Cattiva informazione e criminalizzazione del dissenso, di Luciano Nicolini (n°252)
“Credi a questa, che te ne racconto un’altra!”
Così si usa dire a Bologna, la città nella quale ha sede la nostra rivista, dopo essere riusciti a dare a bere a un amico una notizia del tutto inventata. La stessa frase potrebbe essere usata a proposito delle incredibili notizie diffuse in questi giorni in Italia dai mezzi di comunicazione di massa.
La guerra in Ucraina
Gran parte dei notiziari è occupata da articoli sulla guerra in corso in Ucraina. Una guerra che in data 15 marzo, a venti giorni dall’inizio dell’invasione russa, avrebbe causato, secondo l’ONU, 726 decessi tra i civili. Un numero enorme, che costituisce probabilmente una sottostima di quelli realmente avvenuti, ma non giustifica l’utilizzo del termine “genocidio del popolo ucraino”, usato con disinvoltura dalla propaganda bellica.
Di Putin, che ha ordinato l’invasione chiamandola ipocritamente “operazione militare speciale per demilitarizzare e denazificare l’Ucraina”, è stato scritto che sarebbe “malato di mente”. In realtà non ha fatto nulla più di ciò che di solito fanno gli stati della NATO con le loro “missioni di pace”. E a nessun giornalista, ovviamente, sorgono dubbi circa la sanità mentale di Zelenskij, presidente dell’Ucraina, che chiede insistentemente alla Nato di abbattere gli aerei russi trasformando la guerra in corso in conflitto nucleare mondiale.
Potrei andare avanti ma mi fermo qui, per evitare di essere etichettato come amico di Putin, con il quale, a differenza di chi ci governa, non ho mai fatto affari e dal quale, a differenza di chi ci governa, non ho mai ricevuto in dono “lettoni matrimoniali” ove mettere a loro agio le giovani ospiti.
Perché chi non si allinea alla disinformazione imperante viene subito criminalizzato: Marc Innaro, corrispondente da Mosca per la Rai dal 2014, è stato criminalizzato per aver mostrato una cartina geografica: «Gli europei scontano una totale assenza di memoria storica e di comprensione delle dinamiche più profonde che ha subito la Russia nell’ultimo secolo e negli ultimi trent’anni - ha detto al Tg2 Post - basta guardare la cartina geografica per rendersi conto che chi si è allargato negli ultimi trent’anni non è stata la Russia, è stata la Nato». Tanto è bastato ai partiti di governo per chiedere la sua rimozione!
E, in questi giorni, è capitato anche di peggio: a un direttore d’orchestra russo, Valerij Gergiev, è stato chiesto di prendere le distanze da Putin per poter dirigere un’opera alla Scala di Milano.
Un gesto assurdo, che fa tornare alla mente lo schiaffo dato ad Arturo Toscanini dai fascisti per essersi rifiutato di dirigere “Giovinezza” nel corso di un concerto al Teatro Comunale di Bologna. (Pochi giorni dopo, l’assemblea regionale dei professionisti e artisti deplorerà “il contegno assurdo e antipatriottico” del maestro parmigiano).
“Niente di nuovo sotto il sole” – dunque: chi comanda utilizza i mezzi di informazione per manipolare l’opinione pubblica e, dopo averla portata sulle proprie posizioni, criminalizza il dissenso.
Ma qualcosa di nuovo forse c’è, ed è iniziato (o forse è soltanto stato reso evidente) dalla campagna che ha avuto per oggetto il covid-19.
La pandemia
Mi sono già occupato più volte di tale argomento, evidenziando come, di fronte a un’epidemia assai grave, che ha causato, soltanto nel nostro paese, più di centomila decessi, i mezzi di comunicazione di massa siano rapidamente passati dal negarne l’esistenza al descriverla come se si trattasse della peste nera (che, a metà del XIV secolo uccise più di un terzo della popolazione). E come, per venire agli ultimi mesi, siano altrettanto rapidamente passati dall’allarmismo che ha preceduto l’introduzione del “green pass rafforzato” (quando i decessi attribuiti a covid-19 erano meno di cento al giorno) al dichiarare l’epidemia ormai finita (quando ancora superavano abbondantemente quella soglia).
Il vaccino (oggi reso obbligatorio per coloro che hanno superato i cinquant’anni e praticamente indispensabile per i minori di tale età), che era stato descritto prima come strumento per garantire l’immunità poi per ammalarsi in modo meno grave, ora viene propagandato come un utile prodotto da somministrare ogni sei mesi.
E non mi dilungo sulle amenità diffuse dai mezzi di comunicazione di massa a proposito di provvedimenti a dir poco discutibili come il coprifuoco notturno o l’obbligo di indossare la mascherina all’aperto anche quando si è soli.
Due popoli “l’un contro l’altro armato”
Ciò che mi interessa sottolineare è che, di fronte a tanta approssimazione, molte persone hanno smesso di credere a tutto ciò che viene loro somministrato dai giornali e dalla televisione e hanno preso l’abitudine di affidarsi alle notizie, spesso ancora più assurde, che circolano sui social network.
Si sono così venute a creare due fazioni: da un lato una maggioranza che si lascia influenzare dalla comunicazione di regime e si comporta di conseguenza, accusando chi nutre dubbi sull’utilità del green pass rafforzato di essere un untore e chi critica la Nato di essere un sostenitore di Putin; dall’altro una minoranza che contesta qualsiasi informazione proveniente dai giornali e dalla televisione, comprese quelle valide.
E se appare ovvio che chi si lascia influenzare si lasci influenzare in merito a qualsiasi argomento, risulta assai meno ovvio (ed è qui, forse, la novità) che chi è più critico lo sia, allo stesso modo, su tutto ciò che viene pubblicato dai giornali o dalla televisione. In conclusione, ciò a cui si assiste sembra essere una rinuncia a sottoporre ogni informazione a un vaglio critico.
Uscire da questa situazione sembra assai difficile: temo che, almeno per un po’ di tempo, dovremo abituarci a convivervi.
Come redattori di Cenerentola, di fronte a una notizia, da qualsiasi fonte provenga, usiamo innanzitutto chiederci: è verosimile?
Se domani qualcuno ci dicesse che Biden si è suicidato per incolpare Putin della sua morte e scatenare un conflitto nucleare ci domanderemmo: è verosimile? Pur sapendo che la realtà supera spesso l’immaginazione, una notizia del genere ci sembrerebbe talmente inverosimile da richiedere attente verifiche!
Se qualcuno ci dicesse che Mosca è stata rasa al suolo da un bombardamento e sono morte soltanto dieci persone ci chiederemmo: è verosimile? E ci risponderemmo che, almeno in prima approssimazione, o non è vero che sia stata rasa al suolo o i morti sono stati molti di più. Potendo, cercheremmo di verificare i dati relativi ai decessi, avendo cura di verificare anche l’attendibilità della fonte in generale, e se chi ne ha il controllo abbia interesse a fornire, in quel particolare caso, un dato scorretto.
Se qualcuno ci dicesse che il covid-19 non è mai arrivato in Italia, andremmo a vedere se, negli ultimi anni, sono morte più persone rispetto a quelle previste dalle previsioni di popolazione, avendo cura di verificare sia l’attendibilità del dato riferito ai decessi sia la solidità delle ipotesi sulla base delle quali erano state elaborate le previsioni (non è necessario essere demografi per farlo). Nel caso i decessi superino di gran lunga quelli previsti è evidente che qualcosa deve essere accaduto: per dimostrare che non è stato effetto del covid-19 occorre dimostrare che è stato effetto di qualche altra causa!
La repressione del dissenso
Ma se poco si può fare, al momento, per contrastare quello che i giuristi chiamano “abuso della credulità popolare”, molto si può fare, e deve essere fatto, per combattere la repressione del dissenso.
Non è ammissibile che si chieda a una persona di uniformarsi alle posizioni del governo per poter fare il proprio lavoro, sia essa giornalista, medico, insegnante o direttore d’orchestra. Così come non è ammissibile che a quei pubblici dipendenti che possono svolgere la propria attività mediante telelavoro, quest’ultimo venga negato (insieme allo stipendio) se hanno rifiutato di farsi vaccinare: un provvedimento dal chiaro intento punitivo, in un contesto nel quale, al contrario, il telelavoro e lo smart working vengono propagandati dal governo come fossero la panacea di tutti i mali.
Occorre evitare che gli Italiani si abituino alla continua violazione di quelle minime libertà che dovrebbero essere garantite dalla costituzione repubblicana. Due anni fa abbiamo accettato, senza reagire, la più grave limitazione di libertà mai verificatasi in Italia: siamo stati costretti per un lungo periodo agli arresti domiciliari. E parlo di “arresti domiciliari”, non di “cordone sanitario”: quest’ultimo, infatti, utile per impedire la diffusione delle malattie infettive, consiste nell’isolare i malati (o i focolai d’infezione) non gli individui sani!
Per oltre due anni, poi, abbiamo vissuto in uno “stato d’emergenza”, nel corso del quale gran parte dei poteri del parlamento vengono trasferiti al governo. Ed oggi si parla ancora di “stato d’emergenza” con riferimento alla guerra in corso in Ucraina.
In tale contesto l’organizzazione della campagna di vaccinazioni contro il covid-19 è stata affidata a un militare e i dati sanitari raccolti nel corso della campagna, cosa che avviene in Italia per la prima volta, verranno usati per multare i non vaccinati.
La strada è aperta per multare anche gli ipertesi e gli ipercolesterolemici (e non sto scherzando).