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Categoria: Guerra
Creato Sabato, 01 Marzo 2025

Spiaggia della città di GazaL’incredibile esperimento di Donald Trump, di Luciano Nicolini (n°281)

Sullo scorso numero di Cenerentola ho cercato di commentare le prime iniziative politiche del “nuovo” presidente degli Stati Uniti d’America. Iniziative che, come ho sottolineato, sono tutte (o quasi) di segno decisamente reazionario.

Ho parlato anche delle sue posizioni con riferimento alla politica internazionale e, circa il conflitto tra Gaza e Israele, mi ero limitato ad osservare che Trump «sembra voler appoggiare (senza troppo entusiasmo) lo stato di Israele (come già faceva l’amministrazione precedente)».

Negli ultimi giorni tuttavia ha rilasciato alcune inaspettate dichiarazioni che hanno fatto scalpore. Ha infatti manifestato l’intenzione di prendere possesso della striscia di Gaza, espellere gran parte della popolazione, ricostruirla interamente trasformandola in un’accogliente riviera a vocazione turistica (in modo da garantire un reddito a parte degli attuali abitanti), offrire ai rimanenti un alloggio nei paesi arabi più vicini.

Il progetto, che in prima approssimazione sembra il delirio di un folle, ha suscitato ilarità (nei governanti europei) e sdegno (in quelli dei paesi musulmani). Ma Trump, che piaccia o meno, non è l’ultimo arrivato, ragion per cui ritengo opportuno provare a prenderlo sul serio.

Gaza prima del 7 ottobre

Lo farò partendo da alcune considerazioni su ciò che era Gaza prima del 7 ottobre 2023, data in cui le truppe di Hamas sono entrate nel territorio controllato da Israele uccidendo circa milleduecento persone e catturando oltre duecento ostaggi.

Nella striscia vivevano circa due milioni e duecentomila persone, con una densità di oltre seimila abitanti per chilometro quadrato: trentuno volte quella dell’Italia e quattordici volte quella dei Paesi Bassi (una densità di popolazione, cioè, paragonabile a quelle di Singapore e di Hong Kong). Non si trattava,  se non in minima parte, di arabi  fuggiti  dalla  Palestina bensì, principalmente, dei loro figli, dei loro nipoti, dei figli dei nipoti, frutto di una fecondità decisamente elevata anche rispetto ai paesi limitrofi.

Da un punto di vista economico, la produzione agricola, così come quella industriale, era assai limitata, e il commercio non così fiorente da compensare tali carenze. Ciò rendeva il paese fortemente dipendente dagli aiuti internazionali, erogati soprattutto dai paesi musulmani, dalla Unione Europea, dall’ONU e dagli Stati Uniti d’America.

Una granitica convinzione

Sulla base di queste osservazioni, Trump, che da vero capitalista è convinto che “ogni uomo abbia un prezzo” (e lo stesso valga per ogni popolo), ritiene che se offre a una buona parte degli abitanti di Gaza (non a tutti: sono troppi!) la possibilità di vivere bene, e agli altri, comunque, una residenza lontana dalla guerra, costoro non potranno che essere contenti e smettere di andare in cerca di guai.

Il ragionamento suscita perplessità (quando non ilarità) in noi Europei, abituati a pensare che il benessere materiale sia una motivazione importante, ma non la motivazione esclusiva, del comportamento umano. E suscita vera e propria indignazione in chi fa della jihad (intesa nel suo senso più completo) una motivazione di vita. Ma Donald, probabilmente, è davvero convinto di ciò che sostiene!

Chi vivrà vedrà?

Concludendo, faccio molta fatica a pensare che il progetto di Trump possa andare in porto: troppo odio si è sedimentato tra le parti in conflitto. E ciò si va ad aggiungere alla considerazione che, come ho scritto più volte, le motivazioni legate al benessere materiale, a mio parere, sono sì importanti nell’indirizzare il comportamento umano, ma non al punto da determinarlo interamente.

Certo che, se il singolare esperimento di Trump riuscisse, per chi sta ridendo del suo progetto sarebbe una bella lezione!

Sempre che gli abitanti di Gaza acconsentano a fare la parte delle cavie…

 

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