Flow – Un mondo da salvare, recensione di Luca Baroncini
di Gints Zilbalodis
Un cataclisma ha annientato l’uomo. Tracce della sua presenza ce ne sono, ad esempio nella bella casa in legno in cui un gatto nero va ogni sera a dormire, sul letto disfatto che probabilmente apparteneva al suo padrone, ma sono gli unici elementi di un mondo che sembra avere perso le sue coordinate abituali ed è tornato a essere popolato esclusivamente da animali.
Un’improvvisa alluvione toglie al gatto la comodità del suo giaciglio e lo costringe a vagare senza una meta precisa. Finirà in una barca, novella arca di Noè, insieme a un cane, un capibara, un lemure e una gru. Sarà l’unione delle forze a salvarli in più occasioni determinando la nascita di una piccola comunità all’insegna della diversità e della condivisione.
Il film racconta le iniziali titubanze e la progressiva complicità che si crea all’interno del piccolo ed eterogeneo gruppo per fronteggiare il presente, tra paesaggi lussureggianti, improvvisi pericoli, separazioni e riconciliazioni. Quella a cui assistiamo è una grande avventura con destinazione ignota dove ad accompagnarci è lo stupore. Si tratta di un bell’esempio di cinema di animazione lontano dal mainstream dei colossi U.S.A., è infatti firmato dal regista lettone Gints Zilbalodis, già distintosi con il precedente “Away”, che riesce a raccontare una storia tanto semplice quanto coinvolgente e in grado di rendersi trasversale per ogni generazione e latitudine.
Parte del merito deriva sicuramente dalla decisione di non antropomorfizzare gli animali che quindi non parlano ma restano animali, fedeli alle loro caratteristiche comportamentali e al loro linguaggio naturale fatto di versi. Una scelta estrema molto efficace perché rende il film più realistico e meno infantile, di sicuro più contemplativo, e anche più universale. Sono suoni della natura e silenzi i veri protagonisti e tutto ciò ha qualcosa di riconciliante e catartico.
L’aspetto visivo fa il resto, grazie a un dinamismo e a una stilizzazione dei tratti che non ambisce al fotorealismo ma all’evocazione, attraverso immagini potenti e personaggi che si stampano nella memoria.
Al Festival di Annecy, punto di riferimento imprescindibile per il settore dell’animazione, ha vinto quattro premi (quello della Giuria, del Pubblico, per la Distribuzione e per la musica originale) e ha ottenuto riscontri molto positivi anche al Festival di Cannes, dove è stato presentato nella sezione “Un Certain Regard”.