Consumi 2018, di Domenico Secondulfo (n°221)
Spigolando dal rapporto Coop
Potrebbe far sorridere riservare al rapporto sui consumi della Coop la considerazione tradizionalmente riservata a rapporti sullo stato del paese come quello del Censis o come quello dell’Istat, ma sarebbe un grave errore. Forse è ancora vero che il rapporto dell’Istat, anche per la base su cui può appoggiarsi, sia tuttora senza rivali, anche se l’Istat sta rivedendo i suoi sistemi di campionamento e quindi, probabilmente, tra un po’ non avrà più quella voce autorevole di un tempo, ma per il rapporto Censis naturalmente le cose sono completamente diverse, almeno per quanto riguarda i consumi. Già solo con le informazioni che un colosso come la Coop ha in casa può sopravanzare senza fatica gli altri istituti statistici. Inoltre, ogni rapporto Coop viene sviluppato con la consulenza di istituti di ricerca di fama mondiale, nel 2018 è stata la famosa Nielsen a dare una mano, ad esempio. Va comunque precisato che se sui consumi, Coop e Nielsen vantano possibilità e capacità innegabili, sugli scenari generali la loro visione, seppure autorevole, non può essere assoluta.
Per quanto riguarda il panorama generale, nel rapporto Coop, appunto, non c’è nulla di nuovo: la ripresa ineguale, l’aumento delle disuguaglianze sociali, la carenza di investimenti, la fragilità del sistema Italia, tutte cattive notizie già note.
Invece, quando si comincia ad andare sui consumi le cose cambiano e le informazioni si fanno mirate e rilevanti. Ad esempio, emerge con chiarezza, e nel nostro piccolo era riemerso anche dalle indagini dell’Osservatorio sui consumi di Verona, che ormai le famiglie riescono sempre meno a difendere i propri stili di vita attraverso strategie di acquisto, senza dover intaccare i risparmi accantonati. Nonostante il calo dei livelli di vita, il risparmio delle famiglie viene ad essere sempre più intaccato; dal 2000 ad oggi circa il 3% del reddito disponibile che in precedenza era destinato al risparmio, è stato bruciato per i consumi, e non poteva essere diversamente visto che il potere d’acquisto delle famiglie, dal 2007 ad oggi, è calato di un buon 9%. La quota di persone a rischio povertà è in costante aumento, così come lo è la quota di famiglie che deve passare a tagli lineari dei propri acquisti per poter arrivare a fine mese, e questo nonostante, a livello percettivo, il ricordo della crisi sia abbastanza sfumato e molte famiglie pensino di essere in una condizione di normalità, magari con anche qualche spiraglio di ottimismo (Osservatorio sui consumi delle famiglie di Verona).
Da questo punto di vista è molto carina l’analisi che il rapporto Coop ci propone sul tema del rancore, riprendendo anche le riflessioni del Censis che avevamo commentato in precedenza (circa un quarto degli italiani cova comunque notevole rancore e ha ancora una buona memoria di come si stava prima della crisi). Intanto, la lista nera del rancore è già, in generale, abbastanza interessante: in testa, naturalmente, i politici ma subito dopo banche e sindacati sono allo stesso livello, seguono Stato e Chiesa ed infine gli immigrati. Sorprende che qualcuno si ricordi dei sindacati, anche se per parlarne male. Se guardiamo la distribuzione nazionale del rancore, vediamo che i rancorosi sono, al Nord contro i politici e gli immigrati, al Centro se la pigliano con le banche (come non capirli), ed è qui che saltano fuori i sindacati, anche più vituperati della Chiesa, mentre a Mezzogiorno sono i concittadini e i vicini di casa il bersaglio del rancore, e questo la dice lunga sul tipo di capitale civico e di visione del mondo che, nonostante tutto, divide ancora in due il nostro paese.
Ma, tornando ai consumi, vediamo che dal 2000, rispetto ad aumenti dei consumi europei a due cifre, in Italia l’incremento è di appena il 3% nonostante, come dicevamo, le famiglie abbiano messo mano ai risparmi. Ma a cosa hanno rinunciato gli italiani in questi anni? Trasporti, elettrodomestici, alcolici e tabacco calano di percentuali a due cifre, e quasi del 10% anche gli alimentari, appena un calo del 5% per calzature e vestiario, perché anche se la pancia è vuota bisogna pur sempre ben comparire, anche se magari comperando vestiti di bassa qualità e basso prezzo anziché di buon livello. Boom dei consumi in comunicazione, in cui probabilmente ci sono anche i cellulari e le reti telematiche, e un buon 8% per i ristoranti che, come diceva Berlusconi, alla fine sono sempre pieni. Naturalmente, i cali e gli aumenti non riguardano necessariamente le medesime famiglie (non è detto che tutte mangino meno, ma si comperino il telefonino), anche se la spinta verso i vari tipi di consumo è sicuramente generale e dà un quadro complessivo attendibile, con una serie di restrizioni da alcune parti e invece maggiore tolleranza da altre.
Per quanto riguarda il cibo, ad esempio, la spinta sulla dieta da un lato e sulla diminuzione della quantità per puntare sulla qualità dall’altro, possono sicuramente favorire una diminuzione degli acquisti, anche alimentari, in un momento di difficoltà.
Passando alle distanze sociali, di cui i consumi sono un indicatore ancora migliore del reddito, il 20% più povero spende quattro volte meno del 20% più ricco e la casa è la maggiore idrovora di denaro per le famiglie italiane. Del resto la casa, e quasi il 70% degli italiani è proprietario di almeno una abitazione, è il classico benetrappola da cui è difficile fuggire anche se la tassazione aumenta, molto più rigido dell’automobile e quindi leva prediletta dal fisco, sia locale che nazionale.
Per l’automobile, invece, assistiamo ad un lento ma inesorabile calo di quello che era uno dei beni simbolo degli anni passati, è in costante aumento l’uso delle biciclette, anche se l’auto privata copre ancora più del 70% degli spostamenti quotidiani. Interessante notare, come sottolinea Coop, che si alza sempre di più l’età in cui si prende la patente: dai 18 anni e magari anche un po’ meno degli anni ’50 e ’60, andiamo verso i 22-23 anni attuali, indice sicuro di un disinteresse crescente tra i giovani e magari anche di un po’ di difficoltà economiche.
Dilagano invece i consumi di elettronica, soprattutto se legati agli smartphone, in cui gli italiani sono tra i più attivi e sensibili d’Europa, secondi soltanto ai francesi. Intanto, sul telefonino, si allargano le applicazioni di esibizione personale rispetto a quelle di comunicazione, se dieci anni fa erano soprattutto le applicazioni di comunicazione (Facebook o Skype) le più scaricate, oggi invece sono applicazioni come Tik Tok o YouTube.
Volgendo ora lo sguardo al cibo, inossidabile cespite di spesa nonostante il calo, se ne compra forse un po’ meno ma lo si cucina sempre di più in casa, sia per motivi economici ma anche per motivi ecologici, come la sicurezza di ciò che si mangia e degli ingredienti che vengono usati. Non a caso è in notevole crescita anche la fortuna dei punti di acquisto che saltano le filiere e danno un’idea di maggiore genuinità, come ad esempio i mercatini a chilometro zero.
Sul fronte dei consumi maggiormente pubblici e sociali, invece, il vecchio Stato del benessere è decisamente in affanno, il 20% delle famiglie italiane, lo scorso anno, ha dovuto fare rinunce anche sul fronte della difesa della salute, e la spesa privata per la salute veleggia ormai verso i 40 miliardi, concentrata soprattutto sui settori diagnostico e odontoiatrico.
Anche l’istruzione pubblica non se la passa benissimo, l’Italia è al quinto posto tra le nazioni europee in cui la spesa privata per istruzione è più alta. E allora, come ci si consola? La Coop ci suggerisce che l’uso della cannabis tra i più giovani vede l’Italia tra i paesi con maggior consumo d’Europa, e che il ricorso all’alcol vede un italiano su tre nella fascia dei consumi medioalti. Per quanto riguarda le nuove droghe, invece, più del 30% degli italiani soffre una dipendenza dallo smartphone quasi totale e un 20% è messo allo stesso modo per quanto riguarda le serie televisive, stabile invece consumo di sigarette, ed è ancora fortunatamente molto basso il ricorso alle scommesse organizzate o alle slot (dal 4 al 2%).
Fin qui un po’ di florilegio tratto, a mia unica responsabilità, da circa la metà del rapporto Coop 2018, come potete vedere la messe di informazioni è enorme, e se non c’è interesse diventa noiosissima, naturalmente se ci sarà interesse non ho alcun problema a fare un po’ di shopping nella seconda metà del rapporto e ricucinarlo per voi.