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Categoria: Cinema
Creato Domenica, 01 Novembre 2015

Abraham Attah - Foto Luca BaronciniBeasts of No Nation, recensione di Luca Baroncini (n°184)

di Cary Fukunaga

con Abraham Attah, Idris Elba, Ama Abebrese, Richard Pepple

Dopo l’enorme successo della serie televisiva “True Detective” sono tutti con il fucile spianato nei confronti di Cary Fukunaga che, per il suo terzo lungometraggio, decide di adattare per il grande schermo il romanzo “Bestie senza una patria” di Uzodinma Iweala.

Una scelta forse tattica (c’è chi parla di progetto costruito a tavolino per gli Oscar), ma non certo semplice data la tematica affrontata. Il libro narra infatti l’evoluzione di un bambino di nove anni che vive in un villaggio dell’Africa occidentale dove è in corso una guerra civile e finisce per diventare un soldato al servizio di un crudele mercenario.

Fukunaga, anche sceneggiatore, adotta un percorso piuttosto convenzionale, quello della calata agli inferi di un’anima pura che si ritrova in un incubo da cui pare impossibile ogni via di uscita. L’obiettivo è quello dell’indignazione e nessun colpo basso viene risparmiato allo spettatore, attraverso una messa in scena per nulla edulcorata di ogni tipo di atrocità e abbruttimento. Può sembrare ricattatorio, perché mostrare senza lasciare niente all’immaginazione consente inevitabilmente di scuotere con grande forza, ma più della gratuità della scelta si percepisce l’urgenza comunicativa. Le immagini portano dentro alle azioni di guerriglia e seguono con tensione e angoscia prese di coscienza e svolte, con una regia attenta a non estetizzare più del dovuto.

Meno efficaci le parole, con una voce fuori campo attribuita al giovane protagonista, in realtà punto di vista del regista, che mostra una consapevolezza e una lucidità decisamente esagerate per un bambino. Ma questo è un difetto di tanto cinema americano, in cui il bisogno di spiegare tutto finisce spesso per sottovalutare la capacità di discernimento del pubblico. Se alcuni passaggi di sceneggiatura paiono quindi un po’ forzati o prevedibili, la potenza delle immagini non lascia scampo e assesta un pugno nello stomaco difficile da dimenticare.

Gran parte del merito va anche allo straordinario protagonista, il giovanissimo Abraham Attah (vincitore del Premio Marcello Mastroianni come miglior attore emergente al Festival di Venezia) che più che recitare pare vivere l’orrore a cui è sottoposto.

Il film avrà una distribuzione particolare. Sarà infatti disponibile su Netflix, di cui in questi giorni si fa un gran parlare perché da ottobre anche in Italia. Si tratta del più diffuso servizio di “internet tv” al mondo, con più di 65 milioni di abbonati, una platea potenzialmente enorme che con un semplice clic, attraverso smartphone, pc o tv e senza uscire di casa, può accedere a una piattaforma differenziata di contenuti multimediali (film, serie tv, documentari). Una ulteriore riprova di come stia cambiando non tanto il modo di fare film, quanto quello di fruirne. Negli Stati Uniti “Beasts of No Nation” uscirà anche nelle sale, ancora l’unica strada per poter concorrere agli Oscar.

I distributori, però, sono sul piede di guerra e solo un numero limitato di sale ha accettato di programmare il film perché non vengono rispettati i classici 90 giorni di distanza tra l’uscita nelle sale e lo sfruttamento con altri canali, con il rischio di una concorrenza penalizzante. Come per tutte le innovazioni, siamo nel bel mezzo di una fase di assestamento.

 

 

 

 

 

 

 

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