Intervista a Mario Bovina, di Annalisa Righi (n°114)
La sinistra non è costituita soltanto dai reduci delle grandi lotte degli anni sessanta e settanta, c’è anche chi di politica ha cominciato ad occuparsi molto tempo dopo. Segni di nuove emergenze sociali.
Oggi la relazione individuo - società, tradizionalmente intesa come rapporto organico di scambio reciproco, si è dissolta. Gli spazi di identificazione collettiva, fortemente performanti per le diverse identità sociali e per la costruzione del Sé individuale, si sono smaterializzati lasciando esperire all’uomo orizzonti che non gli appartengono. Orizzonti di complessità indeterminata che lasciano l’individuo smarrito, solo, dissociato e schiacciato da una società che è sempre più virtuale, autodeterminata, autoreferenziale. Una società, o meglio, un sociale pianificato secondo i codici della globalizzazione economica capitalistica che nulla hanno a che vedere con l’uomo e le sue necessità.
Ma è proprio su questo scenario che qualcosa di nuovo emerge. Un nuovo senso antropologico. Una strategia evolutiva dell’individuo che si realizza libera dalle ideologie e dalle differenziazioni sociali, capace di autogestirsi e autogovernarsi.
Questo è ciò che affiora dalla conversazione avuta con Mario Bovina.
Bolognese, avvocato civilista, nel 2001 partecipa a Genova alla manifestazione contro il G8, nel 2003 fonda insieme ad un gruppo di amici l’“Associazione Civico 32” e nel 2007, insieme a Stefano Bonaga (ex assessore eletto come indipendente nelle liste del PCI), la “Sezione Zero” del Partito Democratico. Oggi è candidato al Consiglio Comunale per la lista civica “Bologna Città Libera”.
Quando, come e perché lei si è avvicinato alla politica?
Mi sono avvicinato tardi alla politica. Quando Guazzaloca vinse le elezioni a Bologna e nel 2001 Berlusconi rivinse le elezioni nazionali ho cominciato a pensare che ci fosse la necessità di agire. Sembrava che la coesione sociale, gli ideali e gli obiettivi che avevano caratterizzato l’Italia fin dal dopoguerra si andassero smarrendo, stessero impallidendo. Una specie di regresso che secondo me bisognava affrontare. Regresso principalmente culturale e sociale, non prettamente politico, poi anche politico, ma perché la politica di oggi riflette quello che è la società oggi. Ho pensato che bisognasse fare un lavoro dal basso, di lungo periodo. Ho cominciato con alcuni amici ad occuparmi più attentamente di politica, sono andato a Genova alla grande manifestazione contro il G8 che tanti guai ha prodotto e altrettante ferite ha lasciato in questa nazione. Poi ho fondato un’associazione culturale che si è occupata di cercare di rivitalizzare alcuni aspetti della città in cui viviamo, “Civico 32”.
Gli amici che hanno partecipato con lei alla manifestazione del G8 erano persone con una formazione politica e/o di partito?
No, erano persone che si interessavano del mondo. Nessuno di noi praticava politica o era stato iscritto ad un partito o ne frequentava le sezioni.
Quindi il G8 e “Civico 32” si possono definire le prime esperienze politiche?
Il G8 per me è stata una partenza e “Civico 32” è nata più che altro come tentativo di fare qualcosa per una Bologna che era caduta nelle mani di Guazzaloca che poi, francamente, visto quello che è venuto dopo, non erano mani né peggio né meglio … è per questo che adesso arrivo a candidarmi. Comunque “Civico 32” la fondammo forse anche per trovare un piccolo spazio nostro di libertà in un mondo che ci piaceva poco.
Com’era l’ambiente di “Civico 32”, una descrizione delle persone, cosa si faceva?
L’ambiente era formato da persone generalmente non politicamente impegnate, tutte impegnate civilmente ma non politicamente. Eravamo società civile. A lungo si è dibattuto se “Civico 32” dovesse o no occuparsi di politica. La linea di tutti gli associati è sempre stata di no. Il filo rosso che ha unito e unisce gli associati è un impegno sociale pulito, il desiderio di stare lontani da quello che è il prodotto principale della nostra società, la solitudine, l’ignoranza, la disgregazione dei legami sociali. Quindi “Civico 32” aveva proprio nello statuto, che scrissi io, l’obiettivo di ritessere il tessuto sociale.
La cosa interessante di “Civico 32” è che è stato possibile ricambiare l’intero gruppo che lo aveva fondato con un altro gruppo che oggi lo porta avanti con uguale passione, e questo è importante perché significa che è stata un’esperienza produttiva. Il seme ha germogliato e c’è una nuova pianta che cresce.
Poi c’è stata l’esperienza della “Sezione Zero” …
L’idea della “Sezione Zero” è venuta a me ed a Stefano Bonaga un giorno al tavolino di un bar. Eravamo alla ricerca di un soggetto politico nuovo. Avevamo pensato però che serviva qualcosa che non fosse, date anche le nostre personali caratteristiche e quelle delle persone che ci frequentano, immediatamente assoggettata ad un partito esistente. Pensammo di fondare la sezione di un partito che ancora non c’era. E il Partito Democratico ancora non c’era. Volevamo fare vedere come lo avremmo voluto noi, come volevamo che nascesse. Quindi la “Sezione Zero” non nacque tanto come adesione al PD, ma come provocazione per dire: noi un partito lo faremmo così, dal basso, cercando di lavorare sul fare, con idee ben chiare, con una partecipazione di società civile elevata, con la ricerca delle intelligenze migliori che sono disperse nella società. Ovviamente, e dico ovviamente perché non posso usare nessun altro avverbio, la “Sezione Zero” è naufragata miseramente, perché il PD è nato su ben altri presupposti.
Cosa hanno in comune chi si è avvicinato a “Civico 32” e chi si è avvicinato alla “Sezione Zero”?
Sono persone espulse e tenute lontano dalla politica ufficiale perché i giochi politici non riescono a farli, come non riesco a farli io, se non in questa lista di “Bologna Città Libera” che è veramente disinteressata. Tutte le persone che ho incontrato in questo tragitto sono persone reiette dalla politica, nel senso che sono cacciate dalla politica, perché sono intelligenti, non eseguono gli ordini di scuderia, non tacciono quando devono tacere, non accettano capi che non siano all’altezza. Pensare è un difetto e la politica non vuole pensatori.
Sono persone non ideologizzate…
Credo che dentro un’associazione come “Civico 32” ci possano essere quantomeno tutte le variegate, multicolori espressioni del centro sinistra. Dalla sinistra più radicale all’ala più moderata, ma sono comunque persone che effettivamente pensano con la loro testa e penso che siano anche elettori mobili proprio perché non hanno una fidelizzazione ideologica a priori, almeno la maggior parte. La politica oggi non è una cosa fissa, è una cosa abbastanza liquida - come direbbe Bauman - e questi sono, secondo me, elettori capaci di verificare di volta in volta qual è la formazione politica che meglio risponde alle loro esigenze di quel momento. Si spostano secondo quello che pensano e non si fanno spostare secondo quello che pensa il capo del loro partito, che tra l’altro non hanno.
La sua adesione alla lista civica “Bologna Città Libera”…
La lista civica alla quale mi sono avvicinato è quella ideata da Monteventi (consigliere comunale eletto come indipendente nella lista del PRC) e Bifo (militante di spicco della sinistra bolognese, dal ’68 ad oggi) ma alla quale anch’io ho contribuito fin dal principio. Bollata subito come una lista della sinistra radicale. In realtà la parola sinistra non è neanche stata usata. E’ vero che alcune delle persone che vi partecipano hanno una storia di un determinato tipo, però la lista non ha questa connotazione. Stiamo facendo un grande sforzo per interpretare il futuro, per cercare di capire quali sono le tematiche che bisogna affrontare innanzitutto per cercare di evitare i conflitti immani che si prospettano all’orizzonte tra la grande massa dei disperati che emergerà da questa crisi economica e la ristrettissima casta delle persone che invece da questa crisi trarranno ulteriori ricchezze. Cercare quindi di prevedere ed ammortizzare questo conflitto è uno degli obiettivi della lista, come un altro obiettivo è quello di creare una Bologna energeticamente autosufficiente per liberarci da uno smog che ormai è un veleno letale… Questi sono temi difficili da affrontare, hanno bisogno di tempi lunghi perché è un lavoro culturale, bisogna rivedere le scale dei valori.
Il suo personale parere su queste persone che si affacciano oggi alla politica e/o ad un nuovo agire sociale…
Li definirei afflitti da intelligenza, nel senso che è il loro difetto. Sono tutte persone intelligenti e indipendenti, non disponibili a vivere il basso profilo che propone mediamente la vita dei partiti, ma anche di un certo mondo degli affari, e quindi si ritrovano a costruirsi delle piccole nicchie, delle zone di resistenza, che secondo me saranno anche i luoghi della rinascita della nostra cultura. Ambiscono ad un mondo meno compromesso con gli affari e anche meno ignorante. Sono quasi tutte persone con un alto livello culturale: architetti, biologi… e che quindi difendono anche le loro nicchie di cultura. Purtroppo, per quello che è forse il baco principale della società italiana che non scopre e non premia i migliori, questi non trovano in gran parte il loro premio, per cui si costruiscono i loro spazi cercando di riconquistare territorio, ma è un’impresa faticosa perché i valori dominanti oggi sono principalmente denaro, potere e benessere privato… Però secondo me l’aria sta cambiando.
Cos’è per lei l’anarchia?
Non penso di essere anarchico… c’è un modo becero di pensare all’anarchia che è un modo non corretto, che è: ognuno fa quello che vuole. Non è questa la definizione che darei. Mi sembra piuttosto la visione di una società in cui le persone, raggiungendo una consapevolezza del proprio essere e dei propri limiti in relazione alla libertà degli altri, si autoregolano. Il problema dell’ideale anarchico, per come io lo interpreto, è che al momento è utopico. Non so poi se tanto più utopico di quello della mia lista...
Credo comunque che i grandi sogni siano il vero e unico motore di ogni conquista. Ed è solo un nuovo grande sogno collettivo che potrà generare un futuro migliore. Per questo, in fondo, continuo a preferire ai tanti piccoli cultori della realpolitik le persone e le aggregazioni sociali che coltivano ideali alti, anche se di complessa realizzazione.