L’Italia è veramente in declino? di Toni Iero (n°242)
Da tempo, con riferimento all’Italia, si sente parlare di un processo di progressivo declino. Qui, in sintesi, cercherò di presentare alcune evidenze a proposito delle sole dinamiche economiche del nostro Paese. Poiché, come si sa, si vive di confronti, ho paragonato gli andamenti di alcuni elementari indici economici dell’Italia con quelli delle altre tre maggiori nazioni della area dell'euro: Germania, Francia e Spagna.
Un primo elemento da esaminare è la dimensione. Dal punto di vista economico, il dato più utilizzato è certamente il Prodotto Interno Lordo, in sigla PIL. Esso è, come noto, una stima del valore aggregato, a prezzi di mercato, di tutti i beni e i servizi finali (cioè esclusi i prodotti intermedi) prodotti sul territorio di un Paese in un dato periodo temporale. Si tenga sempre presente che tale ammontare corrisponde anche alla somma dei redditi (stipendi, salari, profitti, rendite, etc.) generati dall’attività economica.
Con riferimento al 2020, la situazione è rappresentata dal grafico sotto riportato.
Come si vede, la Germania ha prodotto, nel 2020, beni e servizi per oltre tremila e trecento miliardi di euro, la Francia si è fermata a poco meno di duemila e trecento miliardi, etc. Si noti come il PIL tedesco sia oltre il doppio di quello italiano e quasi tre volte quello spagnolo.
Sviluppando questa osservazione, viene da chiedersi come siano cambiate nel tempo tali proporzioni.
Prendiamo la Germania come riferimento (100%) e vediamo che quota del PIL tedesco rappresentavano i PIL delle altre tre nazioni in un arco temporale sufficientemente esteso1.
Nel grafico riportato in alto a pagina 5, la linea con i triangoli rivolti verso il basso rappresenta la Francia, quella con i triangoli rivolti verso l’alto l’Italia e quella con i rombi la Spagna.
Si osservi come in una prima fase, durata approssimativamente fin verso il 2009, si è assistito ad una certa convergenza tra il PIL di queste tre nazioni e quello della Germania, come evidenziato dalla crescita delle tre curve. Successivamente, si assiste, invece, ad una divaricazione. Nel 2005 il PIL italiano rappresentava il 65,27% del PIL tedesco; nel 2020, tale valore è sceso al 49,56%, con una contrazione di 15,71 punti percentuali. La Francia ha toccato un massimo del 79,18% nel 2009, per poi scendere al 63,39% nel 2020, con una diminuzione di 15,79 punti percentuali. Analogamente, il PIL della Spagna è arrivato, nel 2009, a rappresentare il 43,72% di quello della Germania, scendendo nel 2020 al 33,61%; la flessione è stata pari a 10,11 punti percentuali.
Certo, il 2020 è stato un anno particolare a causa della pandemia da coronavirus, un flagello per le economie europee in particolare. Però tale evento ha colpito anche la Germania che, evidentemente, ha saputo cavarsela meglio. D’altronde, anche senza considerare il 2020, si noterà, nel grafico precedente, che le traiettorie discendenti (soprattutto per Italia e Francia) erano già in atto da oltre un decennio.
Ancor più interessante è osservare gli andamenti del PIL pro capite (in basso, a pagina 5). Si tratta di una misura della capacità di produrre ricchezza. Naturalmente, la ricchezza prodotta si traduce nello stesso ammontare di redditi a disposizione, per cui questo indicatore può anche essere letto come una specie di reddito medio per abitante. In questo caso, per esaminare le dinamiche nel tempo, è opportuno sterilizzare l’effetto dell’inflazione, considerando i dati espressi in valori a prezzi costanti.
Nel 2008 e, soprattutto, nel 2009 si evidenzia per tutte le quattro nazioni la caduta determinata dalla crisi dei mutui subprime, che ha comportato una rilevante riduzione del PIL pro capite. Ma, mentre Germania e Francia, subito dopo tale crisi, hanno visto il loro PIL pro capite riprendere a crescere (anche se a ritmi ben diversi), Italia e Spagna hanno dovuto registrare un andamento più contrastato, con un caduta che ha toccato il punto più basso nel 2013 per la Spagna e nel 2014 per l’Italia. Sono le conseguenze della crisi dei debiti sovrani. Poi, nel 2020, tutti i quattro Paesi hanno subito l’effetto della pandemia che, si osservi bene, è stato ben maggiore di quello della crisi del 2008-09. Vi sono due aspetti che vale la pena sottolineare. Da un lato, la Germania ha staccato la Francia: fino al 2010 i loro PIL pro capite erano sostanzialmente equivalenti, dopo si è assistito ad una crescita del PIL pro capite tedesco che la Francia non è stata in grado di replicare. Dall’altro lato, è evidente l’avvicinamento del PIL pro capite spagnolo a quello italiano: all’inizio del periodo esaminato il dato italiano era superiore a quello spagnolo di quasi settemila euro, nel 2020 la distanza non raggiungeva i duemilacinquecento euro.
Da questa elementare analisi emergono due dati di fondo: l’ottima prestazione del sistema economico tedesco e la deludente prova dell’Italia. Il nostro Paese non solo non è riuscito ad avvicinarsi, in termini economici, ai Paesi più progrediti (Germania e Francia) ma, addirittura, sta perdendo terreno nei confronti di una nazione, la Spagna, che una volta era ben più indietro (dal punto di vista economico) rispetto all’Italia. Quindi, si può concludere che parlare di declino economico della Italia non è un vezzo per catastrofisti o persone afflitte da pessimismo cosmico, bensì un dato, purtroppo, reale.
Le motivazioni di questo pessimo risultato italiano, che, peraltro, ha importanti riflessi anche su altri aspetti (per esempio la demografia), sono numerose e affondano le loro radici molto indietro nel tempo. Non le tratterò in questa sede, ma potrebbe essere interessante tratteggiarne alcune nel prossimo futuro.
1 I dati, sui quali ho effettuato le mie elaborazioni, sono tutti di fonte Eurostat.