Armando Borghi, Mussolini in camicia, recensione di Il Passatore (n°66)
Non è sicuramente l’opera più conosciuta di Borghi, ma ciò non significa che il valore intrinseco ne sia diminuito.
Anzi in un’epoca di revisionismo storico in cui si tende a vedere l’invisibile, in cui alcuni storici in base a non meglio precisati elementi tendono a riabilitare una figura tragica e grottesca come quella di Mussolini, il pamphlet in esame acquista un rinnovato valore didascalico. L’autore attraverso l’analisi storica di elementi certi e documentati demolisce pezzo per pezzo il mito mssoliniano che vuole il fu dittatore persona di polso, integerrimo irredentista e stupidaggini simili. Mano a mano che si procede nella lettura, emerge la figura di un ribellista senza arte ne parte, ma estremamente abile nel captare i cambiamenti politici in atto per volgerli a proprio favore; in tal senso vale la pena ricordare l’appoggio e poi il tradimento dell’impresa fiumana (pag.87). Nonostante Borghi abbia dovuto patire l’esilio come altri libertari e oppositori al regime, la sua analisi risulta distaccata e, senza troppi problemi, rileva come il fascismo sia nato anche dalla manifesta incapacità del socialismo, e dei socialisti, di sviluppare un processo politico complessivo. Un libro sentito nei toni, ma mai eccessivo, non deve essere considerato un’opera di propaganda, ma un una vera e propria analisi storica. Lo consiglio vivamente a tutti coloro che vivono di miti, veri o presunti tali.