Mameli: il ragazzo che sognò l’Italia, recensione di Luciano Nicolini (n° 271)
di Luca Lucini e Ago Panini
con Riccardo De Rinaldis Santorelli, Amedeo Gullà, Barbara Venturato, Chiara Celotto, Paolo Bernardini, Maurizio Donadoni, Ricky Memphis e Neri Marcorè
Il 12 e 13 febbraio è stata trasmessa da Rai 1, in prima serata, l’attesa miniserie su Goffredo Mameli, patriota genovese noto soprattutto per aver composto l’attuale inno nazionale italiano (piuttosto bruttino, per la verità…).
Sull’operazione culturale, effettuata in un momento in cui l’Italia è sempre più impegnata in diversi scenari di guerra (“quando lo stato si prepara ad uccidere si fa chiamare patria”) e mentre al governo c’è un partito che ha per nome proprio le parole iniziali dell’inno (“fratelli d’Italia), era lecito avere molti dubbi. Ed io ne avevo. Ma la visione della miniserie me li ha quasi interamente fugati.
Intendiamoci: non si tratta certamente di un capolavoro. Tuttavia, a mio avviso, presenta, accanto ad alcune caratteristiche discutibili, realizzazioni pregevoli e, soprattutto, contrariamente alle aspettative, non fornisce del Risorgimento italiano una lettura reazionaria: al contrario, il nazionalismo dei suoi protagonisti è costantemente messo in secondo piano, mentre ne vengono sottolineate le tensioni rivoluzionarie.
Inizio dalle caratteristiche discutibili della miniserie. Evitando di soffermarmi su alcune “imprecisioni” storiografiche, non posso non segnalare come sia interamente pervasa da un intento celebrativo che può risultare fastidioso, e che dedica uno spazio eccessivo alle avventure amorose del Mameli.
Cose che, a mio parere, possono essere perdonate ai registi: un prodotto del genere non poteva non risultare celebrativo e, per far digerire al pubblico una serie, pare non si possa proprio fare a meno di indugiare sugli amori (assai romanzati) dei protagonisti…
Notevoli però mi sono sembrati gli aspetti positivi dell’opera di Lucini e Panini.
Innanzitutto, dalla sua visione risulta chiaramente che i ragazzi del 1848 erano certamente dei patrioti (volevano che l’Italia fosse liberata dal secolare dominio degli stranieri) ma erano anche, e soprattutto, dei rivoluzionari. Rivoluzionari che sognavano, sospinti dalla grande onda della rivoluzione francese, un mondo di uomini liberi, uguali e solidali.
Di uomini, certamente, ma anche di donne. La libertà di quest’ultime, per quanto vista di cattivo occhio all’interno di una società profondamente maschilista (quando non manifestamente patriarcale) era infatti anch’essa all’ordine del giorno.
Ben realizzata mi è poi sembrata, almeno con riferimento agli aspetti politici della vicenda narrata, la messa in scena degli stati d’animo: la paura dei cospiratori, l’incoscienza dei più entusiasti fra essi, il coraggio imposto dalle circostanze, la tremenda attesa dell’azione, la feroce gioia della vittoria sul campo di battaglia, il rimorso successivo e i dubbi conseguenti.
Valide anche alcune tra le interpretazioni dei personaggi, in particolare quella del padre del protagonista, affidata a Neri Marcorè.