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Categoria: Dibattiti e opinioni
Creato Sabato, 01 Giugno 2024

CarcereA proposito di Pifferi e pifferai, di Luciano Nicolini (n°274)

Qualche anno fa andai a prendere un caffè in un bar situato nei pressi della casa in cui abito. Il barista, parlando del più e del meno con un avventore, disse che la sera prima aveva visto in televisione un documentario dedicato a un uomo che aveva la strana abitudine di uccidere le donne anoressiche. 

Dopo aver scherzato con sua moglie (cicciottella) dicendole che lei di certo non correva rischi, il barista aggiunse: “Hanno detto che quell’assassino non è matto. È una persona perfettamente sana di mente!”

Mi venne spontaneo dire: “Beh, mi pare che tanto sana di mente non sia”. E il barista, sorridendo, non potè che darmi ragione.

Chiacchiere da bar…

Vediamo invece che cosa ha scritto Morena Zapparoli su Il Fatto Quotidiano del 14 maggio:

«Nel primo pomeriggio di ieri è stata emessa la sentenza di primo grado di condanna all’ergastolo per Alessia Pifferi: i giudici di Milano l’hanno considerata colpevole di aver volontariamente cagionato la morte della figlioletta, la piccola Diana che all’epoca dei fatti aveva solo 18 mesi e morì di fame e di sete dopo essere stata abbandonata sola a casa nel torrido luglio di due anni fa. A nulla sono valsi i tentativi della difesa di dimostrare che la trentasettenne soffriva di gravi disturbi psichici  fin dall’infanzia in quanto la documentazione fornita all’avvocato Alessia Pontenani non è stata sufficiente a confutare la tesi che Alessia Pifferi abbia agito nel pieno possesso delle sue facoltà mentali quando decise di andare a trascorrere una settimana nella bergamasca a casa del suo compagno dell’epoca lasciando la piccola Diana in un lettino da campeggio insieme ad un solo biberon di latte e un paio di bottigliette di acqua e the.

Quello che l’accusa ha sempre messo in evidenza nel corso di questo processo è  la lucida freddezza con cui Alessia Pifferi ha volutamente anteposto i propri interessi e il proprio divertimento al benessere e alla cura di una bambina che rappresentava solo un ostacolo al raggiungimento dei propri scopi». (…)

«Un altro elemento che probabilmente ha portato il tribunale di Milano alla decisione del fine pena mai per questa madre è stato il fatto che la Pifferi è stata considerata pienamente capace di intendere e volere dalla perizia super partes redatta dal dottor  Elvezio Pirfo e che la condotta da prendere in esame sia stato il suo comportamento all’epoca in cui è stato commesso il fatto e non nei primi anni Novanta, periodo nel quale frequentava le scuole e manifestava quelli che, secondo l’avvocatessa Pontenani, erano gravi handicap e disturbi cognitivi». (…)

«Per tutti questi motivi anche la Corte d’Assise ha deciso che, nonostante il materiale fornito dalla legale Pontenani, la perizia  psichiatrica redatta dal dottor Pirfo non necessitava di alcuna integrazione. In definitiva questa terribile vicenda che ha sconvolto l’opinione pubblica dell’intero Paese ha avuto, almeno in primo grado, un esito che, per usare parole simili allo stesso pubblico ministero, ha rimesso al centro dei fatti l’unica vera vittima ovvero la piccola Diana, morta sola e abbandonata con la sua sofferenza e l’innocenza di una creatura che non aveva chiesto a nessuno di essere messa al mondo».

Non sono uno psichiatra ma, francamente, che quella donna sia sana di mente e pertanto “meriti l’ergastolo” per “espiare la sua colpa” mi sembra piuttosto improbabile. Di certo non la lascerei andare in giro come se niente fosse accaduto, ma ritengo che una condanna più lieve, accompagnata dall’offerta di un supporto psicologico, sarebbe stata più opportuna. Le condanne penali, a mio parere, devono servire a proteggere la persone indifese (come i bambini) non a far soffrire i colpevoli: siamo certi che fra  molti anni quella donna potrebbe rifare ciò che ha fatto?

 

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