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Categoria: Cinema
Creato Mercoledì, 25 Settembre 2019

Locandina del film Il mio profilo miglioreIl mio profilo migliore, recensione di Luca Baroncini (n°226)

di Safy Nebbou 

con Juliette Binoche, Nicole Garcia, François Civil, Marie-Ange Casta

La vita a volte la si vive, altre la si recita. Al di là dei facili giudizi, e delle frasi slogan, i confini sono spesso sottili. Ce lo conferma l’interessante film di Safy Nebbou tratto dal romanzo “Quella che vi pare” di Camille Laurens, in cui una cinquantenne di grande fascino cede, un po’ per curiosità e un po’ per bisogno, al gioco della seduzione virtuale attraverso l’utilizzo di una chat. 

Il fatto è che si finge ciò che non è, almeno non più, una conturbante ventiquattrenne. Claire diventa quindi Clara. Il suo interlocutore altri non è che l’amico di un ragazzo con cui lei intrattiene una relazione volante, priva di vincoli ma non così appagante, e tra i due si stabilisce un legame via via sempre più complice. 

Il film affronta con toni brillanti tutte le fasi della reciproca conoscenza, in cui ogni chattata aggiunge un dettaglio in più, passando per lo scambio vocale, poi di foto (ovviamente false), di effusioni, fino a quello stallo in cui per andare avanti bisogna per forza lasciare spazio alla concretezza. Juliette Binoche, sempre al centro della scena, è bravissima nell’esprimere il suo progressivo abbandono agli eventi, spesso con il solo cellulare in mano, e la sceneggiatura è abile nell’alternare gli scambi virtuali (che potrebbero risultare noiosi perché ripetitivi, ma invece non lo sono) con le sedute psicanalitiche della protagonista. Uno stratagemma non particolarmente originale, ma efficace per esplicitare l’evoluzione dello stato d’animo di Claire/Clara e stabilire anche un confronto paziente/terapeuta che assume i contorni della sfida e del ribaltamento di ruoli.

L’incedere del racconto è incalzante, la progressione cattura, con anche una successione di inaspettati colpi di scena forse esornativi ma non stridenti. Al di là dell’intrattenimento, l’opera solletica anche molte considerazioni: sul tempo che passa, sulla difficoltà di invecchiare, sul bisogno di essere non solo amati ma soprattutto considerati, sul richiamo delle lusinghe, sulla percezione di sé e degli altri; anche sulla capacità delle cose false di scatenare stati d’animo e sentimenti veri. Pensiamo al cinema e al suo incredibile potere evocativo, in grado di riverberarsi in ognuno di noi in modo differente, facendoci piangere, ridere, emozionare. Quello che Claire vive non è quindi che un film, il suo film, di cui lei oltre che protagonista assoluta è anche regista. Del resto è la stessa Claire a ricordarcelo: “Non fingevo di avere 24 anni, avevo 24 anni!”. 

Tutto ciò con leggerezza, senza facili soluzioni o giudizi e senza offrire risposte che non siano le proprie.

 

 

 

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