Sullo sciopero del 20 maggio, di Luciano Nicolini (n°254)
Una (piccola) parte della popolazione si è mobilitata contro la guerra
Ha avuto luogo in tutta l’Italia, venerdì 20 maggio, l’annunciato sciopero “contro la guerra, l’economia di guerra e il governo della guerra”. Nel momento in cui scrivo questo articolo non dispongo ancora di dati attendibili circa la partecipazione dei lavoratori: sembra tuttavia che non sia stata molto alta, forse inferiore a quella dello sciopero generale dell’11 ottobre scorso.
E ciò nonostante alla mobilitazione del 20 maggio abbiano aderito tutti i sindacati conflittuali (con la sola eccezione di ADL Cobas), tutte le forze politiche schierate a sinistra del Partito Democratico, numerose organizzazioni pacifiste e antimilitariste.
Manifestazioni si sono tenute in più di venti città. In alcuni casi hanno visto sfilare in corteo migliaia di persone.
Si è trattato di uno sciopero particolarmente difficile da costruire. Ce ne siamo accorti subito nel propagandarlo nei luoghi di lavoro. Perché?
In primo luogo perché, con gli aumenti dei prezzi che ci sono stati, cinquanta euro in più, a fine mese, fanno comodo. Molti lo hanno detto esplicitamente, altri piuttosto che aderire hanno addirittura preferito prendere un giorno di ferie, in modo da evitare i disagi connessi allo sciopero nei trasporti senza perdere la giornata retribuita.
In secondo luogo, la costruzione dello sciopero è risultata difficile perché la campagna interventista, portata avanti dal governo Draghi con una durezza che non si vedeva dai tempi della seconda guerra mondiale, ha lasciato il segno: non ha convinto gli Italiani di quanto sia bello e giusto far guerra alla Russia (almeno, così dicono i sondaggi) ma li ha rafforzati nella convinzione che non sia il caso di rinunciare ai famosi cinquanta euro per cercare di rimanere fuori dal conflitto.
Si ha l’impressione che molti non abbiano compreso i rischi che stiamo correndo (la guerra nucleare, e non solo) e il disastro economico verso il quale il conflitto ci sta portando. Purtroppo, se ne accorgeranno presto.
Nel frattempo occorre intensificare la mobilitazione, partendo dall’unità che, sia pure faticosamente, abbiamo costruito.
Putin sembra intenzionato a far proseguire l’aggressione russa fino alla vittoria; il governo statunitense a far durare il conflitto il più possibile, al fine di ridimensionare la Russia. Chi ne farà le spese sarà l’Europa (oltre che, in maniera drammatica, le popolazioni di numerosi paesi extraeuropei).