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Categoria: Cinema
Creato Mercoledì, 01 Novembre 2023

Anatomia di una cadutaAnatomia di una caduta, recensione di Luca Baroncini (n°267)

di Justine Triet 

con Sandra Hüller, Swann Arlaud, Milo Machado Graner

Un uomo, una donna e un bambino. Una famiglia vive isolata in uno chalet di montagna, vicino a Grenoble. L’uomo e la donna sono entrambi scrittori, il bambino è non vedente in seguito a un incidente. Accade un dramma. L’uomo cade da una finestra della casa e muore. In quel momento con lui c’era solo la donna, il bambino era in giro per i boschi innevati con il cane. Si tratta di un incidente? Magari un suicidio? Oppure è stata la donna a spingerlo? 

La regista francese Justine Triet imbastisce un dramma processuale teso a fare chiarezza sugli eventi. Il punto, però, e lo si capisce gradualmente, non è tanto scoprire la verità, perlomeno non soltanto, ma approfondire le dinamiche di una famiglia, diversa e uguale a tante altre, e vedere come l’impatto di scelte personali può influire sul percepito di chi deve tirare le fila. È proprio questo l’aspetto più interessante del film che mostra come, a occhi esterni, stili di vita non omologati, che fanno emergere fragilità, non detti, differenze culturali e linguistiche, ma anche la sacrosanta libertà personale di decidere di vivere come meglio si crede, scatenino un giudizio che interferisce con la verità delle cose. Vivere fuori dalle convenzioni, infatti, genera sospetti e timori, mal dispone, induce all’accusa e offre appigli alla mannaia di un occhio giudicante, finendo per influenzare il corso del processo che procede freddo, tagliente, ma anche appassionante, proprio per la complessità degli elementi che mette in campo. 

In gioco c’è quindi molto di più di un caso giudiziario da risolvere, sottotraccia si parla di libertà, di convenzioni sociali e di famiglie che escono sia dalla gabbia degli stereotipi del “Mulino Bianco” (felicità nell’unione) che da quelli dello spot Esselunga (tristezza nella separazione). Il cinema, che quando è acuto e attento anticipa le tendenze e capta un sentire contemporaneo, sta mostrando più casi di famiglie fuori dagli schemi in cerca, come tutte, di un proprio rispettabile equilibrio. La Triet ne mette in scena una, approfondendone le dinamiche con lucidità. 

Straordinaria la protagonista, l’attrice tedesca Sandra Hüller, in un ruolo che in una produzione americana sarebbe andato a Cate Blanchett. 

Il film ha vinto la Palma d’Oro al Festival di Cannes. Bello anche il titolo che esplicita con mirabile sintesi il soggetto del film.

 

 

 

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