Il crollo degli imperi centrali: l’Europa all’angolo, di Domenico Secondulfo (n°256)
Ancora una volta mi permetto di riprendere il titolo ispirato a un capitolo della famosa “Trilogia della fondazione” di Asimov. Gli “imperi centrali” sono naturalmente l’Europa, centrale dal punto di vista geopolitico per secoli; se non geograficamente sicuramente nel proprio immaginario, nutrito di imperialismo, come possono dimostrare le mappe che si sono succedute nel tempo, tutte con l’Europa al centro e spesso con i vari paesi del mondo colorati a seconda dell’appartenenza coloniale.
Nella mia prima riflessione di qualche tempo fa cercavo di analizzare la spirale di decadenza in cui si era infilata, ineluttabile nel momento in cui da centro del mondo diviene un attore come gli altri. Ecco, quella spirale di decadenza ha recentemente fatto un salto di qualità: come insegna la teoria delle catastrofi, tutto si muove lentamente, accumulando potenziale, sinché un piccolo evento trasforma velocemente tutto il sistema e lo porta a un nuovo stato di, parziale, equilibrio, espressione del potenziale che si era accumulato nella fase “silente”; questo salto di qualità è il conflitto ucraino. La guerra, con la sua funzione di detonatore economico-sociale, oltre che politico, consolida il potenziale negativo accumulato durante gli anni precedenti. Il casus belli ucraino ha trascinato l’Europa in una guerra a distanza con la Russia, potenza con la quale aveva da tempo avviato una strategia di convivenza e scambi economici. E quanto fosse profonda questa convivenza lo stanno dimostrando le conseguenze delle sanzioni imposte alla Russia, gravi anche per l’economia europea; per non parlare delle contro-sanzioni. E che l’Europa sia stata “tirata dentro” questa situazione lo si vede chiaramente da come si è fatta trovare impreparata a far fronte alle ovvie ritorsioni per il sostegno offerto all’Ucraina.
Biden, dopo la figuraccia in Afghanistan, aveva necessità di un’epopea militare che lo rimettesse a lucido: l’Ucraina è stata la soluzione perfetta. Lottare contro il nemico più presente nell’immaginario americano, per la democrazia e la libertà, naturalmente, lottare in sub appalto, mandando armi (ossigeno per l’industria militare USA) ma non soldati. Non a caso uno dei commenti più diffusi sulla strategia di Biden è “lotteremo sino all’ultimo ucraino”. Inoltre questa soluzione si presentava come i classici “due piccioni con una fava”, rimettendo il “commander in chief” sulla tolda della Victory e frustrando le strategie disinvolte dell’Europa rispetto al resto del mondo ed in particolare all’asse Russia-Cina. Ciascuno torni al suo posto. Come accade in ogni disaster movie, dopo un avvio in cui le gerarchie sono sovvertite da piccole ribellioni individuali, la catastrofe rimette tutto a posto. Il nerboruto di turno salva i bricconcelli e questi si mettono in riga sotto la sua ala (si veda ad esempio “2012”). Dal punto di vista europeo ciò significa inflazione, calo della forza produttiva, impoverimento e regressione sociale, accantonamento delle strategie geopolitiche per più urgenti problemi di sopravvivenza e rientro con la cenere sul capo nella sfera di dominanza americana sia politica che economica. Un risultato non difficile da immaginare sin dall’avvio del conflitto, vista la martellante propaganda interventista scatenata dai media italiani soprattutto ed europei e le prese di posizione di Biden che, da subito, hanno reso la via dei negoziati diplomatici poco percorribile. Per l’Europa il canto del cigno, impoverita, con un’Unione Europea densa di paesi allineati con la politica americana, come quelli entrati “d’urgenza” proprio grazie alla crisi ucraina, con una America avviata a una stagione di tensioni sociali e magari guidata da qualcuno non con i problemi di Biden che, magari, ci lascia a piedi per dedicarsi ad altre vicende più urgenti (interne ed esterne). Con i problemi di regressione economica e sociale accumulatisi nel decennio ed ora consolidati in un nuovo, peggiore, equilibrio. Intanto per osteggiare la Russia abbiamo stretto accordi con Stati sino a ieri (giustamente) vituperati perdendo la faccia, se ancora ne avevamo una (vedi gli accordi con la Turchia sui Curdi). Ecco, gli imperi centrali li lasciamo ai libri di storia, voltiamo pagina e accomodiamoci sul gradino (bassino) che ci spetta nel nuovo ordine mondiale. Questo per l’Europa, riguardo all’Italia lascio alla fantasia del lettore immaginare quale sia il gradino che ci aspetta.