Una frasca di fico, Rino Ermini (n°225)
Stavo percorrendo in macchina una strada già fatta centinaia di volte nel corso della mia vita, tutta curve e contro curve, fra boschi, vigne ed uliveti. Stava facendosi buio. Quasi deserta. Non che normalmente ci fosse chissà quale transito, ma a quell’ora, l’ora di cena o giù di lì, in giro non c’era nessuno.
Fra un po’ qualche macchina in più di gente che dal paese alle mie spalle sarebbe andata a bere il caffè in quello cui ero diretto, o viceversa, ci sarebbe stata. Qualcuno anche in bicicletta. E qualcuno a piedi per la camminata serale.
Guidavo tranquillo, un po’ con la testa per aria e gli occhi persi, per quel che ancora si poteva vedere, a guardare gli oliveti. Alcuni appezzamenti ben tenuti, altri un po’ meno, certuni del tutto abbandonati. Ogni tanto sagome nere di cipressi. Procedevo piuttosto piano, anche perché a quell’ora non è difficile che attraversi la strada un capriolo, o magari un cinghiale, o addirittura un istrice irsuto e barcollante. All’improvviso una botta sul parabrezza e uno strucinio di foglie e roba spiaccicata. Mi accosto di botto spaventato e mi fermo. Scendo. Una grossa frasca di un enorme fico che sta al lato della strada, pende in mezzo alla via, bassa e carica di frutti maturi. Sono lì come un allocco, le mani appoggiate ai fianchi, furibondo, pronto a saltare al collo del proprietario del fico.
Di fronte, lato opposto, c’è una casa. Aguzzo gli occhi e vedo nell’aia una donna seduta a un tavolino e un uomo in piedi, anche lui mani sui fianchi, che mi guardano. Dice a voce alta l’uomo: “Non mi avrai mica rovinato il fico?” Gli rispondo quasi gridando: “Se mi lasci il tempo di venire di là, rovino anche te!”. “Ehi, ehi, ehi! Cerchiamo di star calmi. Che è tutta questa violenza?” “Sei te che fai violenza! Se solo andavo un po’ più forte, quella frasca mi sfondava il parabrezza e finivo all’ospedale”. “Appunto, così voi automobilisti imparate ad andare più piano”. “Senti un po’, ora risalgo in macchina e vo via, perché senno mi comprometto”. “Da’ retta a me, passa di qua che da seduti si parla meglio e beviamo qualcosa”. È inutile combattere: è destino che capitino tutti a me.
Attraverso la strada e mi avvicino al tavolino intorno a cui stanno. La moglie si alza anche lei e mi porge una sedia, poi mi chiede se voglio del vino bianco con dei biscotti o del caffè. “Signora, se me li porta tutti e due è meglio, così magari mi ammorbidisce un po’, visto che ho attraversato la strada con due articoli così girati che peggio non si può”. “Via via, non se la prenda, tanto ora lo vedrà che i’ mi’ marito è così grullo che non meriterebbe nemmeno parlarci. Senta, le porto vino e biscotti e dopo il caffè”. “Ecco brava”, dice l’altro, “porta qualcosa anche a me, al tu’ maritino grullo”. La signora si allontana. “Allora”, dico a questo bell’elemento, “non mi dirai mica che volevi far conversazione e lasci lì quella frasca apposta per fermar qualcuno?”. “No! È che è l’ora di finirla di sottometter tutto alle esigenze degli automobilisti. Guarda un po’ te che se la frasca è carica di fichi maturi e si piega per il peso, allora la dovrò tagliare per far piacere a chi passa. Se vi da noia la scansate”. “Infatti”, interviene di nuovo la moglie che sta tornando con biscotti, bicchieri e bottiglia di vino, “di giorno la gente vede la frasca e la scansa, e di notte ci va a battere. E te, che sei il più furbo di tutti, finisce che uno di questi giorni vengono i carabinieri e ti portano in caserma.” “Bene, così almeno vo a fare un giro, ché son sempre qui a rompermi i coglioni”. Intanto ci siamo seduti e io ho cominciato a mangiare i biscotti, mentre la signora mi versava un bicchiere di vino. “Se ho capito bene”, dico, “io non sono il primo ad averci sbattuto”. “No” dice la moglie, “è successo anche due sere fa, ma quello non ha voluto saper né di biscotti né di caffè, è tornato al paese ed è riapparso qui un quarto d’ora dopo coi carabinieri dietro”. “Bravi quelli”, commenta lui, “sono arrivati qui, han lasciato la macchina quasi in mezzo alla strada, doppie frecce e lampeggiante accesi, poi si son seduti perché c’è stata la solita offerta di vino, biscotti e caffè”. “Ma mi dica un po’ signora, ma i’ su’ marito non avrà mica intenzione di aprire un bar e sta facendo le prove?” “O”, dice ancora lui, “due sere fa di gente se n’è fermata. Vedevano il lampeggiante, la macchina ferma dei carabinieri, rallentavano e anche si fermavano. Uno è anche sceso di macchina ed è venuto di qua. Ha detto d’essere un dottore e se per caso c’era bisogno di lui. L’appuntato dei carabinieri gli ha risposto che c’era bisogno per dare una mano a dividere la bottiglia di vino, sennò andava a finire che se lo scolava tutta lui e dopo non poteva certo guidare. Il dottore s’è seduto ed ha aiutato”.
Io intanto che loro relazionavano su quel che era accaduto due sere prima, ho mangiato ancora qualche biscotto e bevuto un altro mezzo bicchiere. Poi ho chiesto alla signora se mi portava il caffè perché non ero un carabiniere, e volevo andar via in regola. Mentre la signora andava di nuovo in cucina, ho detto all’uomo: “Allora, ma ti pare proprio il caso di lasciar quella frasca in quelle condizioni? Il tuo discorso che tutto non dev’essere sottomesso alle macchine può anche andarmi bene, ma non è che devi mettere a rischio l’incolumità degli altri”. “Ma guarda”, dice sottovoce, “me l’ha detto anche mia moglie, ma lo sai com’è no? Se una cosa te la dice la moglie si diventa cocciuti solo perché te l’ha detta lei. Ma saremo fatti male?” “Beh”, dico, “te sarai fatto male; io, se qualcuno mi dice una cosa sensata, cerco di farla”. Ritorna la signora, col caffè. “Sa signora che cosa si potrebbe fare? Magari se trovate una corda un po’ robusta vi do una mano e si tira su quella frasca in modo che rimanga alta sulla strada.” “Ecco, dice la donna, perché io non gli ho detto la stessa cosa? Sa che risposta m’ha dato? Una risposta proprio da persona intelligente: se passa un camion ci batte lo stesso, tanto vale lasciarla giù”. “Sentite un po’ ”, dico io, “vado di là a spostare la macchina in modo tale che con i fari si possa illuminare il fico, lei signora prenda una corda che tiriamo la frasca più in alto, la si lega e si risolve il problema. E grazie del vino, dei biscotti e del caffè”. Così abbiamo fatto. E quando, risalito in macchina, ho ripreso la mia strada, mi son chiesto se questa cosa che m’era appena successa era realmente accaduta, oppure avevo semplicemente lasciato la testa troppo libera di correre dove gli pareva.