Sulle elezioni in Sassonia e Turingia, redazionale (n°276)
La Germania, come tutti sappiamo, è uno stato federale: il primo settembre si sono svolte, in Sassonia e in Turingia, le elezioni per il rinnovo dei rispettivi parlamenti.
All’indomani, quasi tutti i giornali italiani hanno sottolineato con enfasi il trionfo della estrema destra. Ma le cose non stanno esattamente così…
La vittoria della destra in Turingia
Iniziamo con il parlare della piccola Turingia (poco più di due milioni di abitanti), dove Alternativa per la Germania (AfD), il partito di estrema destra che giustamente preoccupa tutti i sinceri antifascisti, ha effettivamente vinto le elezioni conquistando ben 32 seggi (dieci in più rispetto a quelli di cui disponeva in precedenza) e l’Unione Cristiano Democratica (CDU) 23 seggi (due in più).
Qui la vittoria della destra è innegabile ma, a guardarci bene, il dato più eclatante è forse l’affermazione della Coalizione Sahra Wagenknecht (BSW, di tendenza marxista) che, partendo da zero, ha conquistato ben 15 seggi, probabilmente sottratti alla Sinistra (Die Linke) che ne ha ottenuti soltanto 12 (perdendone diciassette); mentre il Partito Socialdemocratico (SPD) ne ha ottenuti 6 (due in meno di quelli di cui disponeva precedentemente) e i Verdi (Grünen), che ne avevano cinque, non ne hanno ottenuto nessuno.
Da evidenziare l’elevata affluenza ai seggi (73,6%), in aumento rispetto alle precedenti elezioni.
Il caso della Sassonia
Anche in Sassonia (circa quattro milioni di abitanti) l’affluenza ai seggi è stata elevata (74,5%), in aumento rispetto alle precedenti elezioni, ma le cose sono andate diversamente: la Unione Cristiano Democratica (CDU) ha ottenuto 41 seggi (quattro in meno rispetto a quelli di cui disponeva in precedenza) e Alternativa per la Germania (AfD), il partito di estrema destra, ne ha ottenuti 40 (due in più). Anche qui, dunque, la destra ha vinto ma, in buona sostanza, non è cresciuta.
La Coalizione Sahra Wagenknecht (BSW) invece, partendo da zero, ha conquistato ben 15 seggi. È vero che li ha tolti alla Sinistra (Die Linke), che ne ha ottenuti 6 (otto in meno rispetto a quanti ne aveva in precedenza), ai Verdi (Grünen), che ne hanno ottenuti 7 (cinque in meno) e al Partito Socialdemocratico (SPD) che ne ha ottenuti 10 (uno in meno), per cui i rapporti di forza, tra destra e sinistra non sono cambiati (il centoventesimo seggio è stato ottenuto dai Liberi Votanti), ma sembra innegabile che la vera vincitrice, in Sassonia, sia stata Sahra Wagenknecht.
Chi è? E perché non parlano di lei?
Nata a Jena nel 1969 nell’allora Germania Orientale, da padre iraniano e madre tedesca, si iscrisse al Partito Socialista Unificato di Germania (SED) all’inizio del 1989. Dopo la caduta del muro di Berlino, e la trasformazione del SED nel Partito del Socialismo Democratico (PDS), fu eletta nel 1991 nel Comitato Nazionale del nuovo partito, aderendo alla Piattaforma Comunista, una sua componente marxista, e nel 2004 divenne, per il PDS, europarlamentare.
In seguito alla fusione del PDS e del WASG, che portò alla nascita del Partito della Sinistra (Die Linke), conquistò un seggio alle elezioni federali del 2009 nella Renania Settentrionale -Vestfalia.
Nel 2023, dopo esserne stata per anni un’esponente di spicco, ha abbandonato Die Linke creando l’associazione “BSW – Per la ragione e la giustizia”, a cui hanno aderito immediatamente altri nove deputati del Bundestag, associazione che ha poi dato vita al partito Coalizione Sahra Wagenknecht (BSW), fondato in data 8 gennaio 2024.
A questo punto, il motivo per cui i mass-media controllati dalla destra, in Italia, non ne parlano, dovrebbe risultare chiaro: è meglio, per la destra post?-fascista, battere la grancassa sui successi di Alternativa per la Germania. Ma anche ai mass-media controllati dal PD fa comodo mettere l’accento sui successi dell’estrema destra tedesca: quando si è poveri di proposte, è meglio buttarla sulla (sacrosanta) paura del nazismo!
Qualche ulteriore considerazione
Le rare volte che parlano di Sahra Wagenknecht, i giornali controllati dal PD la definiscono “populista”, e attribuiscono il suo successo al fatto che molti Tedeschi sarebbero contrari alla “conversione ecologica” sostenuta dai Verdi e dal Partito Socialdemocratico. Ci può essere del vero in tali affermazioni, in quanto, come spesso abbiamo sostenuto su questa rivista, una conversione ecologica (soprattutto una vera conversione ecologica) comporta sacrifici (o perlomeno un minor livello di consumi) per tutti, lavoratori inclusi. Ma attribuire il successo della Wagenknecht al “populismo” sembra davvero troppo comodo…
Noi, come libertari, non nutriamo molta simpatia nei suoi confronti. Riteniamo però che una più attenta analisi dei motivi del suo successo sarebbe opportuna. Non è che, per caso, affronti problemi reali che da tempo la sinistra ha smesso di affrontare?