Intervista a Gaia Ferrara, ciclista solidale, di Annalisa Righi (n°182)
Bologna, Giardino Pincherle, primo giorno di luglio.
All’interno della rassegna estiva Pincherle Social Garden - organizzata dalle associazioni: Centro Antartide, Garbo, Civico 32 e Social Street di Nazario Sauro, in collaborazione col Quartiere Porto - Cenerentola ha partecipato all’incontro “# 12000km in bici. Anche nel viaggiare scopri la migrazione” ed ha incontrato Gaia Ferrara, fondatrice nel 2014, dell’Associazione Viandando (www.viandando.eu).
Gaia Ferrara - nata a Cagliari 34 anni fa, cresciuta a Roma dall’età di sei anni, laureata in Economia - dopo una serie di impegnativi viaggi in bicicletta e impressionata dalla tragica morte di trecento migranti dimenticati nel mare di Capo Passero in Sicilia, ha deciso di dare vita ad un’associazione che unisse questi due aspetti: il viaggio in bicicletta e la conoscenza di temi umanitari che investono la nostra società.
Il tempo della bicicletta è un tempo dilatato, lento, che offre un rapporto diretto col territorio, con le diverse culture che lo attraversano e con le persone che lo vivono. Ed è proprio sul tempo ritrovato, sull’interazione tra culture differenti come emergono dai racconti personali dei diretti interessati, che Gaia Ferrara ha creato un’associazione per permettere e agevolare una conoscenza diversa da quella divulgata dal sistema comunicativo dominante su aspetti di significativo impatto sociale e umano. Primo fra tutti il fenomeno della migrazione. Un tema troppo spesso distorto da un’informazione orientata ad alimentare la paura e l’odio verso il diverso. Così, la tappa bolognese della Torino-Roma di Gaia ha permesso, da un lato l’incontro - dibattito sui migranti alla presenza di Amelia Frascaroli, Assessore al Welfare del Comune di Bologna, e di Abrahalei Tesfai, eritreo fuggito dal suo paese nel 2007 e rifugiato in Italia, dall’altro l’intervista che qui riportiamo.
Quando è iniziata la tua passione per i viaggi in bicicletta?
Nel 2005. Ero all’università e per la prima volta, con un’amica, ho percorso il Cammino di Santiago. In seguito ho fatto altri viaggi, sempre con un’amica: Irlanda, Olanda, la via Francigena del Sud da Canterbury a Roma, i grandi pellegrinaggi della cristianità, Gerusalemme… poi ho cominciato a viaggiare da sola per progetti sociali.
Nello specifico, come nasce l’associazione Viandando?
Nel 2013 ho scoperto una strage dimenticata di trecento migranti morti nel 1996 al largo delle coste siciliane, vicino a Capo Passero. Ho voluto raccontare questo tragico evento e contemporaneamente ho fondato l’associazione Viandando - persone, luoghi, culture. È un’associazione che - attraverso il viaggio lento, soprattutto il cicloturismo - vuole sensibilizzare su tematiche sociali per creare una rete tra persone, conoscere territorio ma anche raccontare storie. Ora Viandando segue il filone dei migranti partendo dal presupposto che i migranti sono prima di tutto persone, non genericamente gente, con - appunto - una storia alle spalle e con delle ricchezze… Penso che il fenomeno debba essere affrontato con un’informazione il più completa possibile. Bisogna confrontarsi perché le persone che arrivano sono moltissime; questo crea attriti, difficoltà, in un momento storico in cui anche in Italia le persone soffrono per la crisi… ho deciso quindi di affrontare questo tema difficile con Viandando… in seguito l’associazione affronterà altri temi sociali e realizzerà altri progetti.
Oltre ai migranti quale altro tema sociale avete in programma?
Al momento non sono ancora stati definiti, abbiamo fondato l’associazione a giugno 2014…, ci stiamo riflettendo…
Il progetto in essere si chiama 12.000 km in bici: tu percorri un determinato tragitto in bicicletta e prevedi delle tappe di sosta durante le quali pianifichi un incontro per riflettere sul tema. Quanti eventi hai già realizzato?
Almeno venti/venticinque; non dappertutto sono riuscita ad organizzare qualcosa. Non sempre ci sono associazioni sensibili al tema che hanno voglia di parlarne, di raccogliere questa sfida…
Cosa viene organizzato per sensibilizzare i cittadini su questo argomento?
Principalmente momenti di ritrovo: veglie di preghiera cristiani e musulmani, cena marocchina, incontro con il sindaco... oppure incontri come quello di questa sera che in genere sono i più riusciti… una pedalata insieme, una tavola rotonda con dibattito e poi un aperitivo, che fa sempre piacere…
Da questi incontri hai avuto dei feedback, dei riscontri positivi?
L’iter di questo progetto prevede la raccolta di firme per una petizione da portare alle istituzioni europee perché si guardi al fenomeno migratorio come a un fenomeno che coinvolge persone e quindi gli si restituisca dignità e rispetto dei diritti umani. Inoltre stiamo raccogliendo chilometri percorsi in bicicletta (anch’io sto contribuendo). 12.000 km in bici: anche nel viaggiare scopri la migrazione, è una raccolta di chilometri collettiva, chi vuole pedalare si registra al sito e dona i suoi chilometri al progetto sposando la causa che stiamo portando avanti. Questo verrà portato in Europa il 13 e il 14 ottobre perché sono assegnataria del Premio del cittadino europeo. Così, nel momento in cui riceverò questo premio, depositerò firme e chilometri raccolti con i nomi di tutti coloro che hanno fatto fatica, tra virgolette, con me nel pedalare… il feedback al momento è che ci sono moltissimi pedalatori... siamo quasi al goal dei dodicimila…
L’associazione cosa pensa di chiedere all’Europa? In questo momento stiamo assistendo a una chiusura culturale, sociale, anche concreta, verso i migranti… mi riferisco alla Francia e alla situazione che abbiamo a Ventimiglia…
Chiediamo che l’immigrazione sia affrontata con politiche umanitarie di sostegno e non di polizia. Siamo in linea con chi dice: “prima le persone poi le frontiere”. Quindi che vengano rispettati primariamente gli accordi internazionali che ci impongono di salvare chi muore in mare e di tutelare chi richiede asilo e i rifugiati. Noi chiederemo questo e chiederemo che le persone che entrano abbiano la libertà di muoversi.
Viandando come si svilupperà nel futuro?
Sarà una rete di ciclo - officine e di gruppi che viaggeranno nel territorio per effettuare sia viaggi di sensibilizzazione legati alle tematiche sociali sia semplicemente viaggi in bicicletta per stare insieme, per conoscere il territorio, per ascoltarlo, valorizzarlo. Mi piacerebbe che questi gruppi si integrassero tra loro…
Il feedback maggiore, al momento, lo trovi nella risposta delle singole persone, ma anche il Premio del cittadino europeo è un significativo riconoscimento …
Sì, ho avuto un bel riconoscimento… Tuttavia finora, per quanto riguarda i politici e gli amministratori, c’è stato chi dietro le quinte mi ha dato pacche sulle spalle dicendomi: che brava che sei, vai avanti così… chi non ha neppure risposto alle mie mail o ai miei tentativi di contatto… nessuno dei “contrari” ha avuto l’onestà intellettuale di chiarire il suo mancato impegno sul tema dichiarando il proprio disaccordo o la spinosità dell’argomento… la politica finora è stata latitante…
Quando ti fermi per una tappa e pianifichi l’evento, con quali organizzazioni ti metti in contatto? Con queste organizzazioni ti raffronti anche in seguito per delineare nuovi progetti, indicare linee guida per migliorare l’accoglienza, agevolare un’ integrazione reciproca?
Il progetto è fatto in partenariato e collaborazione con Amnesty International, ARCI, Federciclismo, CONI e Unione Pro loco Italiane. Chi si è dimostrato maggiormente sensibile sono ARCI e Amnesty, a livello locale, con specificità diverse; la seconda è molto attenta ai diritti umani, la prima invece mi ha contattato soprattutto per l’aspetto ludico - ricreativo; la raccolta di chilometri è qualcosa che alle persone piace realizzare, questo aspetto mi fa molto piacere perché penso che il pedalare insieme sia un’ottima occasione per confrontarsi e riflettere.
Vorrei che fosse chiaro che non sto cercando un ruolo politico. Vorrei solo essere un vettore per dare spazio a chi vive direttamente questa realtà, far parlare i migranti, i testimoni, chi si spende per questo tema…
Quindi realizzare una comunicazione alternativa a quella dei mass media, una comunicazione vera, attraverso le parole di coloro che vivono il tema in prima linea, senza stereotipi e strumentalizzazioni…
Vorrei che le persone comprendessero il livello di distrazione che viene reiterato. Ogni giorno si parla solo di emergenza. Non si parla più di operazioni come Triton, Mare nostrum, né delle politiche europee (se non della spartizione delle quote migranti), non si parla di ciò che c’è di buono, non si parla delle responsabilità politiche…
Tu incontri anche i migranti; quali sono le loro impressioni? Riescono a integrarsi? Che difficoltà incontrano?
Intergrazione era una parola che inizialmente rifiutavo perché mi pareva avesse una valenza a senso unico: integrare i migranti nella nostra cultura. Oggi invece penso che significhi incontro, mescolanza di culture, interazione, quindi parlo di migranti integrati nel senso che hanno potuto mantenere la propria cultura nella nostra. Questi migranti integrati spesso sono quelli che hanno trovato una collocazione nel mondo lavorativo, persone che hanno fatto un percorso, e sono proprio le loro testimonianze che vorrei portare…