La classe, recensione di Rino Ermini (n°180)
Autore:François Bégaudeau
Editore: Einaudi
Luogo di edizione: Torino
Anno: 2008
Si tratta di un romanzo, ma Bégaudeau, giornalista e scrittore, è stato anche insegnante di francese in una scuola media, perciò scrive con cognizione di causa. Dal libro è stato tratto un film con lo stesso titolo, regista Laurent Cantet, anno 2008, Francia, durata 125', premiato a Cannes con Palma d’oro. Bégaudeau ha collaborato alla sceneggiatura e, se ho capito bene, vi ha recitato nel ruolo dell’insegnante protagonista.
Sulla copertina dell’edizione in mio possesso, è scritto che questo libro “ha fatto disperare i professori e divertito fino alle lacrime gli studenti”. Ho dei dubbi che ciò sia realmente accaduto. Intanto sono convinto che, almeno qui in Italia, pochi insegnanti e ancor meno studenti l’abbiano letto. Forse qualcuno in più avrà visto il film. Non ho statistiche, ma la sensazione è questa. Il secondo motivo per cui penso che pochi o nessuno abbia pianto o riso è presto detto. I docenti certe realtà le conoscono molto bene, le vedono ogni giorno e non si capisce perché debbano piangerci sopra se qualcuno gliele racconta in un libro o gliele fa vedere al cinema. Gli studenti non avranno riso poi tanto perché, almeno un certo numero fra loro, sono così come vengono descritti, cioè pieni di problemi e sofferenti, e non si vede perché dovrebbero ridere di questa loro condizione. Anche lo studente più indisciplinato e difficile, nel momento in cui viene in contrasto con i docenti o con i propri compagni o con i famigliari o con altri adulti nella società, in genere non ne è felice. Poi del proprio comportamento potrà farne un modo d’essere, vantarsene, erigerlo a mito, ma non ne sarà contento, se non altro perché tende a diventargli fonte di ulteriore disagio e smarrimento. C’è un solo caso secondo me in cui il contrasto con gli adulti è vissuto diversamente, cioè come fonte di piacere, di affermazione e rivendicato: quando è motivato dalla voglia di cambiare il mondo, di fare una “rivoluzione”, di aprire la strada a idee, valori e modi di vivere ritenuti migliori rispetto a quelli degli adulti. Ma non è il caso degli adolescenti di cui stiamo parlando.
Il libro non racconta una storia, ma l’interazione fra un docente di francese e la sua classe di scuola media: una classe nella periferia parigina, non facile, con molti stranieri; e una interazione che si svolge tutta o quasi in un’aula, con qualche sconfinamento nell’ufficio del preside, nella sala professori e nella stanza delle riunioni del consiglio di classe. È un libro né comico né tragico. Più semplicemente è la fotografia di una realtà concreta fatta utilizzando molti dialoghi, sull’oggetto dell’insegnamento e su molto altro, a volte pacati, a volte duri e muso a muso, a volte impregnati di sarcasmo. Non senza ragione, può essere visto anche come un utile strumento di riflessione su una realtà scolastica che non sta soltanto alla periferia di Parigi, ma anche in Brianza, a Busto Arsizio e a Varese; e dovunque nel mondo si viva male, il che avviene soprattutto nelle grandi aree urbanizzate del mondo occidentale, devastate e piene di ingiustizie, di diseguaglianze e di oppressione. Uno strumento fra i tanti possibili, sia ben chiaro, e sapendo che professori e studenti, in linea di massima, per riflettere su se stessi ed i loro problemi, non avranno aspettato l’uscita di questo libro e questo film.
Per finire, varrebbe forse la pena dire che la miglior cosa sarebbe, partendo dalla classe e dal suo professore protagonisti, riflettere su che tipo di società sia quella in cui viviamo per arrivare alle situazioni, ai conflitti, ai disagi che queste studentesse e questi studenti, e i loro insegnanti, vivono. Come sono questi ragazzi? Perché sono così? Chi li ha fatti? Sono fatti dal consumismo, dall’arrivismo, dal mercato, dalla violenza, dalla povertà spirituale, dall’assenza di valori alti e altri da quelli loro propinati, dalle ingiustizie subite e date per ineluttabili nel tipo di società che li cresce? E la scuola che cosa potrebbe fare? E che cosa fa? Un insegnante, ad esempio il protagonista, sia pur bravo, ha qualche possibilità di contribuire a risolvere i problemi se si muove dentro la logica di una società che i problemi li crea? O dovrebbe prendere altre strade? Domande, come si vede, non di poco conto, cui di certo non si potrà rispondere solo leggendo questo libro e vedendo il relativo film, ma io non trascurerei né l’uno né l’altro. L’invito, non per dovere d’ufficio, ma sentito, sarebbe rivolto anche ai genitori, il terzo protagonista che nel libro appare di sfuggita e sullo sfondo ma, come ognuno ben sa, esiste ed è importante.