Volevo vedere le balene, recensione di Rino Ermini (n°198)
Appunti di biologia in viaggio
Autore: Andrea Pirondini
Casa editrice: Incontri
Luogo di edizione: Sassuolo
Anno: 2011 Pagine: 182
Voleva vedere le balene, ma le vedrà soltanto alla fine del libro. In compenso, prima di giungere a quel punto, vedrà e farà molte altre cose. Proprio come nella poesia Itaca, di Costantino Kavafis.
Itaca e le balene sono un pretesto. L’importante è il viaggio. La meta o potremmo dire anche lo scopo del viaggio, sono importanti perché ti consentono di viaggiare. Non sono importanti di per sé. Quando poi sarai giunto alla meta devi sperare che i tuoi incontri e le cose viste viaggiando siano stati molti, fruttuosi e ricchi di significato. Questo soltanto devi domandare a Itaca: che ti serva per viaggiare; e se sarà stata o meno una buona meta dipenderà unicamente da quanto tardi si sarà fatta raggiungere, in modo che tu abbia avuto tempo in abbondanza per vedere, conoscere, incontrare molti popoli e molte cose diverse fra loro.
Itaca per Ulisse e ogni viaggiatore. Le balene per Andrea Pirondini, laurea specialistica in biologia, specializzazione in fitopatologia, inguaribile giramondo, docente e biologo libero professionista, da molti anni insegnante nelle scuole secondarie di primo e secondo grado. Ha al suo attivo diversi articoli pubblicati su riviste scientifiche italiane e ha curato, per il Parco dei laghi di Suviana e Brasimone (BO), la collana dei quaderni di educazione ambientale “Itinerari di sostenibilità ambientale”. È possibile comunicare con lui per suggerimenti e commenti:
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. (notizie tratte dalla terza di copertina).
“Volevo vedere le balene”, che ho appena finito di leggere, è senza dubbio un bel lavoro; racconta non un viaggio, ma una serie di viaggi (Tahiti e la Polinesia francese, Bali, Australia, Seychelles, Galapagos) i quali però alla fine, riuniti nella cornice del libro, ci appaiono come una sola, lunga, complessa e straordinaria esperienza. Osserviamo subito come nella prima pagina del primo di questi viaggi siano citati Stevenson, Magellano, Cook, De Bougainville, Melville, London, Gauguin e Wallis. Suppongo che non sia un caso. Questo immediato richiamo a noti viaggiatori e noti scrittori e artisti che hanno avuto al centro della loro opera il viaggio, a me appare quasi come un invito alla loro lettura e al loro studio, un invito rivolto a ogni lettore, in particolare ai giovani impegnati nella scuola secondaria, che siano fin dalle prime righe del libro stimolati a non perdersi, ad esempio, scrittori del calibro di un Melville e di un London.
Nella narrazione di ogni singolo viaggio si inseriscono numerose altre narrazioni, che potremmo anche definire lezioni. Il viaggiatore è un insegnante e non può non fare lezioni, nel senso migliore, nel senso di darci delle spiegazioni, farci provare delle sensazioni, farci stare al suo fianco quando leggiamo di quel che ha visto e vissuto, farci amare le sue esperienze come se noi stessi le vivessimo con lui in prima persona. Lezioni di biologia, ma non solo, che si intrecciano armoniosamente alla narrazione del viaggio e fanno con esso un tutt’uno di gradevole lettura. Cinque viaggi, cinque capitoli, e sotto il titolo di ognuno l’elenco degli argomenti che, appunto, quasi sotto forma di lezione, in quel capitolo saranno toccati e approfonditi. Da Darwin agli aborigeni, da James Cook a Walter Bonatti, dalla vela ai vulcani, dalla barriera corallina alle tartarughe; e ancora: la biologia; il rapporto con l’acqua e il nuoto; chi preferisce i cani e chi preferisce i gatti; come e perché si è assegnato a ciascun essere del mondo vegetale e animale un nome in latino valido universalmente e se ancora va bene o c’è qualche cosa da rivedere; da Bali all’aceto balsamico di Modena; che cosa sono l’ecologia e un ecosistema; elogio della bicicletta e così via per circa una quarantina di approfondimenti, tutti che prendono spunto dal viaggio, dall’esperienza diretta che in esso si è concretizzata. Alla fine poi una bibliografia, una proposta di lettura, appropriata, di peso, irrinunciabile.
Il libro è una lezione sul viaggio e sulla vita, che insieme fanno un tronco da cui si dipartono numerosi rami, cioè lezioni le più varie, come abbiamo detto, lezioni come ne potrebbero essere fatte anche in un’aula scolastica. Con la stessa passione. Anche per questa ragione il libro potrebbe essere di piacevole lettura e altrettanto piacevole oggetto di studio per studentesse e studenti di scuole medie inferiori e superiori e anche forse, in molti passaggi, per le elementari. E per gli insegnanti. Potrebbe essere anche un buon manuale di supporto per l’insegnamento della biologia e non solo: ne leggi e ne commenti un pezzo alla settimana per un anno scolastico e alla fine hai svolto un “programma”, interessante e sicuramente fuori dell’ordinario.
Quale è stato l’animo di questo professore viaggiatore durante il suo cammino? O forse sarebbe opportuno aggiungere “durante il suo navigare”, perché il mare (l’oceano) è sempre presente, caratterizza tutta la narrazione, è avvolgente. Dello stato d’animo si legge agli inizi del primo viaggio, quello a Tahiti. “Credo che la sensazione di stupore e meraviglia che provo per questi luoghi, in questi primi giorni, mi si legga in viso. Temo di aver stampato un sorriso permanente ed una strana espressione tra il beato e l’ebete, almeno a giudicare dalla gente che incontro e che a volte mi guarda un po’ perplessa” (pagina 18). Non sono, questo stato d’animo e il modo di guardare le cose, di secondaria importanza; anzi è lì uno dei punti fondamentali. Perché il piacere e il coinvolgimento nostro in questa lettura o quello eventuale di studentesse e studenti, è da lì che viene, da quello stato d’animo e da quel modo di guardare, con gli occhi e col cuore e con tutti i sensi che per noi, per il nostro sentire e vedere, è ciò che di meglio possa darci uno scrittore.