Legge di stabilità giallorosa, di Toni Iero (n°229)
Come tutti gli anni, a dicembre è stata approvata la legge che contiene i principali interventi del governo in campo economico
In sintesi, le principali misure approvate sono:
Credito d’imposta per gli investimenti in modernizzazione tecnologica per le imprese (il cosiddetto industria 4.0);
Un bonus a favore delle imprese che effettuano attività di ricerca e sviluppo;
Il taglio delle imposte sul lavoro dipendente (3 miliardi complessivi nel 2020, che diventano 5 nel 2021), cui si aggiungono alcune agevolazioni contributive per le imprese che assumono;
La plastic e la sugar tax (perché non le chiamano con nomi italiani?). Gli importi di queste nuove imposizioni si sono ridotti di molto nel corso del dibattito parlamentare;
La Robin Tax sui concessionari operanti nel settore dei trasporti. Una misura disegnata per i Benetton e la loro società che gestisce le autostrade;
Il Bonus Bebè con l’aumento delle risorse destinate agli asili nido;
Abolizione del Superticket per prestazioni sanitarie. Viene introdotto un sistema di riduzione delle detrazioni fiscali per i contribuenti con redditi tra 120.000 e 240.000 euro annui (sopra i 240.000 euro non si avrà più diritto a detrazioni fiscali con l’eccezione di quelle legate alle spese sanitarie);
Conferma degli “ecobonus” su ristrutturazioni edilizie e risparmio energetico.
Vi sono poi alcune agevolazioni a favore dell’agricoltura e un aumento del prelievo fiscale sulle vincite dei giochi.
Che dire?
Al solito, vi sono provvedimenti condivisibili e altri meno. Quello che mi sembra emergere chiaramente è la mancanza di qualsiasi disegno sottostante. Si favoriscono un po’ i lavoratori (anche perché ci sono elezioni regionali importanti in arrivo), si strizza un occhio alle imprese, però ci si inventa qualche tassa nuova (plastica, bevande zuccherate) ma poi, dopo le proteste degli imprenditori, si fa parziale retromarcia. Si cerca di da re qualche risorsa in più per le attività sociali (Bonus Bebè, asili nido, sanità) ma con importi irrilevanti. Insomma, un difficile equilibrio tra esigenze di una popolazione esausta e le richieste di risanamento dei conti pubblici della Commissione Europea (grande sponsor di questo esecutivo).
Nel frattempo si incrociano le dita affinché non scoppi uno dei diversi casi di crisi aziendali italiani: Alitalia, Ilva, attività residuali della ex FIAT in Italia, etc.
Al di là dei toni propagandistici usati dai partiti (tutti), l’economia italiana è molto legata all’andamento di quella tedesca, che adesso sta risentendo negativamente delle scelte protezionistiche del governo USA (si veda in proposito quanto sintetizzato nell’articolo di pagina 10 circa l’economia italiana nel contesto internazionale).
Lo scontro tra globalisti e protezionisti
Nello scontro tra globalisti e protezionisti (o sovranisti), l’attuale governo italiano è schierato dal lato globalista. Questo è senza dubbio un vantaggio nei confronti dell’atteggiamento che la Commissione Europea ha verso il nostro Paese (a Bruxelles sono ben felici di non avere più tra i piedi Salvini, del resto come dar loro torto?).
Resta tuttavia il fatto che l’Italia, uscita perdente dalla globalizzazione, avrebbe bisogno di interventi drastici per rimettersi in piedi. Scelte coraggiose che non possono certo essere prese da una maggioranza governativa nata con l’obiettivo di eleggere, nel 2022, un Presidente della Repubblica in grado di dare garanzie alle élite globaliste internazionali.
In queste condizioni, non è difficile pronosticare che si continuerà sul sentiero di degrado economico e sociale che abbiamo ormai imboccato da qualche decennio.