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Categoria: Cinema
Creato Giovedì, 01 Febbraio 2024

Past livesPast Lives, recensione di Luca Baroncini (n°270)

di Celine Song 

con Greta Lee, Teo Yoo, John Magaro

Celine Song, regista sudcoreana naturalizzata canadese alla sua opera prima, nel raccontare il rapporto tra Nora e Hae Sung trae ispirazione dalla sua esperienza personale di coreana emigrata bambina in Canada.

 Quella che mette in scena è una storia di amore e amicizia che si sviluppa nell’arco di venticinque anni: nasce in Corea, dove due dodicenni vivono in sintonia la loro spensieratezza infantile, si sviluppa online, quando dopo dodici anni i due si ritrovano, lei trasferitasi a New York per coltivare il sogno di diventare scrittrice e lui ancora in Corea per studiare ingegneria, e trova un epilogo dopo altri dodici anni, in cui la vita, con i suoi casi e le sue scelte, ha aggiunto elementi su cui ragionare.  Ed è proprio sulla forza dei sentimenti, sull’attrazione e sull’amore che il film ragiona. 

A tutti è probabilmente capitato di pensare a come potrebbe essere la propria vita se si fossero fatte scelte diverse. Quanto c’è di consapevole e quanto invece di casuale negli incontri che facciamo, nella piega che prende la nostra esistenza? Se non avessimo frequentato quella scuola o quel corso, se i nostri genitori non ci avessero imposto passaggi obbligati, se non si fosse trovato lavoro in quel posto, se non avessimo risposto a quella telefonata, cosa sarebbe successo? Esiste una predestinazione che permette l’incontro di chi ha scritto nel suo destino che si debba incontrare? Riflessioni affascinanti e universali che Celine Song affronta con la concretezza di chi cerca risposte per conciliare ragione e sentimento e non si accontenta di ammantare di romanticismo un triangolo affettivo. 

Nessuna “slindig doors”, quindi, a mostrarci quello che poteva essere ma non è stato, la vita è qui e adesso ed è nel presente che una decisione deve essere presa. 

L’approccio della regista è molto moderno, non ci sono giochi di forza e di potere, pulsioni indomabili, ricatti affettivi a cui sottrarsi o cedere, solo domande difficili a cui dare risposta. Non è un film ideologico: razza, identità di genere, provenienza geografica, sono parte del racconto e lo connotano con precisione, anche nelle differenze culturali, ma non diventano mai elementi su cui dibattere, si parla semplicemente di tre esseri umani e delle loro connessioni emotive. 

Un’opera quanto mai contemporanea, bellissima e commovente, che ha tutte le carte in regola per diventare un classico. Perché siamo più intelligenti e illuminati di come certe  pigre rappresentazioni all’insegna del luogo comune vogliono farci credere.

 

 

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