Dove va l’Europa? di Luciano Nicolini (n°274)
Le elezioni per il parlamento rappresentano un test interessante
Quando leggerete questo articolo, probabilmente, l’esito delle elezioni per il rinnovo del parlamento europeo sarà già noto e, comunque vadano le cose, nessuno sarà rimasto particolarmente sconvolto (dato che si tratta di un organo che ha prevalentemente funzioni consultive).
L’analisi del voto sarà tuttavia utile per capire in quale direzione sta andando l’Europa: ciò avrà ripercussioni anche in Italia e forse per questo, nel nostro paese, quasi tutti i partiti hanno indicato i loro leader quali capilista (cosa assai scorretta, dato che, presumibilmente, nel caso venissero eletti lascerebbero il seggio ad altri candidati che non sono stati scelti dal popolo).
La legge elettorale
La legge europea prevede che tutti i paesi membri usino in questa occasione un sistema elettorale proporzionale, un sistema cioè che assegni ai partiti che partecipano alla competizione un numero di seggi proporzionale a quello dei voti ottenuti.
Questo con riferimento a ciascun paese. Occorre però tener presente che, contraddicendo tale principio, la legge garantisce a ciascuno dei paesi membri un numero totale di seggi che non è strettamente connesso alla numerosità della popolazione: conseguentemente il voto di un cittadino maltese, ad esempio, vale assai più di quello di un cittadino italiano.
È inoltre da segnalare la presenza di una soglia di sbarramento piuttosto alta: i partiti che all’interno di un singolo paese ottengono una percentuale di voti modesta (in Italia inferiore al 4%) non possono avere rappresentanti nel parlamento.
Tutti europeisti?
Prima di chiedersi dove va l’Europa, è lecito domandarsi se ai cittadini europei interessa davvero far parte dell’Unione Europea.
Secondo un recente sondaggio Ipsos Euronews, la maggioranza degli intervistati (62%) giudica positivamente l’appartenenza del proprio paese all'Unione, mentre il 15% ha un’opinione negativa e il 23% non ha in merito una posizione precisa. Le percentuali, ovviamente, variano da luogo a luogo: in Italia, per esempio, soltanto il 51% delle persone intervistate si è detto favorevole a tale appartenenza e, forse, non è un caso…
Quanto agli Inglesi, come è noto, sono usciti recentemente dal sodalizio, e non sembrano particolarmente pentiti della loro decisione.
Tutti socialisti?
Secondo i recenti sondaggi dell’Ipsos, molti tra i cittadini dell’Unione Europea (il 64%) desidererebbe una riduzione delle disuguaglianze sociali mentre soltanto l’8% sarebbe contrario: insomma, il socialismo non è morto, ma dei socialisti, a quanto pare, sono in pochi a fidarsi. Paradossalmente, sembrano infatti essere i partiti di estrema destra a guadagnare il favore degli elettori, e ciò in quasi tutta l’Unione Europea.
In Francia, ad esempio, il Rassemblement National potrebbe conquistare più voti del partito del presidente Emmanuel Macron (Renaissance). E l’estrema destra è forte anche in Belgio con Vlaams Belang, il partito separatista fiammingo, e in Olanda, con il cosiddetto “Partito per la Libertà” di Geert Wilders.
Riuscirà la coalizione composta dal Partito Popolare Europeo (PPE) di centrodestra e da Renew Europe (che include socialisti, democratici e liberal - democratici) a mantenere la maggioranza nel nuovo parlamento?
Il quadro istituzionale
Intendiamoci, uno spostamento a destra del quadro istituzionale europeo non muterebbe in modo sostanziale le politiche dei singoli governi e dell’Unione: le scelte importanti si fanno altrove, dietro le quinte del teatrino della politica. Sul palcoscenico gli attori improvvisano, talvolta con maestria, spesso con frizzi, lazzi ed altri effetti comici, ma il canovaccio è fornito da chi conta realmente (non soltanto i detentori del capitale e coloro che lo gestiscono, ma anche i detentori dei poteri reali, primo fra tutti quello militare).
È però possibile, e già ne vediamo qualche avvisaglia, che un eventuale spostamento a destra del quadro istituzionale possa portare a una più intensa repressione del dissenso, o quantomeno di quello più radicale: occorre stare in guardia!
Un altro effetto di uno spostamento a destra del quadro istituzionale europeo potrebbe essere il maggiore impegno nelle guerre in corso. Non si può tuttavia fare a meno di notare che anche l’attuale maggioranza non è pacifista: i verdi tedeschi e i socialdemocratici di quasi tutti i paesi membri sembrano spesso più guerrafondai dei partiti dell’estrema destra.
Sotto quest’ultimo punto di vista, come dicevano Gigi e Andrea: “Se tutto va bene siamo rovinati”.