Pioniere e rivoluzionarie.
Donne anarchiche in Spagna (1931-1975), recensione di Rino Ermini (n°211)
Autrice: Eulàlia Vega Editore: Zero in condotta
Luogo di edizione: Milano Anno: 2017 Pagine: 318
“La storia del XX secolo ha il privilegio di poter contare su uno specifico armamentario metodologico... Questo armamentario trova nella parola, nelle fonti orali, nell’attenzione e nell’analisi della memoria la sua materia prima”. La citazione, tratta dal Prologo di Anna Aguado, dell’Università di Valencia, ci pare la degna apertura al libro di Eulàlia Vega, la quale dichiara che ha potuto “costruire un racconto che ha come base fondamentale la storia orale”, sebbene accanto ad essa abbia utilizzato, è sempre l’autrice a precisarlo, anche fonti non orali, allo scopo di avvalorare e rafforzare le prime là dove fosse necessario.
Quindi il libro, per come è stato costruito, è anche e prima di tutto un importante strumento di storiografia; con un’aggiunta in valore di non poco conto se si considera che le fonti orali sono in genere strumento proprio più delle classi subalterne che di quelle al potere, cui in genere appartengono la redazione delle fonti scritte e, con esse, spesso, la manipolazione della storia.
“Il progetto di realizzare una ricerca sulle donne libertarie, anarchiche e anarcosindacaliste, nacque... nel 2004... dopo la tesi di dottorato sulla Confederataciòn Nacional del Trabajo (CNT) e l’anarcosindacalismo catalano all’epoca della Seconda Repubblica (1931-1936). Mi resi conto svolgendo quello studio che le donne erano praticamente assenti, per quanto fossi consapevole del fatto che avevano avuto un certo protagonismo. Nella documentazione scritta utilizzata - atti di sindacati, rapporti, plenarie sindacali, giornali, ecc. - , alla base della mia tesi dottorale, fanno la loro apparizione solo le più importanti. Per questa ragione, divenne necessario per me cercare nuovi strumenti metodologici che mi permettessero di arrivare a loro per conoscerne le azioni e l’impegno, e comprendere inoltre le cause di questa apparente mancanza di presenza. Solo la storia orale, basata sulla raccolta delle testimonianze, poteva fornirmi nuove piste per risolvere e spiegare questa situazione di grande rilevanza per la storia sociale e politica dell’anarchismo spagnolo” (pagina 13).
Dopo una ventina di pagine fra prologo e introduzione, si entra nel vivo della narrazione. A parlare sono undici donne la cui sintetica biografia verrà poi fornita in appendice, tutte nate fra il 1915 e il 1920 a Barcellona, o in altre località da dove però, giovanissime, emigrarono nella capitale catalana. La loro vita viene interessata da numerosi fatti importanti accaduti nel Novecento come, tanto per citarne alcuni, la prima repubblica spagnola e la rivoluzione, la guerra civile e l’esilio; così come vengono in contatto e spesso fanno parte di organizzazioni quali Mujeres Libres e la CNT, la Federacion Anarquista Iberica e Juventudes Libertarias, per finire con la Agrupaciòn Cultural Femenina di Barcellona. Nelle loro esistenze, centrali sono stati i fatti accaduti nella gioventù, in particolare quel che accadde in Spagna dal 1936 al 1939 e, come si vede se si legge attentamente, quel che accadde e quel che fu la loro vita, dura quanto epica, dal 1931 al 1936, quando molti segni ben concreti dicono che in Spagna, e principalmente in Catalogna, le cose stanno andando diritte verso una rivoluzione proletaria di netta tendenza anarchica.
Le testimonianze sono rese agli inizi del terzo millennio, tra il 2005 e il 2008, da queste donne ormai alla fine della loro lunga vita. Il tempo trascorso dal momento degli accadimenti narrati alla testimonianza potrebbe influire negativamente sulla oggettività? Dice l’autrice che delle testimonianze orali è importante, al fine di una corretta ricostruzione dei fatti, anche il punto di vista di chi li ha vissuti, e come li rende a distanza di tempo, e quali sono le sue emozioni nel raccontare. La testimonianza orale non può essere proprio oggettiva, forse non deve, forse ha una “propria” oggettività. Saranno lo storico, il ricercatore, lo studioso, il lettore a valutare.
Undici donne dalle esperienze più varie. Le unisce l’aver vissuto un’infanzia difficile, spesso la povertà assoluta, spesso i problemi famigliari e il lavoro in tenera età; e ancor più l’esperienza diretta di un mondo in cui la donna riveste un ruolo subalterno, sovente anche negli ambienti anarchici. Una delle protagoniste, adolescente, deve pulire le scarpe dei fratelli, che sono politicamente impegnati, ma non si pongono il problema che lei vede. Appare normale. Ed era normale, come sono normali tante cose ancora oggi. Ma non per queste ragazze che con la loro riflessione e il loro agire creano le prime crepe in quell’ambiente, fosse pure di compagni, che risentiva a volte pesantemente di una educazione cattolica e tradizionale. Ecco perché “pioniere”, e “rivoluzionarie”.
L’autrice racconta usando le testimonianze, talvolta riportandone passaggi senza alcuna variazione, talaltra riassumendole, in una prosa scorrevole, comprensibile, dalle tonalità variegate: ne nasce un’opera storiografica di valore anche letterario. Ognuna di queste donne si presenta più volte sulla scena del libro e recita la propria parte, prima in relazione alla famiglia e alla formazione, una formazione a volte scolastica, ma limitata a pochissimi anni di quelle che oggi si chiamerebbero scuole elementari. Più spesso è una formazione nei luoghi dove si vive: il quartiere, la strada, il posto di lavoro, la sede politica o sindacale, l’ateneo libertario. Si tratta di donne proletarie, sicché la formazione, quella poca formazione possibile, o non esiste o riguarda i maschi. E poi il lavoro, le lotte, la militanza nelle organizzazioni come la CNT, la FAI, le Juventutes Liberatrias, Mujeres Libres, quando queste donne raccontano con così grande calore e abbondanza di particolari che ci si immedesima nella lettura come se si fosse lì, in Spagna, negli anni Trenta del secolo scorso, con gli atenei e le scuole razionaliste, la potente CNT, la ACF di Catalogna e via di seguito. Queste donne sono passate di lì e ci raccontano con voce di militanti piena di umanità, di tenerezza e di dolcezza.
Il libro va bene agli storici. È un’opera eccellente. Va bene poi per chi voglia sentirsi raccontare le cose non da chi le ha studiate e indagate, ma questa volta da chi le ha direttamente vissute, semmai con l’ottima regia orchestrale di un’autrice di valore. Va bene infine per capire in modo più approfondito quel che avvenne nella Spagna di allora.
Pioniere e rivoluzionarie. Pioniere, perché portarono nei loro cuori l’idea di un mondo diverso e migliore. Rivoluzionarie perché hanno avuto la volontà e la forza di provare a costruire questo mondo inserendo in esso anche l’emancipazione femminile, una rivoluzione nella rivoluzione. Rivoluzionarie nell’agire concreto, per un’intera vita a questo ideale dedicata. Più precisamente, più che a un ideale, forse sarebbe meglio dire: una vita dedicata “alla vita”, alla propria e a quella degli altri e delle altre, che è cosa bellissima.