliardi di persone sono troppe per questo pianeta!), l’eliminazione delle numerose attività completamente inutili e della obsolescenza programmata, la riduzione degli sprechi.