Il venerdì nero del cyber shopping e dell’e-commerce, di Domenico Secondulfo (n°207)
Finalmente dopo tanti anni di glorificazione del commercio elettronico e dei grandi siti di distribuzione e di acquisto, come eBay o Amazon si scopre che, dietro lo scaffale, dietro il video del computer non c’è il paese dei balocchi ma il paese degli acciacchi.
Per chi volesse saperlo non avrebbe dovuto essere una grande novità, le condizioni di lavoro nella grande distribuzione, penalizzate anche dall’applicazione del contratto del commercio, tradizionalmente uno dei più sfavorevoli ai lavoratori, sono pessime, simili alle grandi fabbriche degli anni ’50 e ’60, con tempi ristrettissimi, controlli soffocanti e clima intimidatorio. Un iper sfruttamento degno della Fiat di Valletta. Dopo il decentramento delle fabbriche produttive in parti del mondo distanti e soprattutto con costi e garanzie del lavoro quasi inesistenti, ben lontane da quelle conquistate in occidente e in particolare in Europa da secoli di scontri e lotta sindacale, in occidente non rimane che la ideazione e la distribuzione delle merci, e queste, soprattutto le seconde, sono, adesso, le nostre fabbriche. E lo sono a pieno titolo, per ritmi e qualità del lavoro, per difficoltà della lotta sindacale per i diritti dei lavoratori, per capacità di ricatto sugli occupati, per il numero di occupati e di indotto ecc. È bene che lo si capisca e lo si interiorizzi a fondo, in Occidente le fabbriche di Engels e di Marx sono ora gli hub della grande distribuzione. Vogliamo parlare di Wall Mart? 12 milioni di addetti e una politica anti sindacale e un livello di sfruttamento da far invidia al capitalismo inglese di fine ottocento, oppure parliamo di Amazon e del recente sciopero che ha finalmente fatto venire alla luce le condizioni del lavoratori che fanno girare la macchina di cui noi vediamo soltanto la patinata copertina. A fatica il sindacato sta cercando di inseguire la nuova trama globale sia della produzione che della distribuzione della merce, e, bisogna dirlo, il capitalismo è sempre un passo avanti. La buona notizia, come dicevamo, è che la facciata patinata e amichevole del commercio elettronico e dei siti di vendita on line inizia ad essere bucata dalla rabbia dei lavoratori e a mostrare la realtà della realtà, che è parecchio diversa dalla realtà della finzione informatica. Non sarà mai troppo tardi quando ciò che si cela dietro il patinato mondo della vendita, siano scaffali di negozi o pagine di siti on line, verrà svelato e assorbito dal consumatore, che purtroppo non è molto portato a preoccuparsi di quello che c’è dietro alla merce, dietro al pacchettino che si porta a casa, altrimenti le vendite di smartphone apple dovrebbero crollare, viste le condizioni di lavoro e di vita che ci sono nelle fabbriche in cui l’Apple costruisce i suoi telefonini che poi riesce a vendere a varie volte il costo di produzione. La portata politica del consumo è tutt’ora ignota al consumatore che non solo non sa cosa c’è dietro il pacchettino che si porta a casa, ma, soprattutto, non lo vuole sapere, per non rovinarsi il gusto del paese dei balocchi e della gratificazione dell’acquisto.
Sporadicamente assistevamo a ondate di protesta e di boicottaggio degli acquisti per le condizioni in cui venivano prodotte le merci, ma da diverso tempo non accade più. Come dicevo, il capitalismo è sempre un passo avanti in questi anni. Infine una piccola notazione sul commercio on line, mentre tutti si lamentano del traffico generato dagli acquisti nei negozi o nei centri commerciali, soprattutto nelle grandi cerimonie degli acquisti (Natale, sconti ecc.), nessuno ha mai fatto notare che anche se l’acquisto lo faccio on line da casa mia, poi il pacchettino non viene teletrasportato come in Star Trek, ma arriva con un furgoncino, uno, dieci, cento, mille furgoncini che sciamano per le strade con un simpatico contributo all’inquinamento e al riscaldamento globale che, giustamente, a Natale ha diritto anche lui a qualche regalo.